La recensione di High Life, il film diretto da Claire Denis con protagonisti Robert Pattinson che si distingue dalle opere sci-fi.
“High Life” di Claire Denis è una pellicola che sfida le convenzioni del genere fantascientifico, mescolando elementi di space-opera e prison-movie per creare una narrazione unica e complessa. La storia segue Monte (Robert Pattinson) e sua figlia Willow, gli ultimi sopravvissuti a bordo di una nave spaziale che vaga nell’oscurità dello spazio. Dopo aver partecipato a una missione che coinvolge detenuti condannati all’ergastolo, la nave è ora alla deriva, lontano dal sistema solare. Il film esplora temi di solitudine, sopravvivenza e il valore della vita umana, trattandoli in una forma non lineare che si allontana dalla tradizionale narrazione cinematografica.
La regia di Claire Denis è tanto affascinante quanto enigmatica. Il suo stile filmico complesso gioca con immagini fortemente visive e simboliche, creando un’atmosfera sospesa tra il passato, il presente e il futuro. La narrazione non segue un ordine cronologico, ma piuttosto un flusso di coscienza che fonde i vari tempi della storia, esemplificando un concetto di esistenza che trascende il tempo stesso. I passaggi tra presente, passato e futuro sono resi attraverso un montaggio netto e a volte disorientante, dove le immagini, le comunicazioni interspaziali e i ricordi passati si mescolano in un flusso continuo.
Il film affronta la tematica dell’isolamento in modo molto diretto, non solo fisico, ma anche emotivo e psicologico. Monte e sua figlia si trovano immersi nel vuoto assoluto dello spazio, senza alcun contatto con l’esterno, costretti a vivere in una dimensione dove il tempo e lo spazio sembrano non avere più significato. La solitudine e la disperazione dei protagonisti sono messe in evidenza anche dalla rappresentazione del sesso, che nel film assume un ruolo fondamentale. In un ambiente così alienato, il desiderio sessuale e la riproduzione diventano gesti meccanici e distaccati, privi di qualsiasi componente affettiva. La regista non evita di mostrare scene esplicite che trattano l’atto sessuale in modo scientifico e clinico, come se fosse una necessità biologica e funzionale, piuttosto che un atto di connessione umana. In questo contesto, il sesso è ridotto a una procedura per la sopravvivenza, completamente separato dall’amore.
Monte, interpretato da Robert Pattinson, è un personaggio intricato e affascinante, che incarna l’essenza di un uomo in lotta contro un destino implacabile. Condannato, insieme ad altri prigionieri, alla morte e alla solitudine, si trova a dover prendersi cura della sua piccola Willow. Nonostante il contesto tragico e le sue stesse turbolenze interiori, Monte emerge come una figura di protezione e di speranza, un padre che lotta per la vita della sua figlia in un ambiente dove l’amore sembra essere l’unica risorsa rimasta. La sua relazione con Willow è l’unico legame che resta all’interno di una narrazione che è dominata dall’assenza e dalla morte.
“High Life” è un film che esplora in modo profondo e filosofico il concetto di tempo e della sua percezione nell’immensità dello spazio. Il film infatti affronta temi simili a quelli di altri grandi lavori di fantascienza ma si distingue per il suo approccio più radicale e inusuale, con un’amore non universale, ma paterno, puro e instintivo, che si erge come unico valore positivo in un mondo di distruzione e abbandono.
Il film si conclude con un finale aperto che lascia i protagonisti al loro destino incerto, un finale che offre una riflessione sulla possibilità di redenzione e sul futuro, ma senza risposte facili. La scelta di lasciare il futuro di Monte e Willow indefinito aggiunge una dimensione poetica alla pellicola, sottolineando la precarietà della vita e la fragilità dell’esistenza umana, in un contesto in cui ogni certezza sembra svanire.
In definitiva, “High Life” è un’opera che si allontana dalle tradizionali narrazioni sci-fi, creando un’esperienza unica e riflessiva che trascende il genere. Con una regia visionaria e una profondità tematica rara, Claire Denis ci offre una lettura personale e filosofica della fantascienza, trattando la solitudine, la sopravvivenza e l’amore con una delicatezza e una forza che rimangono impresse nella memoria.
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Emanuela Giuliani
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