Girl, la recensione: la lotta per essere se stessi

La recensione di: Girl, il film diretto da Lukas Dont che ha lasciato il segno all’ultimo Festival del Cinema di Cannes.

Michelangelo ha sempre affermato con decisione che il compito di uno scultore fosse quello di riportare alla luce le forme già esistenti nella materia, togliendo semplicemente l’eccesso, ascoltando e rispondendo alla loro richiesta di aiuto. Questo principio artistico si trasforma in un’intensa metafora nel film “GIRL” di Lukas Dhont, dove la lotta per rivelare la propria essenza non avviene attraverso la pietra, ma nella carne e nelle ossa di una giovane ragazza che desidera disperatamente emergere nella sua autenticità.

Ma cosa accade quando l’involucro che imprigiona un’anima non è un blocco di marmo, bensì un corpo che non si riconosce come proprio? Cosa succede quando l’unica in grado di liberarla è la persona stessa che vi è intrappolata? Il risultato è un conflitto intimo, silenzioso, ma devastante: una battaglia senza vie di fuga, che impone di avanzare senza esitazioni verso la conquista della libertà interiore.

“GIRL” è il debutto alla regia del ventisettenne regista belga Lukas Dhont, ispirato a una storia vera, che ha lasciato il segno all’ultimo Festival di Cannes, aggiudicandosi premi di rilievo come la Camèra d’Or, il Fipresci e la Queer Palm. A rendere ancora più straordinaria l’opera è la performance di Victor Polster, giovane esordiente che, grazie a un’interpretazione intensa e commovente, ha ottenuto il premio come Miglior Attore nella sezione Un Certain Regard.

“Non voglio essere un esempio, voglio essere una ragazza!”

Questa frase pronunciata dalla protagonista, Lara, racchiude il cuore pulsante della pellicola. Lara è un’adolescente che si trasferisce con il padre Mathias (Arieh Worthalter) e il fratellino Milo (Oliver Bodart) in una nuova città per inseguire il suo sogno: diventare ballerina professionista in una prestigiosa scuola di danza. Tuttavia, il suo percorso si rivela ben più arduo di quello delle sue coetanee, poiché, oltre alla pressione della disciplina, Lara deve confrontarsi con una realtà ancor più profonda e dolorosa: il rifiuto del proprio corpo, che non riflette la sua vera identità.

La fisicità maschile, in totale opposizione alla sua natura femminile, diventa il centro del suo tormento. La disforia di genere si manifesta con un senso crescente di inadeguatezza, alimentato dalle insicurezze, dallo sguardo giudicante delle compagne di corso e dalla difficoltà di esprimere appieno la propria femminilità. Il suo disagio trova sfogo in un’intensità esasperata negli allenamenti, dove ogni passo di danza diventa un atto di lotta contro un corpo vissuto come una prigione. La sua ricerca di perfezione non è solo artistica, ma esistenziale: l’ideale di leggerezza, grazia ed eleganza tanto desiderato si trasforma in una ricerca dolorosa di una libertà che sembra sempre sfuggirle.

Dhont racconta questa storia con una delicatezza estrema, evitando eccessi retorici e pietismo. “GIRL” è un film che emoziona, commuove, travolge, sconvolge. Il regista adotta un linguaggio visivo intimo e sensibile, rendendo ogni inquadratura un frammento dell’anima di Lara. Non c’è spazio per la superficialità: ogni scelta narrativa e stilistica contribuisce a costruire un racconto di transizione non solo fisica, ma psicologica, intriso di coraggio e determinazione.

La pellicola affronta con estrema lucidità le difficoltà che una ragazza transgender può incontrare, dalla burocrazia dei percorsi medici al giudizio sociale, senza mai perdere di vista il cuore della narrazione: Lara non è un simbolo, né un manifesto. È semplicemente una ragazza che desidera essere se stessa. Il suo dolore, la sua speranza e la sua forza diventano universali, toccando corde profonde dello spettatore.

“GIRL” è un’opera che non lascia indifferenti, un viaggio nell’intimità di una battaglia silenziosa ma potentissima. Con un’attenzione maniacale ai dettagli e una narrazione che alterna momenti di dolcezza e brutalità, il film si impone come uno dei più intensi ritratti cinematografici della ricerca della propria identità. Un film necessario, che scuote, illumina e lascia il segno.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

8


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