La recensione di Finalmente l’Alba, il film di Saverio Costanzo presentato in concorso all’80esima Mostra del Cinema di Venezia
La diva affascinante bella e capricciosa, la giovane comparsa ammaliata dall’incanto del cinema e un contorno di stelle famose e provate dallo star system, maestranze indaffarate e parassiti dell’alta società in un contesto tanto affascinante quanto inquieto. Tutto questo è Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, presentato in concorso a Venezia 80 e al cinema dal 14 dicembre con 01 Distribution, un viaggio lungo una notte nell’Italia degli anni ’50, sospesa tra dolce vita e desiderio di rinascita dopo la devastazione della Seconda guerra mondiale.
Finalmente l’alba, sinossi
Roma 1953. È la notte prima dell’omicidio di Wilma Montesi. Una giovane ragazza romana di nome Mimosa, nata in una famiglia umile che desidera vederla sposata al più presto, si presenta negli studi di Cinecittà per ottenere un ruolo come comparsa nel film peplum sull’antico Egitto in cui recita la splendida diva di Hollywood Josephine Esperanto affiancata dall’affascinante Sean Lockwood. Mimosa sarà trascinata in una folle notte dai risvolti imprevedibili tra stelle del cinema e personaggi dell’alta società tanto facoltosi quanto perversi.
Finalmente l’alba, Il cast
Finalmente l’alba si avvale di un cast internazionale che vede star di spicco come Lily James (Downton Abbey, Ella), Joe Keery (Stranger Things), Alba Rohrwacher e Willem Dafoe, ma la vera protagonista del film è una giovane attrice esordiente, Rebecca Antonaci, che, con il suo sguardo limpido, ingenuo e al tempo stesso intenso e profondo, rappresenta la vera anima del film.
James è Josephine Esperanto, la classica diva degli anni ’50, bellissima, ammaliante e problematica, che per capriccio sceglie quasi per caso Mimosa come suo feticcio per l’ultima giornata di riprese del film. La vuole sul set davanti a sé durante le ultime riprese e la trascina poi in una notte sfrenata tra cene e feste, presentandola a personaggi famosi pronti ad approfittare di lei. Al suo fianco Joe Keery interpreta il bell’attore Sean Lockwood, di cui Mimosa si innamora, e con loro a fare da traghettatore notturno c’è un gallerista americano amico di Josephine, Rufus Priori (Willem Dafoe).
Dafoe, mentre accompagna l’inconsapevole Mimosa da una parte all’altra, rappresenta il mite e disponibile osservatore esterno delle follie di una società caotica, disorientata dalla propria stessa ricchezza e desiderosa di esercitare il proprio potere su tutto e su tutti.
Finalmente l’alba, il personaggio di Mimosa
Mimosa, tuttavia, non è vittima di un mondo sconosciuto, attraente e pericoloso. Sebbene nel suo viaggio appaia come una sorta di Alice in paese tanto meraviglioso quanto oscuro e perverso, la giovane ragazza ha in sé le risorse per riuscire a destreggiarsi con semplice spontaneità tra le insidie.
Il suo personaggio racconta le intenzioni del regista e sceneggiatore Costanzo, che colpito dalla vicenda dell’omicidio di Wilma Montesi desiderava dare un epilogo positivo ad una storia ancora oggi avvolta in un torbido mistero.
Così Mimosa diventa spettatrice e insieme inconsapevole protagonista di un contesto sociale scintillante ma dai risvolti nefasti e grazie proprio alla sua solida semplicità e al suo spirito privo di secondi fini riesce a salvarsi.
Finalmente l’alba, il contesto storico
Costanzo ricostruisce, negli ambienti e nei costumi, con perizia un’epoca che ancora oggi segna l’immaginario non solo italiano, ma mondiale. L’epoca dei film di Fellini e dei grandi colossal, della rinascita dopo la guerra, dell’esplosione del benessere borghese, ma anche gli anni dell’inizio di un certo decadimento morale, non tanto nei costumi, quanto nella mentalità e nella cultura che si lasciano corrompere da facili profitti, sfruttamenti e irrealizzabili sogni di fama di cui probabilmente Wilma Montese fu tra le prime vittime.
Al tempo stesso Finalmente L’alba è anche un sogno, molto reale, su quel cinema che passò dal neorealismo di Rossellini alle pellicole, sempre più oniriche, bizzarre eppure realistiche di Fellini.
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Vania Amitrano
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