Il Gladiatore II è il sequel che tutti noi stavamo aspettando e che solo il suo creatore Ridley Scott poteva regalarci.
Fin dalla conferma della realizzazione, le voci sulla possibile trama e su chi avrebbe interpretato chi ne: Il Gladiatore II, hanno iniziato a susseguirsi sempre più velocemente. Un mix di curiosità e timore che non ha fatto altro che accrescere l’interesse e l’entusiasmo nei confronti non di un sequel qualsiasi, bensì del sequel di una storia epica che nel 2000 ha portato a casa 4 riconoscimenti ai 54esimi BAFTA, e ben 5 statuette alla 73esima edizione degli Oscar.
Ispirato al romanzo del 1958 Those about to die di Daniel Mannix, Il Gladiatore è entrato nell’animo e nel cuore degli spettatori lasciando un segno indelebile in loro e un’eredità di citazioni, immagini e personaggi. Da l’Imperatore Commodo di Joaquin Phoenix a ovviamente il Massimo Decimo Meridio di Russell Crowe, la cui carriera è letteralmente decollata e vincitore dell’Oscar come miglior attore. Un protagonista assoluto tanto audace e impavido quanto romantico, le cui iconiche frasi da lui pronunciate: ‘Al mio segnale scatenate l’inferno’ o ‘Ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità’, non solo sono impresse nella storia del cinema, ma sono entrate a far parte di diritto del linguaggio comune.
E partendo proprio da quest’ultima citazione che, in attesa del debutto sul grande schermo fissato nei cinema italiani per il 14 novembre distribuito da Paramount Pictures, nasce la domanda fondamentale che continuiamo a porci e a porre: “Riuscirà Il Gladiatore II a riecheggiare nell’eternità come il suo leggendario predecessore?”.
Il Gladiatore II, di padre in figlio
Ridley Scott con Il Gladiatore, ambientato nel 180 d.C, ha portato sul grande schermo la storia del generale romano, comandante dell’esercito del Nord, Massimo Decimo Meridio di Russel Crowe, divenuto prima schiavo, poi gladiatore e infine leggenda ribellandosi alla corruzione di Roma e alla malata avidità e gelosia dell’Imperatore Commodo di Joaquin Phoenix.
Ed è proprio da li che Il Gladiatore II, continuando a raccontare la straordinaria saga di potere, intrighi e vendetta nell’antica Roma, prosegue la storia. Siamo nel 200 d.C., e anni dopo aver assistito alla tragica morte del venerato eroe Massimo per mano del suo dissennato zio, Lucius (Paul Mescal) si trova a combattere nel Colosseo dopo che la Numidia, dove viveva con la moglie, è stata conquistata dalle centurie di Marcus Acacius (Pedro Pascal) per volere dei due tirannici imperatori: Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger), che ora governano Roma.
Con il cuore ardente di rabbia e il destino dell’Impero appeso a un filo, Lucius affronterà pericoli e nemici riscoprendo nel suo passato e in suo padre Massimo la forza e l’onore necessari per riportare la gloria di Roma al suo popolo, sfidando in primis il potere degli imperatori.
Il Gladiatore II riecheggia a suo modo nell’eternità
Un viaggio di coraggio e vendetta nella sanguinosa arena del Colosseo quello che ci offre ancora una volta Ridley Scott con Il Gladiatore II, il cui sperato risuonare dell’eternità non sta solo nella spettacolarità della visione scenica, bensì in tutte quelle emozioni abbracciate e trasmesse dalla storia e soprattutto dai personaggi stessi. Nuove e vecchie figure che intrecciandosi sono chiamate a raccogliere l’intensità trasmessa dal precedente pluripremiato film, e che Scott, nel caso ci fossero ancora dei dubbi, non tradisce, ma sviluppa dando loro una nuova veemenza.
La storia quindi porta avanti con “Forza e Onore!” quel lascito emotivo senza sovrapporsi ma viaggiando, come una retta parallela, al fianco di quei sentimenti che hanno segnato tuti noi. Il Gladiatore II infatti, appoggiandosi intelligentemente al primo film e soprattutto alla presenza non presenza della figura di Massimo Decimo Meridio, non si confonde con esso tracciando il proprio distinto percorso narrativo dalla chiara identità, con personaggi altrettanto carismatici e riconoscibili.
