“Il Processo ai Chicago 7”: la comprensione del presente che si staglia dalle nostre radici

Il Processo ai Chigago 7 – Recensione: la comprensione del presente che si staglia dalle nostre radici

“Il Processo ai Chicago 7” – Recensione: la comprensione del presente che si staglia dalle nostre radici

“Io sono venuto a mettere l’uomo contro suo padre e la figlia contro sua madre” – Matteo 10:35

Diretto da Aaron Sorkin “Il Processo ai Chicago 7” è tratto da un fatto realmente accaduto nel 1968 negli Stati Uniti d’America. Siamo a Chicago nel mese di agosto e mentre è in corso la Convention del partito democratico, che nominerà il candidato avversario di Nixon alle elezioni di novembre, più di 800 persone arrivano in città a manifestare. Un manipolo non autorizzato dalle autorità capitanato da Abbie Hoffman e Jerry Rubin del Youth International Party, insieme a David Dellinger, attivista del movimento pacifista, Tom Hayden e Rennie Davis, leader del movimento studentesco, i due professori Lee Weiner e John Froinesi e il leader delle pantere nere, Bobby Sale.

Manifestazione che sfocia in disordini violenti e sanguinosi e che vedrà i 7, con Bobby Seal, essere sottoposti a processo. Capri espiatori di un corto circuito nei ranghi del potere capace di mettere in piedi un vero circo mediatico nel tentativo di spazzare via l’opposizione politica popolare, da loro per l’appunto rappresentata.

Una pagina storica triste e squallida quella raccontata da Sorkin, che in poco più di due ore, dal ritmo potente e deciso, taglia un processo estenuante per la sua durata di ben cinque mesi, con imputati rei esclusivamente di professare diverse ideologie e valori politici.

“Ti condanneranno anche solo se non gli piaci”

Il giudice designato era Jiulius Hoffman, interpretato da Frank Langella, conduttore e pagliaccio, un uomo che evidentemente aveva già deciso il verdetto prima ancora di iniziare il procedimento, cieco e razzista, bieco strumento nelle mani di Nixon.

Un affresco impietoso della controcultura ai tempi della guerra del Vietnam, un periodo di rivolta segnato da contestazioni studentesche e culturali e dalla scomparsa improvvisa di Martin Luther King e Robert Kennedy. Nella pellicola alle immagini del processo si alternano filmati di repertorio sui fatti accaduti., alternando un vivido colore al bianco e nero, enfatizzando la drammaticità in un film che denuncia la falsità di quella che apparentemente voleva mostrarsi al mondo come la migliore democrazia in essere.

“I manganelli sono fatti con lo stesso legno delle mazze da baseball”

Un lungometraggio datato per l’età degli avvenimenti narrati, ma attuale come insegnamento per il nostro futuro, come il libro “Do it” di Jerry Rubin, definito come una sceneggiatura per la rivoluzione ma cibo per la mente delle nuove generazioni.

Un cast corale eccellente, da Sacha Baron Cohen a Michael Keaton, Eddie Redmayne, Joseph Gordon -Levitt, William Hurt, Mark Rylance, Yahya Abdul-Mateen II, giusto per citarne alcuni, ed una colonna sonora in perfetta empatia con la linea ideologica ed emotiva del film.

Una pellicola che lascia emergere uno spirito popolare ed inneggia alla memoria delle vittime della guerra e dei martiri delle lotte, concentrandosi su quello che è stato e su quello che resterà, un lancinante grido il cui eco permarrà nel tempo.

“Io rappresento il popolo senza passioni e pregiudizi”

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Chiaretta Migliani Cavina

Il Voto della Redazione:

7


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