“IL RE”: il regista Giuseppe Gagliardi, il protagonista Luca Zingaretti e il cast presentano il prison drama dal 18 marzo su Sky – Incontro Stampa
Il San Michele è un carcere di frontiera dove il direttore Bruno Testori applica la sua personale idea di giustizia: la legge dello Stato qui dentro non esiste, perché la legge è lui. Spietato con chi lo merita ma anche all’occorrenza misericordioso, Bruno si identifica con le biografie deragliate dei detenuti, perché lui stesso, per primo, è un uomo spezzato dalla vita. Un duplice omicidio – prima quello del comandante e suo migliore amico, poi quello di un ergastolano, principale alleato di Bruno tra i detenuti – rischia di far crollare il suo dominio e di portare alla luce il cancro che si annida nelle pieghe del regno: una potenziale minaccia per tutto l’Occidente.
Debutterà il 18 marzo su Sky Atlantic e in streaming su NOW, per essere sempre disponibile on demand, “IL RE”, il prison drama prodotto da Sky Studios con Lorenzo Mieli per The Apartment e con Wildside, entrambe società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Zocotoco.
Composto da 8 episodi diretti da Giuseppe Gagliardi, “IL RE” è stato scritto da Stefano Bises, Peppe Fiore, Bernardo Pellegrini e Davide Serino.
“Raccontare le dinamiche all’interno di un carcere è stato qualcosa di veramente attraente, e in questo caso raccontare il potere di un capo che sta crollando, e di come questo sovrano deve cercare di mantenerlo, è stato uno degli aspetti più intriganti” – svela il regista Giuseppe Gagliardi – “Bruno Testori in qualche modo è un essere umano, un direttore di un carcere dalla personalità ben definita, e la sfida era quello di toglierlo dai clichè e dalla bidimensionalità che la sua figura ha nell’immaginario collettivo rendendolo un semplice uomo che fa quel tipo di lavoro, e che deve sottostare a delle dinamiche che lo portano a compiere determinate azioni. Abbiamo cercato di tirare fuori la sua tridimensionalità e umanità, come del resto anche negli altri personaggi, all’interno di un contesto ben preciso con delle location reali in grado di mostrare l’imponenza dell’architettura, che ricorda la fortezza di un re” – prosegue – “Abbiamo girato in due diversi carceri, quello abbandonato di Civitavecchia e quello di Torino riconvertito in un museo, focalizzando la nostra attenzione sulla struttura carceraria centrale del panopticon attorno alla quale ruota tutta la vita della prigione. Il luogo di riflessione e di snodo di tutte le vicende fondamentali che raccontiamo. Inoltre, per dare un effetto diverso del carcere, abbiamo utilizzato delle lenti che hanno un po’ deformato i volti dei personaggi specchio della loro deformazione interiore.”
“Realizzare un dramma carcerario in Italia, considerando ciò che le carceri rappresentano per il nostro Paese, con la grande quantità del materiale a disposizione, non è stato facile” – afferma lo sceneggiatore Peppe Fiore – “Il nostro primo punto di partenza è stato quello di cercare un taglio compatibile con il genere e con la realtà, ed ispirandoci a quelle carceri italiane che al loro interno hanno un’ala islamica abbiamo trovato la nostra chiave. Ovviamente gli islamici non sono gli antagonisti bensì, per alcuni aspetti, rappresentano la comunità più etica e fanno da contraltare alla giustizia monocratica presente nella storia. Per i personaggi siamo partiti dal fatto di avere un protagonista molto forte che ci differenza dai classici prison drama realizzati fin ora, e dalle varie linee narrative. il coro di personaggi che lo circondano e lo segue, serve a metterlo costantemente in discussione e in crisi, in particolare a farlo maggiormente vacillare sono le donne.”
A vestire i panni di Bruno Testori, il direttore e sovrano assoluto di questo carcere di frontiera in cui, come detto, nessuna legge stato ha valore perché il bene e il male dipendono unicamente dal suo giudizio, Luca Zingaretti.
