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Il Discorso del Re: 10 curiosità sul film con Colin Firth

Dieci curiosità su Il Discorso del Re, il film  uscito nel 2010 diretto da Tom Hooper e con protagonista Colin Firth.

Interpretato da Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter e Guy Pearce, Il Discorso del Re (The King’s Speech) è un film del 2010 diretto da Tom Hooper, ispirato a una storia vera. La pellicola racconta le difficoltà del re Giorgio VI con la balbuzie e il suo rapporto con il logopedista australiano Lionel Logue, che lo aiutò a superare il disturbo, culminando nello storico discorso con cui annunciò l’ingresso del Regno Unito nella Seconda Guerra Mondiale.

Il film è stato acclamato dalla critica e ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio del pubblico al Toronto International Film Festival, 5 British Independent Film Awards, 7 candidature ai Golden Globe (con la vittoria di Colin Firth come miglior attore), 7 BAFTA e 4 Oscar, incluso quello per il miglior film.  Il Discorso del Re è molto più di un film storico: è un racconto umano, emotivo e coinvolgente, che mostra come coraggio, fiducia e determinazione possano trasformare una debolezza in una forza.

Ecco dieci curiosità su questo straordinario capolavoro cinematografico.

1. Colin Firth ha realmente studiato la balbuzie

Colin Firth si è preparato con una dedizione straordinaria. Ha lavorato con logopedisti, ha ascoltato ore di registrazioni di persone con balbuzie e ha analizzato ogni movimento muscolare del viso e del corpo associato a questo disturbo. Non si trattava solo di imitare un difetto di pronuncia, ma di esprimere la frustrazione, la vergogna e il senso di inadeguatezza provato da chi ne soffre. Durante le riprese, Firth ha ammesso che a volte gli “rimaneva” addosso la balbuzie anche fuori dal set, segno di quanto profondamente fosse entrato nel personaggio.

2. Geoffrey Rush ha proposto la produzione

Quando Geoffrey Rush ricevette la sceneggiatura, rimase colpito dalla potenza della relazione tra Giorgio VI e Lionel Logue, considerandola una delle storie di amicizia e rispetto reciproco più toccanti mai scritte. Rush non solo accettò il ruolo con entusiasmo, ma mise anche a disposizione la propria casa a Melbourne per alcune letture del copione durante le fasi iniziali di sviluppo. La sua passione fu cruciale per attrarre l’attenzione di produttori e finanziatori, trasformando il progetto da sogno indipendente a film pluripremiato.

3. È stato girato in appena sette settimane

La produzione lavorò con un budget relativamente contenuto per un film storico: circa 15 milioni di dollari. Questo imponeva tempi di lavorazione ristretti e un’organizzazione quasi teatrale. Tom Hooper, il regista, decise di girare molte scene in sequenza cronologica — una scelta insolita ma efficace — per favorire la crescita emotiva autentica dei personaggi, in particolare quella di Giorgio VI nel suo percorso verso la fiducia in sé stesso.

4. I discorsi reali sono stati usati come riferimento

Oltre all’audio originale, gli attori e la produzione hanno avuto accesso ai documenti d’archivio della Royal Archives e della BBC. Si è lavorato sulla pronuncia impeccabile dell’inglese dell’epoca, che differisce sensibilmente da quella attuale. Colin Firth studiò anche la postura e i gesti del re, osservando filmati dell’epoca per ricreare non solo la voce, ma anche la tensione nervosa nei movimenti e nello sguardo.

5. Il set dello studio di Logue era reale

Lo studio londinese scelto per rappresentare il luogo dove Lionel Logue lavorava era una vera casa in disuso a Londra, con pareti sgretolate, colori spenti e un’illuminazione naturale filtrata da tendaggi antichi. Il regista Tom Hooper chiese esplicitamente di non rinnovare nulla per mantenere quell’autenticità vissuta e imperfetta, in netto contrasto con gli ambienti formali e austeri della corte reale. Questa scelta enfatizza visivamente il distacco tra i due mondi che i protagonisti devono unire.

6. La sceneggiatura era inizialmente un’opera teatrale

David Seidler immaginava il tutto come un dramma da palcoscenico a due attori, con dialoghi serrati e ambientazioni minimali. Fu solo dopo aver scritto la prima bozza che, con l’aiuto della moglie e del suo agente, si convinse che il mezzo cinematografico avrebbe dato più respiro alla storia. Tuttavia, la struttura del film è rimasta fedele alla sua origine teatrale, con lunghi scambi verbali incentrati sulla relazione tra i due protagonisti, molto più che su eventi esterni.

7. Una lunga attesa per rispetto alla regina madre

Seidler, lui stesso ex balbuziente, trovava ispirazione personale nella storia di Giorgio VI. Dopo aver scoperto che il re aveva superato la sua difficoltà grazie a un terapista non convenzionale, voleva assolutamente raccontarne la vicenda. Quando la regina madre gli scrisse dicendo: “È troppo doloroso, almeno finché sarò in vita”, Seidler accettò senza esitare. Questa attesa di quasi vent’anni è segno di un raro rispetto umano e storico, e ha arricchito la sceneggiatura di un tocco di delicatezza e umanità.

8. Il titolo fu modificato per il pubblico americano

Inizialmente si temeva che il titolo The King’s Speech fosse troppo generico per il pubblico americano, poco familiare con Giorgio VI. Si valutò di cambiarlo in qualcosa di più descrittivo, come The Speech That Changed a Nation o Finding His Voice, ma si scelse infine di rimanere fedeli all’originale. Il titolo gioca anche su un doppio significato: “speech” come discorso pubblico e come “capacità di parlare”, un gioco semantico che esprime il cuore del film.

9. Colin Firth ha vinto l’Oscar al secondo tentativo

Il ruolo di Giorgio VI è stato unanimemente considerato il punto più alto della carriera di Firth fino a quel momento. La sua performance fu così intensa e misurata da convincere critica e pubblico. La vittoria all’Oscar fu accompagnata anche dal BAFTA, dal Golden Globe e dallo Screen Actors Guild Award. Firth dedicò il premio “a tutti coloro che combattono le proprie battaglie interiori in silenzio, giorno dopo giorno”.

10. Lionel Logue non era un logopedista certificato

Nonostante l’assenza di credenziali accademiche, Lionel Logue fu un vero innovatore. Proveniva da una famiglia modesta australiana, e aveva sviluppato tecniche originali basate su esercizi respiratori, ritmo, musica e psicologia. Molti dei suoi metodi erano in anticipo sui tempi. Conservò lettere e appunti del suo lavoro con Giorgio VI, che oggi sono custoditi dagli eredi e rappresentano una testimonianza straordinaria della loro amicizia. Nel film, la relazione affettuosa e non gerarchica tra Logue e il re è stata ricostruita proprio grazie a queste fonti originali.

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Emanuela Giuliani


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