IL TUTTOFARE – Recensione

IL TUTTOFARE – Recensione

Lo sceneggiatore italiano Valerio Attanasio esordisce dietro la macchina la presa portando sullo schermo l’attuale precaria situazione in cui versa il lavoro giovanile, mostrandone le criticità dovute al tentativo di inserirsi facendosi largo in un mondo predominato dal desolante favoritismo delle raccomandazioni, attraverso la brillante commedia: Il Tuttofare,  alleggerendo lo spigoloso argomento con un caratteristico tono vivace il quale evita al racconto di scivolare in una monotona ed apatica rappresentazione.

Il giovane Antonio Bonocore (Guglielmo Poggi) futuro avvocato, con la speranza di ottenere il tanto sognato contratto nel prestigioso studio legale del suo mentore, il non plus ultra tra gli avvocati italiani Salvatore “Toti” Bellastella (Sergio Castellitto), nel quale presta il necessario praticantato, ne diviene per l’appunto il factotum.

Ricoprendo ogni sorta di mansione il giovane passa quindi da assistente a portaborse, autista fino ad arrivare a ricoprire quella di cuoco personale di quest’ultimo, ricevendo un miserissimo totalmente insufficiente rimborso spese, stabilito tra l’altro dalla moglie di Bellastella, Titti (Elena Sofia Ricci), vera possidente dell’intero patrimonio.

Tuttavia, superato l’ultimo ostacolo dell’esame di stato, le belle speranze del ragazzo si infrangeranno nel momento in cui, pur di raggiungere l’agognato impiego, accettala proposta dell’astuto luminare, ossia sposare la sua amante argentina Isabel (Maria Clara Alonso) al fine di assicurarle la cittadinanza con un matrimonio di comodo, sottovalutando però le concrete e gravi conseguenze alle quale sarebbe andato inevitabilmente incontro.

La sarcastica spiccata ironia, fil rouge dell’intera vicenda, contribuisce a rendere Il Tuttofare coinvolgente e divertente riuscendo nell’intento di intrattenere piacevolmente per l’intera durata del lungometraggio, sottolineando e valorizzando adeguatamente il celato aspro retrogusto causato dall’attuale e preoccupante argomento trattato non cadendo nella banalità della retorica, favorendo l’empatia dello spettatore con la storia ed i vari personaggi attraverso un giusto riscontro con la realtà nonostante l’estremizzazione di alcuni episodi e sfumature della personalità delle figure centrali non sfociando nel ridicolo e raggiungendo un risultato finale ampiamente soddisfacente.

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