La recensione di: Hereditary – Le Radici del Male, l’horror psicologico che lascia il segno diretto dal regista e sceneggiatore Ari Aster.
Lo sceneggiatore e regista Ari Aster, dopo aver diretto vari cortometraggi incentrati su rituali e traumi domestici, debutta sul grande schermo con la sconvolgente pellicola: “HEREDITARY – LE RADICI DEL MALE”. Aster costruisce, sviluppa e trasforma un lutto familiare in un inquietante horror psicologico, in cui i familiari dell’anziana Ellen, in seguito alla sua morte, si ritrovano, loro malgrado, lentamente a scoprire ed affrontare oscuri, occulti e terrificanti segreti, appartenenti a un tragico destino che sembrano aver irrimediabilmente ed inconsapevolmente ereditato.
Fin dai primi minuti, Aster, grazie anche alla maestria del direttore della fotografia Pawel Pogorzeleski, suo compagno di classe ai tempi dell’American Film Institute Conservatory, fonde perfettamente il mondo delle miniature, create da Steve Newburn (Inception e Il Cavaliere Oscuro), con quello reale degli esseri umani. Questa scelta stilistica conferisce al film un senso di claustrofobia e ineluttabilità, dando vita a una suggestiva visione di una funesta, crescente e incontrollabile maledizione, muovendone i fili sull’estremo terreno di gioco del sovrannaturale.
“HEREDITARY – LE RADICI DEL MALE” non si limita a essere un semplice film horror, ma si distingue per la sua profondità psicologica e narrativa. Il racconto nasce da una serie di tristi e sfortunate difficoltà che Aster, assieme alla propria famiglia, ha vissuto per ben tre lunghi e interminabili anni, tanto da convincerli di essere vittime di un infernale sortilegio. Questa esperienza personale si riflette nella pellicola attraverso una tensione costante e disturbante che cattura lo spettatore sin dalle prime scene. Il film gioca abilmente con il concetto di eredità familiare, non solo in senso genetico, ma anche in termini di traumi e segreti che si tramandano di generazione in generazione, diventando un vero e proprio incubo a occhi aperti.
Uno degli elementi più riusciti del film è la performance straordinaria di Toni Collette, il cui ruolo di Annie Graham risulta essere uno dei più intensi e memorabili della sua carriera. La sua interpretazione di una madre tormentata dalla perdita, dal senso di colpa e dalla paura dell’ignoto è magistrale e conferisce al film un realismo emotivo spaventoso. Il cast di supporto non è da meno, con Gabriel Byrne (In Treatment, I Soliti Sospetti) nel ruolo del marito razionale e scettico, Alex Wolff (Jumanji: Benvenuti nella Giungla) in una performance sorprendentemente intensa, Milly Shapiro (Matilda, lo spettacolo di Broadway) nel ruolo della enigmatica e inquietante Charlie e Ann Dowd (The Handmaid’s Tale), vincitrice del Premio Emmy, che aggiunge un ulteriore livello di inquietudine alla storia.
A livello tecnico, la regia di Aster è impeccabile, con un utilizzo sapiente della luce e delle ombre per creare un senso di crescente terrore. Le scelte sonore e la colonna sonora di Colin Stetson amplificano l’atmosfera angosciante, trasformando ogni scena in un’esperienza immersiva e disturbante. Il montaggio intelligente e le inquadrature meticolosamente studiate contribuiscono a rendere il film un esempio eccellente di horror moderno.
In conclusione, “HEREDITARY – LE RADICI DEL MALE” è un’opera che supera le convenzioni del genere horror per diventare un’esperienza cinematografica profonda e viscerale. È un film che lascia il segno, ipnotizzando lo spettatore con il suo vortice di tensione e orrore psicologico, fino a culminare in un finale sconvolgente e memorabile. Con un cast eccezionale, una regia magistrale e una narrazione avvincente, il film, nelle sale dal 25 luglio, è assolutamente da non perdere per gli amanti del cinema di qualità e delle emozioni forti.
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Emanuela Giuliani
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