“E’ un regalo per me e per un attore poter interpretare un ruolo di questo tipo. Bruno Testori è un uomo, senza voler fare dei paragoni irrispettosi, che ha perso la strada, la bussola, i suoi punti cardinali, un po’ come il Colonello Kurz in ‘Apocalypse Now’, partito per una missione sapendosi schierato apertamente e chiaramente da una parte, e che intraprendendo il suo viaggio, la sua missione come per Bruno è diventata un’ossessione. Strada facendo ha visto talmente tanti orrori e fatto tanti errori da distruggere la sua vita e perdere se stesso. E’ un pò la sua parabola” – dichiara Luca Zingaretti – “In questa serie Bruno fa delle cose che molti potranno considerare giuste, sbagliate, cattive, ma il nostro compito non era quello di giudicarlo, ma piuttosto di restituire al pubblico che lo dovrebbe seguito un modo per riflettere su certe cose che riguardano un pò tutti, per domandarsi, dal momento che il lavoro sporco qualcuno deve pur farlo: ‘ma io che cosa avrei fatto se fossi stato al suo posto, meno male che non io quel compito’. Così facendo si crea un’empatia, una comprensione del personaggio, che dovrebbe far sì che tutta la complessità, i chiari scuri, i conflitti di questo uomo diventino, anche se in piccola parte, le stesse cose di chi vedrà questa serie” – prosegue poi spiegando la frase presente nelle prime puntate “io alla sua giustizia di stato che riduce l’uomo al male che ha fatto senza sapere cosa ci sia dietro ne perché, non ci credo più” – “Le leggi sono leggi e ovviamente non possono contemplare tutte le sfumature del comportamento umano, si va grosso modo per approssimazione un pò come si usa dire per la scienza ‘una regola è buona nella misura in cui racchiude, spiega, il più alto numero di fenomeni’, ed è così anche per la legge. Noi tutti ci accontentiamo del fatto che per quanto questa possa essere scritta bene, o quasi perfetta, non lo è mai. Ecco perchè Bruno, a un certo punto, avendo a che fare con la giustizia in termini reali, con gente condannata, decide in qualche modo di farsi Dio, di sostituirsi al giudice e dice ‘io da adesso in poi costituisco un quarto grado di giudizio, decido io come far scontare la pena alle persone, chi deve star male, e chi deve star bene’. Naturalmente si tratta di una degenerazione del pensiero” – conclude – “Ne ‘Il Re’, raccontiamo una realtà che non esiste ma plausibile, ed che è ancorata al nostra quotidianità.”
Un personaggio quello interpretato da Zingaretti, dal forte impatto emotivo, e che inseguito alla morte di Iaccarino, comandante del carcere e suo migliore amico dal volto di Giorgio Colangeli, si ritrova a confrontarsi con delle donne altrettanto forti e dalle diverse e ben definite identità, ovvero: Anna Bonaiuto, nel ruolo del pubblico ministero che indaga sulla rete di illeciti e connivenze che fanno capo a Testori, Barbara Bobulova, in quello dell’ex moglie di Testori, e Isabella Aragonese, in un’agente di polizia penitenziaria del San Michele.
“Bruno e Laura hanno due idee di giustizia molto diverse. Laura è un procuratore aggiunto, una donna ossessionata dalla giustizia per la quale ha rinunciato alla sua vita privata” – spiega Anna Bonaiuto – “Laura essendo una donna, e come ben si sa nel lavoro le donne devono sempre faticare di più degli uomini, ha indossato una corazza e va avanti come un tank. Ciò che a me è piaciuto di lei, oltre alla sua potenza morale, è che in realtà il suo saper essere spiritosa e sarcastica, oltre che molto irritante. Ma è proprio questa sua follia, questo suo istinto per i particolari, le intuizioni, che la portano con molta fatica ai risultati, nonostante si ritrovi ad affrontare una lotta molto dura contro l’omertà del carcere e il non aiuto da parte dei suoi superiori” – continua parlando del suo personaggio – “Un attore fa questo lavoro per il piacere di farlo, e il piacere nasce da tante cose messe insieme. Il primo è che ti piace il personaggio, il testo, il regista, i tuoi colleghi, cioè tutto quello che è intorno a te. Ho accettato subito questo personaggio perché ho avuto l’impressione che non avesse nulla di sentimentale, consolatorio, ma che fosse così estrema nelle sue cose, una combattente. Non mi sono ispirata ad altri personaggi già visti, ma ho pensato ad alcune persone che conosco realmente, a pubblici ministeri, giudici, magistrati che hanno fatto della giustizia per l’appunto la missione della loro vita.”
“Gloria rappresenta il lato, la sfera intima di Bruno Testori e quindi ogni volta che si relaziona a lei, questo aspetto viene fuori” – spiega invece Barbara Bobulova – “Io sono molto felice di aver preso parte al coro intorno a Bruno Testori, perché è un coro molto bello, siamo tre donne una diversa dall’altra. Il mio personaggio è una specie di bussola per Bruno, e io credo che tante cose che succedono nella storia, tanti errori che lui fa, è perché ha perso questa bussola che Gloria è per lui e ha sempre rappresentato. E’ stato veramente un onore far parte di questa bellissima squadra.”
“E’ una giustificazione funzionale quella di Nicola nei confronti di Bruno, e che avrebbe fatto comunque dato il ruolo, ma c’è anche l’aspetto umano di questo rapporto particolare di amicizia che li lega, e che è importante perchè conferisce un ulteriore complessità al personaggio” – aggiunge infine Giorgio Colangeli – “E’ stata una bellissima esperienza di lavoro, e sono fiero di aver partecipato ad un’impresa di questa portata, dimensione e qualità, che sposa l’impegno industriale con la cura del dettaglio del lavoro artigianale. Basti pensare a tutto il lavoro di logistica che c’era dietro a qualunque cosa facessimo sul set, e a quell’aria di famiglia e di piccole cose sul set.”
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