M. Night Shyamalan arriva finalmente nelle sale cinematografiche con l’attesissimo crossover/sequel Glass, che rappresenta una conclusione degna e sorprendente di un percorso narrativo che capovolge la visione tradizionale dei supereroi. Questo capitolo finale della trilogia, iniziata nel 2000 con Unbreakable – Il Predestinato, non solo prosegue la storia dei suoi iconici personaggi, ma porta anche un’attenta e sottile analisi psicologica sulla figura dell’eroe, scomponendo e rivalutando il concetto di superpoteri, e scavando profondamente nella psiche umana in maniera cruda e senza filtri.
Un cammino particolarmente ben costruito, che inizia con Unbreakable, nel quale Bruce Willis interpreta David Dunn, una guardia giurata che, sopravvissuta a un devastante disastro ferroviario, scopre di possedere una forza e una invulnerabilità fuori dal comune. David, nel corso del film, si evolve nel “Vigilante/Protettore” della città di Philadelphia. Questo viaggio si è esteso, sedici anni dopo, con Split, un’opera che ha sconvolto il pubblico grazie alla performance eccezionale di James McAvoy, nei panni di Kevin Wendel Crumb, un uomo tormentato da 23 personalità, di cui la più inquietante è “La Bestia”, una figura mostruosa che trascende la psicologia per entrare nel regno del soprannaturale.
L’unione di queste due storie ha dato vita a un universo cinematografico che, pur radicandosi nella realtà, sfida costantemente i confini tra ciò che è concreto e ciò che è irreale. Glass continua su questa linea, portando lo spettatore a mettere in discussione le proprie certezze su ciò che è umano, normale e possibile. La narrazione, complessa e inquietante, guida il pubblico lungo un percorso che solleva dubbi esistenziali su chi siamo veramente. Le domande che emergono sono quelle legate alla nostra identità: ci stiamo davvero adattando alla nostra natura o siamo semplicemente vittime di illusioni create per fronteggiare le difficoltà della vita?
La storia si sviluppa in modo graduale, esplorando il conflitto interiore dei protagonisti, i quali sono rinchiusi in una clinica psicologica, dove vengono tenuti sotto sorveglianza per via dei loro poteri o disturbi mentali. La stanza bianca, dai toni rosati e rassicuranti, diventa il luogo del confronto psicologico tra i tre, che si trovano l’uno di fianco all’altro, ognuno con una visione di sé profondamente diversa. È in questo spazio sterile che la tensione esplode lentamente, fino a culminare in un clamoroso scontro finale, alimentato da rabbia e odio repressi.
La violenza del confronto finale è orchestrata abilmente nell’ombra da Elija Price, il misterioso “Uomo di Vetro”, interpretato da Samuel L. Jackson, un personaggio che, fin dal primo film, è stato la spina dorsale dell’intera saga. La sua fragilità fisica si contrappone alla sua intelligenza acuta e manipolatrice. Il suo intento, nascosto sotto strati di pianificazione meticolosa, giunge finalmente a compimento, quando rivela il suo ruolo centrale nell’intero arco narrativo. Come l’anello di congiunzione tra Unbreakable e Split, Elija possiede il sapere e la capacità di svelare la verità sulla natura dei protagonisti, rivelando il filo rosso che lega i vari eventi in un’angosciante rivelazione.
Glass è, dunque, un film che va oltre la semplice conclusione di una saga, raggiungendo un obiettivo ben più ambizioso: riflettere sul nostro concetto di eroismo e sulla lotta tra il bene e il male, non come entità esterne e immutabili, ma come forze psicologiche, profonde e devastanti. Come un iceberg, la trama cela la sua parte più cruda nelle profondità, facendo sì che ogni dettaglio emerga solo quando il pubblico è pronto ad affrontarlo. Questa trilogia, con il suo ritmo inquietante e i suoi personaggi complessi, si conferma una delle opere più originali e ambiziose della carriera di M. Night Shyamalan.
In conclusione, Glass non è solo una pellicola di supereroi, ma una riflessione sulla psicologia dell’individuo, sulla percezione di sé e sul confine tra realtà e fantasia. Concludere questa trilogia in modo tanto potente e inaspettato non solo soddisfa le aspettative, ma lascia anche un’impressione duratura, facendoci riflettere sulle implicazioni di un mondo in cui, forse, i veri “supereroi” non sono altro che persone come noi, intrappolate nella loro fragilità e nei loro conflitti interiori.
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Emanuela Giuliani
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