“His Dark Materials”: il mondo parallelo dell’anima – la Recensione
Dalla trilogia fantastica di Philip Pulmann, che prende il suo nome da un brano del paradiso perduto di John Milton, nasce una serie fantasy che per protagonisti ha una bambina dal destino grandioso, streghe del nord che mormorano la sua profezia, animali parlanti e mondi paralleli arcani.
Immaginate quindi un luogo alternativo dove i bambini hanno misteriosi poteri, ed ogni essere umano esiste solo come corpo e vive con il suo daimon il quale altro non è che la sua anima in forma animale, di conseguenza l’uno non può vivere senza l’altro. Un’anima che permette la connessione alla “polvere”, elemento che permette di rendere reali i propri pensieri. Una serie che nasce per raccogliere l’eredità di “Game of Thrones”, che ricorda, nella monumentalità dell’incipit e nella sigla imponente ed enigmatica, con una grafica simile e stessi tagli di luce.
“His Dark Materials” ci immerge in un mondo su cui incombe il potere assoluto del Magisterium, metafora di un’organizzazione religiosa che reprime la conoscenza e la libertà per controllare le coscienze, ed evitare che evadano dal modo canonizzato di pensare e di vivere. Una sorta di setta che considera come eretici tutti coloro che osano sfidarli mostrando molteplici universi paralleli collegati tra di loro, mentre il Magisterium ne controlla uno solo, pensando di renderne il popolo “accademicamente libero”, in una metafora tra chiesa e scienza.
Lyra, interpretata dalla straordinaria Dafne Keen, già distintasi in “Logan”, è una bambina “speciale”, affidata da neonata al Jordan College di Oxford da suo “zio” Ariel, James McAvoy, il cui unico amico è un bambino di nome Roger, che sogna costantemente una vita di avventure e crede di poterle trovare seguendo Mrs. Coulter, offertosi come aiuto per trovare il suo amico scomparso.
Ma in quel mondo il pericolo è sempre in agguato e niente è come sembra, anche Mrs Coulter, apparentemente posata, erudita e gentile ma dallo sguardo glaciale, nasconde un terribile segreto e gli episodi sembrano scandire i tempi diversi del racconto, partendo dalla vita nel collegio e la scoperta della congiura. Il Jordan College è un edificio di pietra, massiccio e svettante e questa parte si potrebbe definire “potteriana” per le similitudini nelle guglie, nei tetti e nei togati professori oscuri della famosa scuola di Hogwarts.
La ricostruzione digitale dei daimon è accurata e realistica, l’espressività di queste piccole creature è stupefacente, come le movenze stesse, peccato che il legame con gli esseri umani nel grande preambolo iniziale sia abbastanza trascurato, per poi delinearsi con il trascorrere degli episodi attraverso scene rivelatrici e dal forte impatto. Il daimon muta continuamente forma fino all’età matura del suo umano, momento in cui finalmente si stabilizza in una forma definitiva.
Una produzione dalla qualità tecnica imponente, come “Game of Thrones” perfetta stilisticamente e spettacolare dal punto di vista visivo, con una fotografia ed effetti speciali di livello cinematografico ed un cast di tutto rispetto in stato di grazia.
Una serie che si lascia guardare ed amare ed incuriosisce, inquadratura dopo inquadratura e sequenza dopo sequenza, alla scoperta di segreti nascosti in una bussola d’oro, in un appartamento lussurioso, nelle strade buie di Londra o in uno sguardo e tutto conduce poco a poco in un universo inimmaginabile.
“In questo abisso selvaggio, Il grembo della natura e forse la sua tomba, né di mare, né terra, né aria, né fuoco. Ma tutti questi al concepimento mischiati, confusamente, e quindi sempre in conflitto, finché il creatore onnipotente ordini loro da queste oscure materie di creare altri mondi. In questo abisso selvaggio il cauto demonio sta ai margini dell’inferno e intanto osserva, ponderando la sua traversata…” – John Milton –
Chiaretta Migliani Cavina
© Riproduzione Riservata