Non basta Sydney Sweeney a sollevare: Immaculate di Michael Mohan, che si rivela un’opera noiosa e ben poco sorprendente.
Con Immaculate, arriva in sala, l’11 luglio distribuito da Adler Entertainment, un film horror che ha fatto molto parlare di sé, e che ha raccolto recensioni oltreoceano abbastanza incoraggianti. Ma si sa, questo genere è bello perché ognuno ci trova quello che vuole, e per chi scrive, Immaculate è un prodotto senza infamia e senza lode da Netflix, più che un horror in grado di darci qualcosa di autenticamente raffinato o anche solo veramente interessante.
Immaculate arriva sui nostri schermi forte di polemiche, attese, una certa curiosità soprattutto tra i fan del genere, per i quali Sydney Sweeney non è affatto una presenza poco nota, anzi la sua carriera cominciò sul serio quando calcò il set di un maestro del calibro di John Carpenter, nel suo vero ultimo acuto: The Ward. Immaculate, di cui è anche produttrice, è diretto da Michael Mohan e scritto da Andrew Lobel, e si pone sul filone del recupero di certei topoi dell’horror religioso, sottogenere che era molto popolare alla fine degli anni ‘70 e tornato poi di moda negli ultimi anni. E quindi eccoci di nuovo in un universo tetro fatto di conventi, suore, crocifissi, presenze inquietanti e tutto il resto.
Immaculate, la storia
Sidney Sweeney veste i panni della giovane novizia Cecilia, arrivata da fuori Detroit, Michigan, per coronare il suo sogno di prendere i voti. L’ha convinta la telefonata di Padre Tedeschi (Alvaro Morte, già visto in La Casa di Carta), che dirige il convento e che le ha offerto di entrare in quel posto dallo scopo molto particolare. Lì, infatti, vengono ospitate quelle suore che, ormai, sono alla fine dei loro giorni e si cerca perlomeno di dar loro un po’ di conforto.
Cecilia appena arriva, suscita la curiosità di tutti, ma lega veramente solamente con Gwen (Benedetta Porcaroli), mentre invece deve reggere l’aperta ostilità di Isabelle (Giulia Heathfield Di Renzi) e non sa cosa pensare della Madre Superiore (Dora Romano), del Cardinale Merola (Giorgio Colangeli) e del Dottor Gallo (Giampiero Judica). Naturalmente, Cecilia in pochi giorni si renderà conto che c’è qualcosa di incredibilmente sinistro e inquietante in quel monastero, ma che soprattutto il suo arrivo presso quella struttura, lugubre e spettrale, è lungi dall’essere casuale.
Tutto fa parte di un disegno sadico e malato, che affonda le proprie radici nella religiosità più tossica e arcaica. Immaculate fin dall’inizio quindi, si pone come opera assolutamente antitetica rispetto alla religiosità nel senso classico, antico, con lei, Sidney Sweeney, che tolti i soliti abiti da pin-up sexy, si dedica con grande energia e credibilità al progetto.
Immaculate, un’opera noiosa che ha ben poco da offrire
Immaculate nei suoi 90 minuti cerca di concentrare tutto quello che è possibile fare in un racconto di questo tipo, puramente derivativo; il problema principale è che non dice nulla di nuovo, nulla di sorprendente, nulla che non sia già stato fatto innumerevoli volte in innumerevoli altri film.
Immaculate soffre di una scrittura molto instabile, che se da un certo punto di vista nella prima metà riesci a catturare la nostra attenzione con un ritmo non troppo frenetico, dando la giusta profondità a tutti i personaggi apposta per depistare i nostri sospetti, poi infine scivola nel desueto, nel prevedibile, ma soprattutto nella frettolosità. Ecco, infatti, che ci viene data qualche inquadratura neanche troppo gargantuesca, l’horror viene spesso diluito nel terror, ma intanto dei vari villain, non ce n’è uno che riesca a tenere il bandolo della matassa, sembrano tutte quante figurine stilizzate, con il film che usa malissimo la location a disposizione, cripte comprese.
Il film cerca poi naturalmente di legare il tutto ad una visione nettamente femminista, con la religione vista come catena verso il corpo e la mente delle donne, con la stessa maternità che viene assolutamente rifiutata, in un finale sicuramente molto forte, che è forse la cosa migliore, anche se in perfetto disaccordo con il resto del film.
Se Immaculate fosse stato come questi ultimi 5 minuti, allora sarebbe stato veramente un horror notevole, per significati e per audacia, il problema sono gli altri 80, che presi tutti assieme, vuoi anche per questa solita immagine di un’Italia fuori dal XXI secolo, che pare sbucata direttamente dagli anni ’60 o giù di lì. Anche l’analisi sulla violenza verso la donna è trattata in modo superficiale e al di là della bravura della protagonista rimane alla fine ben poco.
Immaculate in poche parole, è il classico caso di un film horror che ha fatto molto rumore, ma ha ben poco da offrire, se non ad un pubblico ristretto.
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Giulio Zoppello
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