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Horizon: An American Saga – Capitolo 2, incontro stampa: Kevin Costner “Horizon è una memoria per il mio paese”

Kevin Costner presenta all’81esima Mostra del Cinema di Venezia la seconda parte di: Horizon: An American Saga.

Kevin Costner, come precedentemente annunciato, è sbarcato al Lido per presentare, in anteprima mondiale fuori concorso la seconda sparte di: Horizon: An America Saga, completando il programma questa 81. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia che volge al termine.

Horizon: An American Saga, è una cronaca articolata della Guerra civile e della colonizzazione dell’Ovest americano ed esplora il fascino del vecchio West, e di come è stato conquistato – e perso – attraverso il sangue, il sudore e le lacrime di molti. Nei quattro anni della Guerra civile, dal 1861 al 1865, l’avventura cinematografica di Kevin Costner porta il pubblico in un viaggio emozionante attraverso un Paese in guerra con se stesso, attraverso la lente di famiglie, amici e nemici che cercano di scoprire cosa significa veramente essere gli Stati Uniti d’America.

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“E’ un’idea questo film che viene da lontano, non è accaduto per caso. A volte l’idea la troviamo nei libri, altre è soltanto una nostra fantasia, e questa è cominciata tutto da lì e non mi ero reso conto che potessi cominciare a pensare che nella vita le cose accadono quando devono accadere”, dice Kevin Costner parlando come è nata la saga di Horizon. “Gli attori di questo film non erano ancora nati quando il progetto è stato pensato, ci sono tante persone che hanno contribuito alla sua realizzazione e senza di loro non sarebbe stato la stessa cosa. Mi è piaciuto il viaggio, la promessa di quello che era l’America, e non c’è una città migliore del mondo per poter capire la differenza di ciò che era l’Europa e di ciò che era l’America. Quando vedo Venezia vedo una specie di miracolo di come possa essere stata realizzata e di coloro che sono partiti dall’Europa per attraversare l’Oceano Atlantico e hanno trovato qualcosa a cui non potevano neanche credere, un continente gigantesco senza nessuna costruzione e gli occhi del mondo spalancati”, spiega Costner. “Venivano con la promessa che se fossero riusciti ad attraversare l’Atlantico potevano farcela. 400 giorni di viaggio per attraversare e vedere il sole splendere su un paese su cui non c’era nulla. Un paese animale di chi aveva scelto di vivere con leggerezza su quella terra, e hanno lottato per non concederla, e mentre una promessa si realizzava un’altra veniva perduta, quella degli indigeni. Il west non è un luogo in cui era difficile vivere e volevo a tutti costi raccontare questa storia, ho pensato che il modo migliore fosse attraverso gli occhi delle donne, quelle donne che sono in mezzo alla trama. E’ il film che volevo portare al mondo per ricordare al mio paese che c’è stata una lotta in una parte della sua storia”.

Costner prosegue: “Horizon è una memoria per il mio paese di quanto sia stato difficile per chi ha fatto quel viaggio. Non era un paese di fantasia, era un paese difficile per tutti quelli che arrivavano e non è un messaggio politico per nessuno. I film ci parlano quando si accende la luce, parlano al nostro cuore, siamo tutti li a guardare la stessa cosa al buio, viviamo lo stesso sogno, ma il sogno per ciascuno di noi è diverso”.

In merito al suo amore nei confronti delle origini dell’America e del west svela: “Sono attratto dal west perché sento il dramma che esiste quando non c’è la legge. Il dramma esiste quando c’è confusione di lingue, quando la terra viene contesa e non c’è legge, immaginate se non ci fosse la legge a Venezia, le gondole affronterebbero le cose a modo loro.”

Parlando dell’autenticità della storia invece dice. “Non mi piacciono i film western che non sembrano autentici, fatti solo per mostrare uno scontro a fuoco. Il west non deve essere un film che finisce con uno scontro a fuoco, ma è la realtà di una donna che vuole essere pulita, vuole fare un bagno e questo le crea problemi perché mette a rischio tutto. Quando penso a qualcosa di drammatico al buio mi chiedo cosa farei o non saprei fare in quella situazione, e me lo chiedo non solo sul grande schermo ma anche se nella vita nel caso in cui capitasse qualcosa del genere. La chiave per i film è cercare di essere autentici, perché quando si è autentici e ci si basa su comportamenti veri, il film può durare per una vita e viaggiare attraverso il tempo e i secoli se si riconoscono gli atteggiamenti e gli vengono attribuiti onestà. Questo è il mio approccio al cinema. Quando non lo vedo rifiuto il film. Se non mi sembra autentico non mi piace inoltre nei miei film non mostro la violenza, bensì l’eroismo e la tristezza delle decisioni che rimangono. Infine vorrei ringraziare John (Debney) per le musiche, perché non c’è niente di più importante dal momento che le musiche accompagnano il territorio nel west e i luoghi che vedete, e sono posti che esistono ancora e sono davvero drammatici”.

John Debney autore delle musiche afferma: “Serve un grande villaggio per fare un grande film e serve un uomo alla guida, Kevin Costner, che impersoni quello che è la bellezza del west, le vedute bellissime e lo scenario splendido che mi hanno parlato e ispirato così come questo straordinario. Ma è stato Kevin ha darmi il sogno di un compositore, scrivere la colonna sonora di un west è la cosa più eccitante per cui si possa scrivere”.

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Presenti al Lido per l’incontro stampa anche gli interpreti: Luke Wilson, Isabelle Fuhrman e Alejandro Edda, i quali hanno parlato della loro partecipazione a questo complesso progetto.

“Quando ho letto la sceneggiatura, le prime due parti, non avevo mai letto niente di simile, sembrava quasi un romanzo storico con l’azione”, svela Luke Wilson. “Ho imparato tantissimo sul west attraverso la sceneggiatura, sulla sua espansione. In termine di lavorazione del film è fantastico farne parte, è un team grandissimo, regista attori, personaggi, di chi si occupa della scenografia, il bestiame. E’ un film meraviglioso e quello che si vuol fare è ciò che ti si chiede”.

Isabelle Fuhrman invece rivela: “Sono una delle persone che non erano ancora nate quando questo mondo esisteva, quando l’idea è stata sviluppata. Ho ricevuto le quattro sceneggiature da Kevin e sono stata presa dalla storia di questa donna: Diamond, dalla sua evoluzione durante tutta questa saga, ma anche da ogni singolo personaggio. C’è questo western epico e queste decisioni dure che le persone devono prendere giorno per giorno, ho sempre pensato che fossero più facili da prendere. Mio padre era un fan del genere western mi ha fatto vedere il film di Kevin e quindi è un sogno che si è realizzato. Sono felice di essere parte di questo team e di fare la mia parte nel raccontare questa storia. Tutte e quattro le storie sono un viaggio lunghissimo dove ci imbarchiamo”.

Alejandro Edda infine dice: “Per un attore è un sogno essere in un western. L’ho sognavo da bambino e non avrei mai immaginavo di poter far parte di questa saga, non pensavo ci sarebbe stato un risultato così grande. Kevin Costner ci ha fatto un dono. Ho incontrato persone straordinarie, sono qui ora in Italia e in italiano direi (e lo dice in italiano) ‘è un sogno diventato realtà’”.

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Emanuela Giuliani


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