Dall’indimenticabile interpretazione di Robin Schneider nelle celebre trilogia degli anni ’50, alle recenti Dominique Devenport, nella serie televisiva trasmessa su Canale 5 “Sissi”, e di Devrim Lingnau nella serie Netflix “L’Imperatrice”, sono sempre di più coloro che incarnano l’iconica Principessa Sissi cercando far proprio, il fascino, il carisma e lo spirito libero, indipendente e indomabile, di una delle sovrane più amate non solo da coloro erano suoi sudditi, e che ancora oggi continua ad incantare e attrarre il mondo intero.
Una figura dalla forte indomabile e unica identità, così come lo erano la sua malinconia e desiderio di indipendenza, perfettamente tramessi dall’intesa Vickiy Krieps – premio Un Certain Regard per la migliore interpretazione al Festival di Cannes 2022 e acclamata protagonista de “Il filo nascosto” – ne “Il Corsetto dell’Imperatrice” della regista Marie Kreutzer, la quale porta sul grande schermo un’Imperatrice d’Austria tanto fiera quanto insofferente nei confronti di un cerimoniale troppo rigido. Un protocollo ‘stretto’, proprio come il corsetto da lei indossato e che continuava a stringere al fine di preservare e rispettare quell’impeccabile immagine pubblica impostale.
Idolatrata per la sua bellezza e famosa in tutto il mondo per essere una fonte di ispirazione per le nuove tendenze di moda, nel 1877, ‘Sissi’ celebra il suo quarantesimo compleanno, e mentre, nonostante il suo volere, il suo ruolo si riduce a un mero atto performativo di presenza, la sua sete di conoscenza e il suo entusiasmo per la vita la rendono sempre più irrequieta a una Vienna desueta.
Inizia così a viaggiare in Inghilterra e in Baviera, facendo visita ad ex amanti e amici di vecchia data, alla ricerca dell’eccitazione e della determinazione che provava in gioventù, ribellandosi ad un avvenire di doveri strettamente cerimoniali già fissato che l’attendeva.
Un ritratto quindi inusuale, inaspettato e coraggioso quello che di conseguenza ne viene fuori da “Il Corsetto dell’Imperatrice”, al cinema dal 7 dicembre, in grado di stupire mostrando soprattutto le infinite sfumature della fragilità di una donna senza alcun dubbio dai distinti tratti contemporanei, costretta a reprimere i propri sentimenti e slanci per sottostare a quell’etichetta dove a contare era esclusivamente il giudizio altrui.
Una gabbia, dalla crescente inquietudine e intolleranza nei confronti di una società troppo chiusa per una personalità viva come quella della Sissi vestita dalla Krieps e dipinta dalla Kreutez, che si muove in un ambiente dai chiari riferimenti odierni in cui non si possono non notare i telefoni fissi, i primi passi del cinematografo, e le campagne attraversate da trattori e treni a vapore.
Attualità questa, in contrasto con l’epoca che fa da ponte e la collega ai giorni nostri, che soffoca e implode spingendo l’Imperatrice, consapevole e intimorita in un certo senso dal tempo che passa, a sfidare quelle ferree logiche e quella perfetta compostezza fumando in pubblico, esprimendo pensieri astuti e taglienti, e a organizzare un piano che le permetta di defilarsi completamente nel più totale anonimato, senza danneggiare ma tutelando il suo lascito.
Ma ciò che emergere ne “Il Corsetto dell’Imperatrice”, è in particolare la lungimirante visione del futuro di una donna immortale dalla profonda sensibilità, emotività, intelligenza, immaginazione, malinconia e nostalgia, simbolo di una modernità sfrontata e desiderosa di vivere la vita senza catene interiori ed esteriori. Una donna, dall’animo indipendente e padrona di se stessa, che non permette a nessuna parte di lei di morire, che ha bisogno di liberarsi, di essere vista ed ascoltata.
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Emanuela Giuliani
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