La recensione de I Peccatori, i vampiri il blues e i peccati d’America del film di Ryan Coogler con protagonista Michael B. Jordan.
Nel corso dei secoli, la figura del vampiro ha affascinato e terrorizzato l’immaginario collettivo, evolvendosi da creatura mitologica a simbolo di corruzione, immortalità e desiderio insaziabile. Dall’aristocratico Conte Dracula di Bram Stoker alla versione edulcorata e adolescenziale di Twilight, fino alla recente e disturbante rivisitazione di Nosferatu firmata Robert Eggers, questa figura oscura tuttavia, nonostante le mille reinterpretazioni, ha sempre racchiuso in se: la paura dell’ignoto, il conflitto interiore tra vita e morte.
Ora, però, il regista e sceneggiatore Ryan Coogler con: I Peccatori, nelle sale italiane dal 17 aprile grazie a Warner Bros. Pictures, porta sul grande schermo una visione inedita e profondamente politica di questa paura fisica e psicologica, e del vampiro, che da semplice mostro si trasforma in metafora dell’oppressione sistemica, del colonialismo culturale e del prezzo insostenibile della libertà apparente.
I Peccatori, ritorno a Clarksdale, tra sangue, blues e redenzione
Muovendosi tra leggende, folklore, melodramma e critica sociale, I Peccatori, ambientato nel Mississippi del 1932, epoca segnata dalla Grande Depressione e dal riacutizzarsi delle tensioni razziali, racconta il ritorno dei gemelli Smoke e Stack, entrambi interpretati da un magnetico Michael B. Jordan in un doppio ruolo reso possibile da un effetto digitale mai invasivo, nella comunità nera della cittadina rurale di Clarksdale.
Desiderosi di un nuovo inizio e di un barlume di identità che permetta loro di lasciarsi alle spalle il peso del passato e delle loro vite tormentate, i due ex soldati ed ex gangster al servizio di Al Capone, decidono di aprire un juke joint, luogo di ritrovo, musica e speranza.
Ma niente è più come prima nella loro città natale, e mentre Smoke cerca il potere e la redenzione personale, e Stack si aggrappa con forza alle proprie radici e alla comunità, la cittadina, intrappolata tra superstizione, tensioni e violenza, è attraversata da un’energia che è sul punto di dilaniarla. Il loro ritorno diventa così il catalizzatore di un evoluzione collettiva e spaventosa che infrangerà il confine tra il reale e il soprannaturale.
I Peccatori, il prezzo dell’anima
Audace e dalle dinamiche avvincenti, in I Peccatori Coogler costruisce una fiaba di ombre, sogni e fantasmi che esplora temi universali come la colpa, il perdono, il peso delle azioni passate, la bramosia di potere dell’uomo, la discriminazione, il razzismo e il classismo in un luogo sospeso nel tempo dove si respira disperazione e voglia di riscatto.
Un film la cui svolta horror, se così si può definire, arriva in modo sottile e progressivo, con i vampiri raffigurati non come i decadenti e ammalianti aristocratici europei della tradizione gotica, ma predatori moderni, colonizzatori travestiti da benefattori portatori di una promessa velenosa: l’immortalità in cambio dell’identità.
La loro violenza è insinuante, quasi invisibile, fatta di parole suadenti, contratti, sogni di grandezza e illusioni di emancipazione. Non entrano mai con la forza: chiedono di essere invitati come dettato dalle credenze popolari, con l’invito che diventa il simbolo della seduzione del potere bianco ed ennesima forma di schiavitù che manipola, assimila, corrompe e cancella offrendo un successo effimero in cambio di silenzio, oblio e obbedienza.
Un racconto dalle sfumature oniriche con la musica vero cuore del film, con il blues, nato come espressione di dolore, resistenza e identità, caricato di un’ambiguità quasi sacrale che ne fa culla della tentazione, personaggio, forza trainante, strumento di salvezza e dannazione. Un tempo e spazio i cui la musica libera ma incatena dando voce all’anima e chiedendo, in cambio, proprio quell’anima.
I Peccatori, una fiaba nera tra lirismo e dannazione
Sogno e incubo con protagonista assoluto de I Peccatori Michael B. Jordan, alla sua quarta collaborazione con Coogler dopo Fruitvale Station, Creed e Black Panther, il quale dà vita a una performance doppia sempre vibrante. Stack è l’idealista, l’uomo della terra e della memoria; Smoke è l’ambizioso, sedotto dalla possibilità di riscrivere il proprio destino, ma mai completamente perduto.
Due facce della stessa medaglia, due anime in conflitto, due visioni del futuro in uno stesso corpo che consolidano la versatilità di Jordan, affiancato da un cast altrettanto brillante che vede la candidata all’Oscar Hailee Steinfeld nei panni di Mary, ex amante di Stack e personificazione delle scelte non fatte; Wunmi Mosaku, intensa e dolente, in Annie, guaritrice, custode della memoria comune e vecchia fiamma di Smoke; Delroy Lindo in Delta Slim, veterano del blues, della bottiglia, della resistenza testimone della ciclicità del male; mentre l’esordiente Miles Calton è Sammieee Moore, detto Preacher Boy, giovane chitarrista, cugino dei gemelli, il cui talento mistico che unisce sacro e profano richiamando così la figura iconica di Robert Johnson.
Secondo la mitologia blues, Johnson infatti avrebbe incontrato il Diavolo a un crocevia nel profondo Sud degli Stati Uniti, e offerto la propria anima in cambio della straordinaria abilità di suonare la chitarra. Una leggenda che ha avvolto la sua breve e fulminante carriera in un’aura di mistero e dannazione, alimentata dalla potenza quasi soprannaturale della sua musica e dalla sua morte prematura a soli 27 anni.
Dualismo questo incarnato proprio da Preacher Boy che oscilla tra estasi spirituale e perdizione, con le sue note eco dell’eterno castigo di un vecchio patto mai davvero concluso. Un accordo che rende I Peccatori un viaggio imperfetto e a tratti ambiziosamente eccessivo dalle sfumature tarantiniane e di quel cinema che mescola realismo sporco, lirismo visivo e critica sociale.
I Peccatori più che un horror è una fiaba nera, una poesia triste sull’identità perduta e ritrovata, un monito contro le nuove forme di schiavitù camuffate da progresso, attraverso cui Coogler ci suggerisce che la salvezza non risiede nel potere o nella sopravvivenza a ogni costo, ma nel riconoscersi parte di una storia, di una cultura e di un dolore condiviso. In un’epoca in cui tutto è mercificabile, anche l’anima, I Peccatori ci ricorda che la vera immortalità è la memoria, e che la libertà, per essere tale, deve essere scelta, non concessa.
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Emanuela Giuliani
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