L’attrice Lunetta Savino è stata la protagonista assoluta della prima serata del Festival del Cinema di Spello 2025.
Ospite d’Onore del 14esimo Festival del Cinema di Spello, l’attrice italiana Lunetta Savino è stata la protagonista assoluta della prima serata tenutasi nell’incantevole cornice del Teatro Subasio, in cui si è raccontata parlando in particolare del suo amore per il teatro.
“Per me è sempre un piacere entrare e conoscere nuovi teatri, e questo è un teatrino davvero delizioso e io ne giro tanti, conosco bene l’Italia e i nostri teatri che sono stupendi e mi sono innamorata proprio del teatro da spettatrice, perché da ragazzina, ma anche addirittura bambina, andavo con mia madre a teatro a Bari al Vicini, che è un bellissimo teatro, dove scoperto questo mondo magico, e che accadeva qualcosa sul palcoscenico messo in scena e raccontato dagli attori”, svela Lunetta Savino.
“Ovviamente ho visto spettacoli molto importanti, da L’opera da Tre Soldi di Strehler, a Mistero Buffo di Dario Fo, agli spettacoli di Carlo Cecchi, e ho cominciato a desiderare di stare da questa parte. Però il primo amore nasce da quella parte, cioè da spettatore, perché è lì che nasce la magia, perché tu assisti a un evento, a qualcosa che spesso quando è fatta bene emoziona, o diverte o commuove, e hai degli esseri viventi sopra il palco”, spiega l’amata attrice proseguendo.
“Questa cosa mi ha subito conquistato, ho capito che volevo stare da questa parte e ho iniziato la mia lunga gavetta, che è iniziata a scuola di teatro facendo alcuni spettacoli da professionista. Ma il mio primo spettacolo, se vogliamo importante, con il quale ho iniziato a capire cosa significava la vita del teatro è stato con Glau Mari che interpretava il protagonista Macbet. Io ero alle primissime armi e me stavo tutte le serie nascosta dietro le quinte, poi avevo le mie scene, facevo la prima strega, ma guardavo tutti i suoi monologhi, erano affascinantissimi e tu rubi, in un certo senso, rubi guardando gli altri attori con cui lavori. Fu una tournée lunghissima, girammo tutta l’Italia e girare l’Italia, fra l’altro, significa anche conoscere i posti dell’Italia. L’Italia è veramente è piena di cose meravigliose e la tournée ti permette di scoprire i luoghi, i posti, le bellezze del nostro paese”.
Parlando sempre del teatro, degli spettacoli e dei ruoli Lunetta Savino rivela quale tra questi occupa un posto particolare nel suo cuore e cosa la emoziona ancora oggi quando sta per entrare in scena.
“Ma sicuramente, uno spettacolo a cui sono legata è quello di ‘Casa di Bambola’ perché era una messa in scena di Ibsen, in chiave contemporanea, con una Nora bipolare, e considerando che la vera Nora di Ibsen non è una donna che vive alti e bassi, il regista qui aveva messo a fuoco soprattutto il suo malessere e il suo non sentirsi amata. Ho fatto un grosso lavoro di scavo nel personaggio per trovare questa chiave, che come attrice mi permetteva di far piangere e anche ridere, perché la follia, il disagio, il malessere, spesso e volentieri, spesso fa anche ridere”, dice la Savino.
“Quello è uno spettacolo a cui sono molto molto legata, così come anche ‘Tina fai presto’ che era un monologo. E fare un monologo è una sfida terribile perché sei solo, mentre il teatro è bello proprio perché si gioca insieme. Lì invece sei solo, devi combattere tutte le sere, affrontare il pubblico, sperare che non succeda niente e ricordarti la parte. E invece mi è successo una volta di avere improvvisamente un vuoto di memoria. Ero a Torino, mi sono fermata e ho detto: ‘Scusate, non mi ricordo più cosa devo dire’. Guardavo dietro le quinte perchè c’era la sarta che stava lì col copione, ma lei non aveva ancora capito che se io mi bloccavo doveva suggerirmi. Le era stato chiesto di farlo ma poverina non era il suo mestiere. Il pubblico ha applaudito perché è sempre dalla tua parte quando tu sei in difficoltà, e non bisogna pensare che da quella parte ci sono dei nemici che ti puntano, perché sono dalla tua parte, e forse rivelare anche una fragilità ti rende ancora più umano. Quindi sono andata a guardare un po’ il copione, ho visto dove mi ero fermato e ho ricominciato”.
“Quando invece sei insieme ad altri attori, può succedere che l’altro attore abbia un vuoto e lì tu devi essere pronta e presente. Questo è un insegnamento che sicuramente ho imparato anche dagli insegnanti, che mi hanno fatto capire che devi essere pronto e riuscire a risolvere un imprevisto, perché l’imprevisto ci può essere dal momento che si tratta di uno spettacolo dal vivo. In televisione e al cinema invece ci si ferma, si ricomincia da capo, ciack, stop, e lo rifai. L’esperienza del teatro in qualche modo però fortifica l’attore anche sul set, ti dà un qualcosa in più rispetto a chi invece esordisce sul set cinematografico televisivo e poi rimane lì”.
La Savino a tal proposito aggiunge. “Io dico sempre che la palestra vera è questa, è quella del teatro perché richiede più talenti, e non solo quello di saper recitare, ma anche di portare la voce agli attori giovani che non hanno proprio la tecnica, che per fare questo mestiere si deve avere, si deve padroneggiare, devi avere gli strumenti che poi affini e migliori andando avanti, con l’esperienza”.
Negli anni ’90 Lunetta Savino ha poi raggiunto una grande popolarità anche in televisione interpretando ruoli femminili sempre più impegnativi come Elena Sorrentino in “Raccontami” e Lucia Frisone ne “Il figlio della luna”, una madre combattiva che ha segnato la svolta della sua carriera televisiva e cinematografica anche in un genere più drammatico e che le ha permesso di dimostrare l’importanza di alternare dramma e leggerezza per rendere i personaggi più autentici.
Con grande affetto ha poi ricordato l’esperienza con Ferzan Özpetek e la loro collaborazione nei tre film, “Saturno contro” (2007), “Mine vaganti” (2010), fino ad arrivare a oggi con “Diamanti”. Un viaggio quello dall’attrice che si è concluso con un augurio e un consiglio ai più giovani a cui il Festival del Cinema Città di Spello dedica un’attenzione e una cura particolari:“Provateci, ricette non ce ne sono, è difficilissimo. Se avete questa grande passione, voglia, desiderio, è giusto che ci proviate. A me è servito studiare, prepararmi, fare la scuola di teatro e continuare a fare corsi anche dopo, quando avevo già un diploma, quando avevo già iniziato a lavorare, senza pensare mai di essere arrivati. So che è difficile, per iniziare ci vuole anche un po’ di fortuna e sicuramente ci vuole l’incontro giusto con i maestri. Serve anche imparare ad accettare il fallimento, serve cadere e imparare a rialzarsi”.
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Emanuela Giuliani