Agnieszka Holland in press conference parla del suo Green Border, in concorso all’80esima Mostra del Cinema di Venezia
A 30 anni di distanza da Europa Europa, Agnieszka Holland ha deciso di raccontare ancora una volta la doppia, dilaniata anima dell’Europa con: Green Border, in concorso all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Nelle insidiose foreste paludose che costituiscono il cosiddetto “confine verde” tra Bielorussia e Polonia, i rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione Europea si trovano intrappolati in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko. Nel tentativo di provocare l’Europa, i rifugiati sono attirati al confine dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’UE. Pedine di questa guerra sommersa, le vite di Julia, un’attivista di recente formazione che ha rinunciato a una confortevole esistenza, di Jan, una giovane guardia di frontiera, e di una famiglia siriana si intrecciano.
“Uno dei motivi per cui ho fatto il film che avete visto, è perché in passato ho fatto film anche sulla seconda guerra mondiale, sull’olocausto, sulla carestia stalinista e sul pericolo di questo nazionalismo, totalitarismo, della violenza che è stato messo a tacere, così come il suo essere un’arma per combattere il problema che è scomparso dall’agenda europea, dal modo europeo di affrontare. In realtà però non è sparito, dal momento che può tornare in qualsiasi momento” – spiega la Holland. “Quando ho intitolato il film Europa Europa, con il nome doppio, la gente mi ha chiesto il perché lo avessi fatto. Abbiamo girato il film nel 1989, un anno speciale per la storia europea, è caduto il muro di Berlino, c’era il movimento solidarnosc, e alcuni storici e politici dicevano che sarebbe stata la fine della storia e invece non è stato così.”
La Holland continua: “La vaccinazione dell’olocausto è sparita in un certo senso e oggi ci ritroviamo ad affrontare un futuro in cui può accadere di nuovo quello che abbiamo sperimentato in passato. L’Europa è il contenuto dei sogni, del paese della democrazia, della cultura, dei diritti umani, nello stesso tempo però è il continente in cui sono accaduti i peggiori crimini contro l’umanità, ed ecco il perché del titolo doppio Europa Europa. La situazione relativa ai migranti e ai rifugiati, che è cominciata nel 2014 -15 ad essere così rilevante, è una crisi, una sfida che darà forma alla crisi dell’Europa del futuro. Il film parla di qualcosa che sta accadendo al confine tra la Bielorussia e la Polonia, e che sfida i politici, le forze militari, guidate da politici stessi, i migranti, i rifugiati, e la gente del posto che abitano queste regioni. Abbiamo scelto un approccio etico, quello che mostra punti di vista diversi e che abbiamo avuto l’impressione che sia storia fondamentale che va catturata e vista nella sua complessità per dare voce a coloro che sono stati silenziati.”
A distanza di trent’anni da Europa Europa, arriva quindi il nuovo toccante lungometraggio di Agnieszka Holland, Green Borde, che apre gli occhi, parla al cuore e ci sfida a riflettere sulle scelte morali che ogni giorno persone comuni si trovano ad affrontare.
“Definirlo un film sui migranti o politico è riduttivo a seconda del punto di vista. Cercare di catturare la realtà, di arrivare al cuore della realtà e portare l’esperienza al pubblico, è la forza del film, le debolezze del cinema europeo, del film del futuro, di fiction, che non è abbastanza coinvolto nella narrativa del mondo di oggi” – dice la Holland. “In un certo senso ci hanno rimpiazzato le serie televisive più ambiziose, e adesso che questa stanno perdendo spazio, il cinema che deve riguadagnarlo, occupandosi della crisi climatica, dei rifugiati, dei politici fascisti e populisti che stanno rialzando la testa. Se i film non torneranno ad occuparsi di questi problemi perderanno la loro forza morale.”
“Se avete letto i grandi romanzi del 19esimo secolo di Dostoevskij, la natura umana è complessa e capace del meglio e del peggio. Tutto dipende da tante cose. Diversi dei miei film riguardano proprio questo, la guerra tra il bene e il male all’interno dell’essere umano, in Darkness il mio recente film, gli scienziati hanno tutti la stessa possibilità di essere buoni e cattivi, ci sono gli estremi quelli che sono degli psicopatici, e che provano soddisfazione e piacere nella violenza nei conflitti, nel fare cattiverie agli altri, e ci sono gli scrittori, i giusti delle nazioni che sono determinati dai geni della giustizia, e anche se questo va contro i loro interessi fondamentali a metà strada c’è il 99% della popolazione che è capace del meglio, come le guardie al confine tra Polonia e l’Ucraina e anche del peggio. Quanto questo potenziale viene utilizzato dalle autorità dai governi, dai politici, dalle chiese? Io ho parlato con alcune guardie al confine, ovviamente in segreto e in modo anonimo perché non volevano essere riconosciuti, e questa battaglia che hanno dentro era davanti ai nostri occhi finchè gli parlavamo. Volevamo che il film riflettesse semplicemente dove siamo oggi, di quanti conflitti e possibilità abbiamo.”
“Viviamo in un mondo polarizzato, i media sono polarizzati ed è difficile parlarne in generale. Credo che i media siano corrotti dal mercato. In Polonia ci sono dei media che seguono fin dall’inizio la situazione in modo onesto, ma subito dopo l’inizio della crisi il governo ha deciso di chiudere la zona di frontiera, e le organizzazioni umanitarie e alcuni politici dell’opposizione sono stati bloccati e non possono accedere a quella zona incubo in cui sono accadute cose terribili e non c’è modo di documentarle” – prosegue. “Il signore che governa il paese ha espresso i motivi di questa decisione, ovvero che gli americani hanno permesso ai media di andare in Vietnam e hanno perso la guerra. Si tratta di una dichiarazione cinica, stiamo facendo delle cose terribili lì ma non vogliamo che le immagini escano da quella zona. Ecco perché assieme alle altre due registi, abbiamo discusso di tutto fin dall’inizio, girato e collaborato in modo parallelo. Era impossibile per un documentarista e un giornalista andare li. Ma dovevamo fare un film per continuare a parlarne, e credo che i media debbano controllare le decisioni dei governi che limitano la nostra libertà.”
“Credo che l’Europa stia perdendo le sue convinzioni, e abbia paura. Le popolazioni, le socialità, le società hanno paura del cambiamento drastico nella nostra zona di comfort. I politici populisti utilizzano questo sempre in modo più efficiente, e anche i dittatori come Putin hanno capito benissimo la coscienza europea e utilizza queste debolezze per provocare le paure ha supporto dei governi populisti in modo sempre più efficiente. Temo che l’unione europea, che era figlia del risveglio di coscienza dopo la seconda guerra mondiale, abbia paura di affrontare nella giusta maniera la crisi dei migranti” – afferma la regista.
“Da una parte sanno che è un problema che continuerà a crescere, e i mezzi per affrontare l’emergenza sono inefficaci, e sanno che pagare dittatori africani o asiatici, perché si tengano i rifugiati nei loro territori in campo profughi non risolverà il problema. E’ un palliativo che mettono su una ferita aperta. Sanno che la catastrofe climatica continuerà a crescere, e che dobbiamo affrontare la sfida di decidere cosa fare, perché se continuerà ad andare avanti, l’Europa, continente della libertà, della democrazia e dei diritti umani sparirà, diventerà una fortezza in cui la gente che cercherà di entrare verrà uccisa da noi europei.” – conclude.
© Riproduzione Riservata
Emanuela Giuliani