“Il Ritratto del Duca” – Recensione: uno dei furti più ‘famosi’ di sempre
“Il Ritratto del Duca” porta in scena l’unico furto nella storia della celebre galleria inglese, compiuto da un tassista di 60 anni di Newcastle, del celebre dipinto di Goya battuto all’asta per milioni di sterline.
Il protagonista, il mostro sacro Jim Broadbent, si sente un novello Robin Hood, convinto di sottrarre ai ricchi per donare ai poveri, basti pensare alla battaglia da lui intrapresa contro il canone di Stato per i pensionati, per lui illegittimo al punto di istituire una protesta con tanto di banchetto di ascolto.
Una deliziosa commedia agrodolce in stile british, interpretata da una burbera ed inflessibile moglie, Helen Mirren, costretta a portare avanti la casa da sola, a causa del carattere garibaldino del marito, destinato a collezionare un licenziamento dietro l’altro.
La trama è ambientata agli inizi degli anni 60 e vede Kempton impegnato solo tra diritti civili e il miraggio della pubblicazione di un libro, respinto da qualsiasi casa editrice.
un genio incompreso della scrittura, che per cercare di trovare notorietà per le sue battaglie, decide di dirigersi alla volta della capitale, Londra e per trovare una notorietà che diversamente aveva capito di non poter raggiungere, decide di rubare il celebre dipinto, o di prendere in ‘prestito’, intenzionato a chiedere al governo un riscatto da devolvere in beneficenza alle fasce disagiate della popolazione.
Un idealista, che decide di dare il via ad una trama di bugie, con la speranza di cambiare il mondo e salvare il proprio matrimonio, giunto sull’orlo di un abisso di incomprensioni.
“Lui non è un ladro: ha preso in prestito il Goya per rendere il mondo un posto migliore”
Una pellicola che attinge alla tradizione dell’anima british, forte dell’alchimia tra i due protagonisti, “Il Ritratto del Duca” è scritto da Clive Coleman (“Chambers”) e Richard Bean (che viene dal teatro inglese). La regia è stata firmata da Roger Michell, autore di un classico della commedia romantica come “Notting Hill” (1999, con Julia Roberts e Hugh Grant) e anche di film come “Rachel”, “L’amore fatale”, “A Royal Weekend” e “Venus”.
Il furto è un pretesto per raccontare al grande pubblico la storia di questo scanzonato protagonista, che con i suoi metodi stravaganti ha accettato di esporsi alla pubblica gogna, confidando esclusivamente nella reciproca solidarietà tra gli esseri umani.
Una regia che si mette interamente al servizio della storia, istituisce con la camera un palco come se fossimo in una commedia teatrale, resa dinamica dal montaggio serrato ed accattivante.
Convincenti, oltre alle piece dei protagonisti, anche le scene d’archivio della Londra anni 60 che si intervallano al nuovo girato.
Un lungometraggio che dietro un elegante sorriso, affronta temi importanti, come il senso di colpa, il lutto di una perdita indimenticabile, l’incomunicabilità e il divario sociale.
“Ogni volta che qualcuno resta tagliato fuori, questa nazione perde un pezzo. E’ una vita che lotto per gli altri e finisco nei guai, ma avevo fede, non in Dio, ma nelle persone”
© Riproduzione Riservata
Chiaretta Migliani Cavina
Il Voto della Redazione: