Nei cinema italiani dal 14 novembre: Giurato Numero 2, il legal drama diretto dall’inossidabile Clint Eastwood.
A distanza di circa 3 anni dalla tutt’altro che calorosa accoglienza del 2021 di Cry Macho – Ritorno a casa, adattamento dell’omonimo romanzo del 1975 di N. Richard Nash, l’inossidabile Clint Eastwood, giunto alla veneranda età di novantaquattro anni, torna sul grande schermo con un legal drama impeccabile. Dramma attraverso cui il pluripremiato premio Oscar non solo esplora l’oltremodo dubbia moralità umana, bensì denuda, senza mezzi termini, il difettoso intero intoccabile sistema giudiziario e costituzionale americano.
Nei cinema italiani dal 14 novembre distribuito da Warner Bros. Pictures, Giurato Numero 2, grazie ad all’acuta sceneggiatura scritta da Jonathan Abrams, e all’impareggiabile, lucida regia di Eastwood, supera, confonde e fonde il confine di verità, giustizia, colpevolezza e innocenza, costruendo e trasportando lo spettatore all’interno di un processo perfetto sia livello visivo visivamente che narrativo.
Giurato Numero 2, un un’unica via di uscita
In Giurato Numero 2, Justin Kemp, interpretato da Nicholas Hoult, giornalista del magazine locale, marito e con una figlia in arrivo, scelto per prestare servizio come giurato in un processo per omicidio si ritrova alle prese con un drammatico dilemma che potrebbe usare per influenzare il verdetto della giuria e potenzialmente condannare, o liberare, l’imputato Michael Sythe, dal volto di Gabriel Basso.
Il caso infatti apparentemente chiaro, vede Sythe accusato di aver ucciso intenzionalmente, dopo un litigio in un pub, la propria compagna, e di essersi liberato del corpo gettandolo in un fosso. Tuttavia, man mano che gli eventi della tragedia vengono snocciolati dall’accusa e dalla difesa, Kemp viene catapultato in un agghiacciante e reale déjà vu, e si rende conto che in realtà la verità è un’altra.
Ripercorrendo nella sua mente quella medesima sera da lui trascorsa nello stesso pub, Kemp prende tragicamente consapevolezza che tornando a casa, sconvolto da un dramma familiare e in preda alla tentazione di riprendere a bere essendo un ex alcolista, ciò che aveva colpito con la macchina non era un cervo come aveva fermamente ipotizzato, complice anche la pioggia battente e la poca visibilità, ma che quel tonfo secco altro non era che quella povera ragazza.
Una presa di coscienza da parte di Kemp devastante, con un’unica via di uscita: scagionare l’accusato non rivelando la propria colpevolezza.
Giurato Numero 2, la giustizia e la verità non esistono
Giurato Numero 2 è innegabilmente un film straordinario, meticolosamente curato in ogni dettaglio che non solo racconta, ma scuote, graffia, interroga. Eastwood costruisce un quadro intenso e teso, dove a dominare non sono solo le parole, ma soprattutto gli sguardi, i silenzi, le esitazioni, uno spazio sospeso, carico di tensione emotiva, che si insinua la paura più concreta e autentica: quella di dover scegliere tra ciò che è giusto e ciò che conviene, tra la verità e la sopravvivenza personale.
Il film si sviluppa come una danza nervosa attorno ai suoi protagonisti, ognuno fondamentale e al centro di un proprio microcosmo morale, dove non c’è un punto di vista privilegiato: la narrazione ruota e si scompone attraverso angolazioni differenti, lasciando emergere una presa di coscienza tanto difficile quanto inevitabile. Ed è proprio qui che Eastwood, con la sua regia asciutta e chirurgica, mette a nudo il sistema giudiziario e costituzionale statunitense, svelandone le crepe più profonde che non si limitano alla struttura legale, ma si allargano fino a intaccare l’etica individuale, l’egoismo, la paura, il compromesso.
La tensione cresce scena dopo scena come un cappio che stringe alla gola, con una costruzione narrativa che non lascia scampo, che coinvolge e travolge lo spettatore che entra in un incubo sociale dal quale è impossibile distaccarsi, perché tutto suona familiare, tragicamente vicino. La giuria non è altro che un microcosmo della nostra società: divisa, incerta, manipolabile. E noi, come spettatori, finiamo inevitabilmente per immedesimarci nei loro dilemmi.
Il cast è corale e impeccabile, Nicholas Hoult offre una prova intensa nei panni del tormentato giurato Justin Kemp, la cui evoluzione interiore è il cuore pulsante del film, al suo fianco, Zoey Deutch incarna con dolcezza e forza la moglie Ally, figura affettiva e morale. Toni Collette è imponente e fredda nel ruolo della pubblica accusa Faith Killebrew, mentre J.K. Simmons, nel ruolo dell’ex detective Harold, conferisce spessore e ambiguità a un personaggio carico di storia e ombre, Chris Messina, nei panni dell’avvocato Resnick, e Gabriel Basso, nel ruolo del presunto colpevole James Michael Sythe, completano un mosaico umano credibile, sfaccettato, lacerato.
Tutti sono pedine di una scacchiera emotiva pronta a implodere ed esplodere sotto il peso delle proprie contraddizioni. Clint Eastwood orchestra tutto con la consueta maestria, in un’opera che riflette le tensioni della nostra contemporaneità, dove giustizia e verità sono spesso concetti sfuggenti, sovrapposti, distorti.
Giurato Numero 2 non è solo un film da vedere: è un’esperienza da affrontare, una riflessione profonda sulla responsabilità individuale, sulla fragilità della verità, sulla giustizia come costruzione imperfetta attraverso cui Eastwood ci costringe a guardare dentro l’abisso – e, forse, a riconoscerci.
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Emanuela Giuliani
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