Dall’incredibilmente magnetico Macrinus di Denzel Washington, al valoroso e sentimentale Generale romano Marco Acacius di Pedro Pascal, ai fratelli Imperatori sadici, vendicativi e spietati Geta e Caracalla, rispettivamente interpretati da Fred Hechinger e Joseph Quinn, entrambi affascinanti nella loro irrazionale sete di corruzione, dominio e morte. E ancora la determinata, devota, apprensiva, protettiva Lucilla, dal volto ancora da Connie Nielsen e il cui senso materno è rivolto sia a Roma che al figlio Lucius Vero incarnato da Paul Mescal.
Un’interpretazione quella di Mescal su cui erano puntati tutti gli occhi e che non delude affatto le aspettative, dimostrando come Lucius sia all’altezza dello spirito leale, forte, appassionato di suo padre Massimo che lui riscopre riconoscendosi nei gesti, nelle frasi, nelle movenze, negli ideali e nella fermezza. Una consapevolezza frutto della decisione di prendere le redini dell’imponente retaggio e di quel destino da leader che si appresta a percorrere, con tutte le insicurezze e le paure che comporta il raggiungimento della maturazione che lo trasformerà in un uomo, e la cui essenza è racchiusa in particolare nella scena finale che giustamente non vi sveleremo.
Performance attoriale la sua, così come quelle dell’impeccabile resto del cast, parte fondamentale di un quadro appassionante dalle scene action spettacolari e incalzanti costruite e studiate meticolosamente nei minimi dettagli, come la magnifica sequenza iniziale che stupirà certamente, o le tanto chiacchierate riproduzioni delle battaglie navali all’interno del Colosseo, al centro, dopo il rilascio del trailer, di numerose discussioni riguardanti la loro veridicità.
Ebbene sì, sono eventi esistiti davvero e denominati ‘naumachia’, ovvero evocazioni storiche in scala reale più grandiose e sanguinose dei combattimenti tra gladiatori, inscenati per celebrare le vittorie dell’imperatore e mostrare la potenza dell’Impero Romano, e che ne Il Gladiatore II possono apparire visivamente sbilanciate a causa del rapporto tra le dimensioni delle navi con quella dell’arena e del Colosseo stesso.
Squilibrio a cui si aggiunge la ‘marcata’ computer grafica utilizzata per le scimmie assassine, per il rinoceronte e per gli squali, e per quanto riguarda quest’ultimi apriamo una piccola parentesi dicendo che al momento non ci sono certezze sulla loro presenza nella ‘naumachia’, tuttavia ci sono informazioni in merito all’introduzione di pesci di circa 1 metro e mezzo di lunghezza, compatibili quindi per dimensione con squali di piccola misura. Ultimo punto debole, una colonna sonora priva del vibrante afflato che avrebbe rappresentato un po’ la ciliegina sulla torta, ma che d’altronde si era intuibile che difficilmente Harry Gregson-Williams avrebbe eguagliato l’immenso lavoro del 2000 di Hans Zimmer.
Errori questi tuttavia menzionati semplicemente per pura onestà, e che sinceramente: davvero sono così determinanti per questo attesissimo e sequel? La risposta è assolutamente NO! Perché stiamo parlando di un maestro del cinema, quel cinema con la C maiuscola, di un maestro quale Ridley Scott al quale al quale sinceramente è concessa e può permettersi qualsiasi licenza storica senza e senza ma. Di un maestro che ha distanza di circa 24 anni ha riportato tutti noi a far battere il cuore nel vortice della sua personale visione dell’iconico mondo dei gladiatori, dell’Impero Romano e del Colosseo.
E poco importa se ‘i più’, non lasciandosi sfuggire l’occasione, cavalcheranno l’onda di uno scontato e abusato carpe diem chiedendo a gran voce: ‘Ma era così necessario questo film?’, e andando a scovare ogni sorta di anacronismo alimenteranno, anche solo per il solo gusto di farlo, polemiche destinate a finire nel limbo del dimenticatoio.
La verità in conclusione, è che Il Gladiatore II è il proseguo ardente di una storia che solo il suo creatore e regista: Ridley Scott, poteva andare a toccare in modo così vivo. Una continuazione dalla ovvia e differente potenza emotiva del film del 2000 e che nonostante la crescente diffidenza che l’ha accompagnata fin dall’inizio, possiede una sua personale maestosità. Una fiera dignitosa grandezza i cui accurati costumi del premio Oscar Janty Yates, le solenni scenografie del candidato all’Oscar Arthur Max, e la densa e profonda fotografia di John Mathieson, hanno contribuito a rendere unica e a suo modo epica. Quindi non ci resta che dire chapeu Ridley Scott!
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Emanuela Giuliani
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