La recensione di Ho Visto un Re, il film di Giorgia Farina nelle sale cinematografiche dal 30 aprile distribuito da 01 Distribution.
Arriva nelle sale italiane il 30 aprile, distribuito da 01 Distribution, dopo essere stato presentato in anteprima fuori concorso al 42° Torino Film Festival: Ho Visto un Re, il nuovo film, tanto delicato quanto potente, di Giorgia Farina, la quale intrecciando l’orrore della guerra coloniale italiana in Etiopia con l’incanto dello sguardo infantile, regala allo spettatore un’esperienza cinematografica profondamente toccante e sorprendentemente attuale.
Un’amicizia nella voliera
Ambientato nel 1936, nel pieno della campagna coloniale fascista in Africa Orientale, il film prende ispirazione da un episodio reale ma poco conosciuto della nostra storia: la cattura e deportazione in Italia di membri dell’aristocrazia etiope imprigionati non in strutture ufficiali, ma in luoghi di villeggiatura, caserme dismesse e perfino giardini privati, una delle quali diventa il cuore del racconto.
In Ho Visto un Re, il giovane Emilio (Marco Fiore), figlio del Podestà (Edoardo Pesce) di un piccolo centro del Nord Italia, scopre nel giardino della casa di famiglia un “ospite” molto particolare: Abraham Imirrù (Gabriel Gougsa), un principe etiope rinchiuso in una gigantesca voliera, come fosse un animale esotico o un trofeo. Incuriosito più che spaventato, Emilio si avvicina spinto da una naturalezza disarmante, e da quel primo incontro nascerà una relazione intensa e immaginifica, in cui il bambino vede nel principe la figura del suo eroe letterario e protagonista delle sue avventure fantastiche: Sandokan.
Ho Visto un Re, il potere della fantasia
Attraverso un approccio narrativo gentile e originale la regista porta sul grande schermo temi universali e complessi come il colonialismo, il razzismo e l’intolleranza, e lo fa scegliendo non la via della denuncia diretta o del crudo realismo, bensì quella dello sguardo sorprendente di un bambino.
Una lente infantile la cui abilità di trasformare la realtà in meraviglia trasfigura il dramma storico in un’avventura dal tono fiabesco, dove la scoperta dell’altro diventa occasione di crescita e apertura al mondo, permettendo così allo spettatore di avvicinarsi a vicende dolorose e complesse con una prospettiva nuova, in grado di suscitare emozioni senza mai risultare didascalica. Il diverso, il prigioniero, lo straniero, non è mai trattato come simbolo o categoria, ma come persona: una presenza viva e ricca di sfumature che l’immaginazione infantile riesce ad accogliere con spontaneità e stupore.
Il risultato è una narrazione poetica e sottile che, pur nella leggerezza apparente, rifugge la retorica e l’enfasi preferendo una riflessione intima e originale su alcuni dei nodi più problematici della nostra memoria nazionale. Farina costruisce un racconto in cui la delicatezza non esclude la forza del messaggio, ma anzi lo amplifica, rendendolo accessibile e toccante per un pubblico ampio e trasversale. Il film diventa un invito a recuperare lo sguardo puro e aperto dell’infanzia, capace di cogliere la bellezza là dove l’adulto vede solo minaccia o alterità.
Il personaggio del Podestà, interpretato da un convincente Edoardo Pesce, è il simbolo dell’ipocrisia e della sottile brutalità di un potere che pretende di “civilizzare” l’altro mantenendolo in catene. Tuttavia, Ho Visto un Re non lo dipinge mai come un mostro, bensì come un uomo mediocre, figlio del suo tempo, convinto delle proprie ragioni. Ed è proprio in questa rappresentazione ambigua che risiede la forza di un racconto che non cerca colpevoli facili, ma invita a interrogarsi su come la violenza possa insinuarsi nei gesti più banali e nei rapporti familiari.
Il film si arricchisce inoltre di personaggi secondari che donano profondità e stratificazione al racconto. La madre di Emilio, Sara Serraiocco, fragile e distante, sembra intrappolata in una malinconia indefinita che confina con la follia: una figura dolce, spezzata, incapace di opporsi all’autorità del marito e con uno sguardo tenero verso il figlio.
E poi c’è lo zio, Lino Musella, vera rivelazione della storia: artista sensibile, omosessuale nascosto, uomo colto, fuori dal tempo e contraltare morale alla società gretta e conformista che lo circonda. Isolato ma libero dentro, è lui a insegnare a Emilio l’importanza dell’immaginazione, della libertà di essere sé stessi, dell’accoglienza come atto rivoluzionario. Tra i due c’è un’intesa fatta di sguardi, parole sottovoce e silenzi pieni di significato. Lo zio diventa per Emilio una figura di resistenza silenziosa e dolce contro l’opprimente comando paterno e l’ipocrisia sociale, è lui a incoraggiarlo a guardare oltre ciò che è visibile, a fidarsi della propria fantasia e a considerare l’altro non come una minaccia, ma come un’opportunità.
Ho Visto un Re, un film che parla al presente attraverso il passato
Ho Visto un Re è una fiaba moderna che, pur affondando le radici in un contesto storico ben definito, si rivela sorprendentemente attuale nel suo messaggio e nella sua capacità di dialogare con il presente. Un film che, come detto, affronta con delicatezza e grande profondità temi universali come l’accoglienza, la diversità e l’empatia, con un racconto privo di moralismi e dalla chiarezza emotiva, stratificato e accessibile a un pubblico adulto, adolescenziale e anche infantile.
Un viaggio che va oltre il reale, in cui la fantasia diventa strumento di comprensione e scoperta dell’altro; la meraviglia non è un mezzo di evasione, ma un’arma gentile contro la paura, il sospetto e il pregiudizio.
In un’epoca in cui le differenze spesso dividono anziché arricchire, Ho Visto un Re ci ricorda che l’incontro con l’altro, se vissuto con apertura e stupore, può essere fonte di crescita e umanità. Il passato, evocato con sensibilità e intelligenza, non è solo cornice narrativa, ma lente attraverso cui leggere le dinamiche del presente, riconoscendo come certi errori e certe chiusure possano ripetersi se non vengono compresi fino in fondo. Ho Visto un Re è un racconto poetico che invita a riscoprire la forza dell’immaginazione come chiave per costruire un futuro più giusto e inclusivo.
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Emanuela Giuliani
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