Dal 5 marzo su Netflix la serie evento de: Il Gattopardo, adattamento del celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Pubblicato da Feltrinelli nel 1958, un anno dopo la morte dell’autore Giuseppe Tomasi di Lampedusa: Il Gattopardo, vincitore nel 1959 del Premio Strega, è considerato uno dei romanzi più grandi di tutta la letteratura italiana e mondiale.
Basato sulle vicende storiche della famiglia dello stesso Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo racconta quando durante il periodo del Risorgimento, dopo lo sbarco a Marsala di Garibaldi e dei suoi Mille, la Sicilia, e la sua aristocrazia, si trova ad affrontare il delicato passaggio dal Regno Borbonico all’unità del Regno d’Italia. Un delicato passaggio che l’autore mostra attraverso il vissuto di Don Fabrizio Corbera Principe di Salina, trasposizione letteraria del suo bisnonno il principe Giulio Fabrizio Tomasi morto nel 1885, e delle figure familiari, e non, che ruotavano attorno a lui.

Tra i best seller del secondo dopo guerra, il romanzo fu adattato nel 1963 da Luchino Visconti nell’omonimo iconico film vincitore della Palma d’Oro come miglior film al 16esimo Festival di Cannes, e ora, a 60 anni di stanza dal capolavoro cinematografico, arriva su Netflix il 5 marzo, l’inedita attesa serie evento in 6 puntate: Il Gattopardo.
Interpretata da Kim Rossi Stuart nei panni di Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina, Benedetta Porcaroli in quelli di Concetta, Deva Cassel di Angelica e Saul Nanni di Tancredi, affiancati da Paolo Calabresi, Francesco Colella, Astrid Meloni e Greta Esposito, la serie vede dietro la macchina da presa Tom Shankland, Giuseppe Capotondi (episodio 4) e Laura Luchetti (episodio 5), e alla sceneggiatura Richard Warlow, che ne è anche creatore ed executive producer, assieme a Benji Walters.
Il Gattopardo, non sempre vogliamo che tutto rimanga come è

Un progetto senza alcun dubbio ambizioso quello di Netflix, che con Il Gattopardo riscopre la modernità di un racconto dell’Italia di ieri e di oggi il cui obiettivo non è stato quello di realizzare un remake dell’indimenticabile film di Visconti, i cui rimandi e paragoni per molti saranno difficili da allontanare, bensì una nuova opera che si distacchi questo e non tradisca l’identità del romanzo.
Aspirazione, favorita ovviamente dalla dimensione del genere seriale, che offre l’opportunità di approfondire sfumature e dettagli della storia, dei vari personaggi e dei rapporti tra questi. Legami il cui fulcro è naturalmente la figura del Principe Fabrizio di Salina e toccano la figlia Concetta, la quale vi anticipiamo si rivelerà tra l’altro essere la vera sorpresa della serie, il nipote Tancredi, e l’affascinante Angelica.
Propositi tuttavia centrati solo in parte, considerando i primi 3 dei 6 episodi privi di verve e fascino, e i restanti invece ricchi di intrigo, seduzione e raffinata passione, che dividono il progetto in due penalizzato soprattutto dalla costruzione intima dei protagonisti, nonostante tra loro, come detto, si nasconda l’impensato e più che piacevole stupore.
Se il Don Fabrizio Cordera Principe di Salina di Kim Rossi Stuart infatti, possiede il portamento e la fascinazione ma non il carisma necessario ad affermarne il peso, non convincendo inoltre anche per il suo accento siciliano; il Tancredi di Saul Nanni smarrisce la propria spavalderia nel corso degli episodi fin quasi a scomparire, e Deva Cassell con la sua Angelica, ha la bellezza ma non il fuoco e la veemenza della terra di Sicilia e del suo personaggio, la cui un’inesperienza lavorativa non la resa pronta al carico delle responsabilità connesse a un ruolo che non si può non ricordare fu di una magnetica e ammaliante Claudia Cardinale, ecco che a spiccare in un crescendo inaspettato è niente meno la Concetta di Benedetta Porcaroli.
Soffocata, se così si può dire, dalla ligia educazione impartitale in Convento, e dalle regole che la famiglia e la società aristocratica siciliana impone, in Concetta matura il coraggio che la spingerà verso la di scoperta e presa di coscienza di se stessa, nonché dei suoi sentimenti di giovane donna che vuole liberarsi dalle catene che le opprimono l’animo.

Una crescita intima che evolvendosi gradualmente catturerà quell’attenzione, la curiosità e l’empatia fin ora assenti nella serie, tanto da formare una Concetta sempre più sicura del proprio essere e consapevole, in cuor suo, di dover un giorno raccogliere le redini della famiglia per guidarla verso un futuro, fino a quel momento intriso di bellezza e privilegi, che si avvia all’inevitabile stravolgimento dettato dall’unificazione italiana.
Un elegante fermezza di scelte e decisioni che la porterà rispettosamente a non piegarsi al contesto palesemente patriarcale che la circonda con una composta ma decisa ribellione che per alcuni aspetti mostrerà un nuovo punto di vista al senso della celebre frase: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
Citazione che, come ben si sa, si riferisce alla reticenza della classe aristocratica nel voler adeguarsi al nuovo assetto socio-politico che si sta formando, e che nella serie purtroppo fa solo da sfondo quando avrebbe meritato una maggiore attenzione, e se rapportata ai tumulti e ai cambiamenti interiori e si gioca con le sue parole, assume di fatto un ulteriore interpretazione. Se vogliamo che tutto cambi infatti, non sempre è perché vogliamo che tutto rimanga come è sempre stato, e non tutte le rivoluzioni e trasformazioni fanno rumore, riguardano paesi, stati e si combattono con le armi o contro un nemico tangibile e comune.

Dagli splendidi costumi di Carlo Poggioli ed Edoardo Russo, alle bellissime scenografie di Dimitru Capuani, ai quali si aggiunge la calda atmosfera siciliana valorizzata dall’intensa fotografia di Nicolaj Bruel accompagnata dalle musiche originali di Paolo Buonvino, l’evoluzione che avviene in Concetta forse racchiude il vero cuore e significato di questa inedita visione de Il Gattopardo.
Elaborazione e analisi interiore di se che non solo avrebbe dovuto caratterizzare il percorso di ogni personaggio in modo da farne emergere la stratificazione, bensì avrebbe donato il temperamento che ci si aspetta da una narrazione quale è Il Gattopardo, che esplora, con la sguardo di oggi, temi universali che si tramandano da secoli quali: il potere, l’amore e i costi del progresso.
“Queste donne appassite. Questi uomini stupidi. Sono solo prede indifese condannate a godere del piccolo raggio di luce concesso loro. Tra la culla e la morte.
Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene. Tutto sarà diverso ma peggiore, e i gattopardi, sciacalli e pecore continueremo tutti a crederci il sale della terra”.
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Emanuela Giuliani
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