Matteo Garrone racconta nel corso della press-conference a Venezia 80 il suo: Io Capitano, nelle sale dal 7 settembre 2023
A Venezia 80 Matteo Garrone ha presentato: Io Capitano, il viaggio avventuroso di due giovani migranti senegalesi Seydou e Moussa, che lasciano Dakar per raggiungere un sogno chiamato Europa. Il regista, sceneggiatore e produttore con Io Capitano porta al Lido, e nelle sale cinematografiche da oggi 7 settembre 2023, un’odissea contemporanea attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare.
“L’idea è di raccontare una sorta di controcampo rispetto a ciò che siamo abituati a vedere oramai da anni, anzi decenni. Vediamo barconi che arrivano dal Mediterraneo, a volte vengono salvati a volte no, e allora c’è la rituale conta dei morti a cui con il tempo ci si abitua e immaginiamo queste persone come numeri perdendo di vista il fatto che dietro ci sono dei sogni, una famiglia e tanti desideri” – spiega Garrone nel corso della press conferenze. “L’idea appunto è quella di mettere la macchina da presa sul lato opposto, quindi puntarla dall’Africa e raccontare così il loro viaggio e soprattutto viverlo soprattutto dal loro punto di vista cercando di dargli una forma visiva a tutta quella parte di viaggio che qualcuno conosce e qualcuno no ma che di solito in occidente non ha una forma visiva. Dal deserto, ai campi di detenzione in Libia e la prima parte del viaggio in mare.”
“Il film racconta una forma di migrazione, quella fatta di giovani, perché è importante dire che ci sono tante forme di migrazione, ci sono persone che migrano per conflitti, guerre, cambiamenti climatici, per disperazione assoluta, e poi c’è una forma di migrazione di cui si parla meno fatta per l’appunto di giovani” – spiega Garrone.
“Sappiano che il 70% della popolazione in Africa è fatta di milioni di giovani e tra questi c’è chi è disposto a rischiare la vita per un futuro migliore, spesso scappando da una povertà dignitosa per andare alla ricerca del coronamento di un sogno, ovvero arrivare in Europa per realizzarsi lavorativamente e aiutare la propria famiglia in Africa” – continua il regista. “Si tratta secondo me è un tema che mette in luce una profonda ingiustizia che si muove su un piano etico più alto e riguarda il fatto che questi ragazzi non sanno dare una risposta al perché i loro coetanei possono andare in vacanza nei loro paesi, spesso parlando la loro stessa e lingua, e loro invece per andare in Europa, in Occidente, devono affrontare dei pericoli e viaggi di morte. Questa è una risposta su cui si centra il film, raccontare il loro viaggio ‘epico’. Un viaggio avventuroso, un’odissea omerica, che racconta tutti gli stati d’animo che vivono i nostri protagonisti. Dai momenti di euforia in cui hanno l’impressione di essere a un passo dalla meta ai momenti di disperazione che si ferma quando l’oro avvistano l’Italia.”
“Molto spesso questi ragazzi partono consapevoli di poter morire. Il lavoro di sceneggiatura che abbiamo fatto insieme a Massimo Gaudioso, Andrea Tagliaferri e Massimo Ceccherini si muove partendo da un grande lavoro di documentazione, e dall’aver avuto la possibilità di ascoltare dei ragazzi che avevano vissuto veramente quel viaggio, sono tre o quattro quelli che abbiamo scelto, e uno dei principali autori ci aiutato ha molto soprattutto nella prima parte del film, nella dinamica fra i due cugini in cui uno vuole partire e l’altro no, andare a chiedere il consenso agli antenati al cimitero e poi la partenza” – spiega infine Garrone.
“Noi siamo rimasti fedeli il più possibile a questi racconti e abbiamo cercato di realizzare un viaggio di formazione, raccontando il punto di vista dell’anima di questi ragazzi, così da donare maggiore profondità ai personaggi. Il film si muove inoltre su un piano di naturalismo, che rimanda a Gomorra, e fiabesco che rimanda a Pinocchio. Abbiamo trovato tantissime assonanze proprio con Pinocchio, in particolare per la purezza dei protagonisti.”
“Matteo Garrone racconta una realtà che ho vissuto personalmente assieme con mio cugino entrambi con la voglia di scoprire l’Europa, di scoprire una realtà bella che si vede tramite la televisione, con le città belle, i diritti, l’accesso alla scuola gratis, e nonostante fossimo a conoscenza dei rischi, perché la gente muore davvero nel deserto, abbiamo deciso di parlare con un reduce che ci ha preparato psicologicamente a questo viaggio di morte.” – dice M Koussi. “Con coraggio abbiamo intrapreso questo viaggio fatto 15 anni fa e a qualunque costo. Questo film farà vedere ai giovani dell’Africa che l’Europa non è quella che crediamo, il nostro obiettivo è rimanere nel paese per farlo crescere, inoltre farà anche riflettere l’Europa sulla sofferenza che proviamo e che continueremo a provare. Io hoo vissuto la prigione proprio come si vede nel film.”
“E’ stato un lavoro collettivo che racconta un viaggio che è stato anche per noi di scoperta, perché abbiamo conosciuto un mondo che di solito viene raccontato in televisione e che non conosciamo realmente. Sentire invece le loro emozioni, esperienze che sono intense ci ha aiutato tantissimo.” – aggiunge infine lo sceneggiatore Massimo Gaudioso.
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Emanuela Giuliani