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Hey Joe, la recensione: un incontro impossibile tra due mondi

La recensione di Hey Hoe, il nuovo atteso film diretto da Claudio Giovannese e con protagonista Dave Franco.

Con Hey Joe, il regista Claudio Giovannesi, già noto per il successo di La paranza dei bambini (che gli valse l’Orso d’argento per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Berlino), si immerge ancora una volta nelle profondità delle dinamiche umane e sociali. Questa volta, tuttavia, il suo sguardo si concentra sulle conseguenze della guerra e sul complesso rapporto tra padre e figlio. Presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public, Hey Joe è un film che racconta la storia di un incontro impossibile tra due mondi distanti: quello dell’America e quello della malavita napoletana.

Una trama intensa e stratificata

La storia si svolge nei primi anni ’70, un periodo in cui l’Italia vive una profonda trasformazione sociale e culturale. Dean Barry (James Franco), un veterano della Seconda Guerra Mondiale, ritorna in Italia, più precisamente a Napoli, con l’intento di conoscere suo figlio, frutto di una relazione avuta durante il conflitto con una ragazza napoletana. Venticinque anni dopo, Dean spera di recuperare il tempo perso e di instaurare un legame con un figlio che non ha mai conosciuto.

Tuttavia, il ragazzo, Francesco (Francesco Di Napoli), ormai adulto, non è più il bambino che Dean immagina di ritrovare. Cresciuto nel cuore della malavita partenopea, Francesco è stato adottato da un boss del contrabbando e ha passato tutta la sua vita lontano da qualsiasi tipo di affetto genuino. Il contesto che lo ha forgiato è quello della violenza, della sfiducia e della lotta per la sopravvivenza, e il ritorno di Dean nella sua vita non suscita in lui altro che ostilità e indifferenza. La guerra che ha separato i due non è solo quella del passato, ma anche quella che separa i due mondi che oggi si scontrano con violenza: l’America idealizzata e il sottobosco criminale di Napoli.

Una riflessione sui legami familiari e sulla guerra

Hey Joe è molto più di un dramma familiare. La guerra, sia quella vissuta da Dean durante il conflitto mondiale che quella che continua a farsi sentire nelle strade di Napoli, è il filo rosso che lega le vite dei protagonisti. La distanza tra padre e figlio non è solo emotiva, ma è anche simbolica di una frattura storica e culturale che ha separato due generazioni, due mondi che non riescono a comprendersi.

Il personaggio di Dean, interpretato da James Franco, è segnato non solo dal peso della sua esperienza di guerra, ma anche dalla consapevolezza che, nonostante gli anni passati, la sua ricerca di redenzione è condannata dalla realtà. Franco offre una performance toccante, in cui la sua figura di soldato stanco e disilluso sembra quasi una proiezione del fallimento del sogno americano. Il suo volto è segnato dal tempo e dalle cicatrici di una vita che ha cercato di ricostruire, ma che continua a essere intrisa di dolore e rimpianto.

Francesco, interpretato da Francesco Di Napoli, è invece il simbolo di un altro tipo di guerra, quella quotidiana, in cui le scelte morali sono spesso sopraffatte dalla necessità di sopravvivere. Il suo personaggio è un uomo che ha dovuto crescere in un ambiente dove l’affetto non esiste, sostituito dal potere, dalla violenza e dalla lealtà a un boss. Di Napoli, che aveva già dato prova del suo talento nel film precedente di Giovannesi, dimostra di saper navigare con maestria tra le sfumature di un personaggio complesso, segnato dalla malavita ma anche dal desiderio di un legame che non ha mai avuto.

La regia di Claudio Giovannesi è sobria e intensa, capace di restituire una Napoli lontana dai cliché, una città che emerge come un personaggio a sé stante, fatta di vicoli stretti, luci soffuse e ombre cariche di significato. Giovannesi sa come giocare con i silenzi, quei momenti di stasi che sembrano parlare più di mille parole. Il paesaggio napoletano, con le sue contraddizioni, diventa così una metafora della distanza tra padre e figlio, ma anche della difficoltà di comunicare in un mondo dove le parole non sembrano mai sufficienti.

L’aspetto visivo del film è ricco di dettagli, con inquadrature che raccontano tanto quanto il dialogo. La scelta di ambientare la storia a Napoli, con le sue atmosfere grigie e cariche di tensione, aiuta a rendere ancora più palpabile il contrasto tra i due protagonisti, così diversi eppure legati dalla stessa storia.

Hey Joe non è solo il racconto di un incontro tra padre e figlio, ma anche un film che tocca temi universali e ancora oggi di grande attualità: il peso della storia, la frattura tra generazioni, il desiderio di redenzione e la difficoltà di ricostruire legami distrutti. La guerra, che sia quella mondiale o quella delle strade di Napoli, è una ferita che non guarisce mai del tutto, e il film offre uno spunto di riflessione su come il passato continui a influenzare il presente, per quanto ci si sforzi di dimenticarlo.

Il film si conclude con una nota di ambiguità, lasciando allo spettatore il compito di riflettere sul destino dei due protagonisti e sulla possibilità di un incontro che, seppur tardivo, potrebbe forse riuscire a colmare un vuoto che ha segnato entrambe le vite. La forza emotiva del film sta proprio nell’incompletezza del legame che si prova a ricostruire: Dean e Francesco, pur essendo legati da un vincolo di sangue, sono due estranei che non riusciranno mai a colmarsi completamente.

Con Hey Joe, Claudio Giovannesi firma un film che riesce a coniugare un’intensa esplorazione psicologica dei personaggi con una riflessione sulla storia, sulla guerra e sulle sue ripercussioni sulle generazioni future. Grazie a una regia asciutta e mai spettacolare, ma sempre carica di significato, e a un cast che offre prove di grande spessore, il film riesce a raccontare una storia di solitudine, di speranza e di fallimento, senza mai cadere nel melodramma. Un’opera che merita di essere vista e che lascia un’impronta duratura nel cuore dello spettatore.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


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