La recensione di American Animals, il film basato su eventi realmente accaduti, scritto e diretto da Bart Layton.
“American Animals” è un film che affonda le radici in una delle rapine più audaci e sorprendenti della storia americana, basata su eventi realmente accaduti. Diretto dall’inglese Bart Layton, già noto per il suo acclamato documentario “L’impostore – The Imposter”, questo film mescola abilmente elementi di realtà e finzione, offrendo al pubblico un’esperienza intensa, dinamica e piena di colpi di scena.
Nel cuore della storia ci sono Spencer e Warren, due giovani studenti dell’Università del Kentucky che, insoddisfatti della loro routine quotidiana, decidono di dare una svolta alla loro vita. Il loro piano? Rubare un rarissimo libro antico, custodito nella biblioteca universitaria senza troppe misure di sicurezza. Spinti dalla ricerca di un’avventura che rompa la monotonia, i due coinvolgono altri due amici, Eric e Chas, e insieme progettano minuziosamente il colpo. Ma, come spesso accade nelle storie di rapine, la realtà non si piega mai alle aspettative, e i quattro si troveranno ad affrontare una serie di imprevisti che li costringeranno a confrontarsi con la dura verità del crimine.
La pellicola si distingue per la sua narrazione dinamica e il ritmo incalzante, che tiene lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. La regia di Layton riesce a trasmettere non solo l’adrenalina del piano criminale, ma anche il disorientamento crescente dei protagonisti mentre si allontanano dalla realtà, sempre più attratti dalla fantasia di un “colpo perfetto”.
Il film si distingue anche per la sua audace struttura narrativa. Layton gioca con il confine tra documentario e finzione, alternando sequenze di fiction a interviste con i veri protagonisti della rapina, che all’epoca stavano ancora scontando la loro pena in prigione. La riflessione sulla generazione dei protagonisti è profonda e rivelatrice: questi ragazzi, cresciuti in un ambiente privilegiato, avevano la sensazione di meritare qualcosa di straordinario, qualcosa che li facesse sentire vivi e al di fuori dell’ordinario. In un mondo che offre poco spazio per esperienze significative, hanno deciso di crearne una dal nulla, convinti che la criminalità potesse essere la chiave per sfuggire alla banalità della vita quotidiana.
Dal punto di vista stilistico, la regia di Layton non si limita a raccontare una semplice storia di crimine. Sfrutta un mix di stili visivi, che passa dalla grammatica dei film di rapina tradizionali a una rappresentazione sempre più claustrofobica e sconvolgente della realtà, quando il piano dei protagonisti comincia a sgretolarsi. Il regista ha spiegato di aver voluto rendere la progressiva alienazione dei protagonisti dal mondo reale, un processo che culmina in un finale drammatico e imprevisto.
Sul piano tecnico, il film si avvale di un robusto lavoro di scenografia e fotografia. La complessità dello script, che richiedeva numerose location e un equilibrio tra i diversi piani temporali, è stata affrontata con grande competenza dal direttore della fotografia Ole Bratt Birkeland, che ha saputo mantenere coerenza stilistica e narrazione fluida. La sfida era grande, ma Birkeland ha saputo rispondere con un approccio visivo coinvolgente e adatto alla rapidità della trama.
A spiccare nel cast sono Barry Keoghan (già noto per “Il Sacrificio del Cervo Sacro”) ed Evan Peters (famoso per “X-Men” e “American Horror Story”), che interpretano i protagonisti Spencer e Warren con una grande intensità, restituendo al pubblico il senso di disillusione e la lotta interiore che segna la loro discesa nell’illegalità. I loro personaggi sono complessi, quasi tragicomici nella loro voglia di essere protagonisti di una storia che non appartiene loro, ma che finirà per travolgerli.
In conclusione, “American Animals” è un film che rinnova il genere della rapina, portandolo in territori inaspettati e riflessivi. La combinazione di una storia vera, una regia brillante e un cast di talenti rende questa pellicola una visione assolutamente da non perdere. Un racconto che non è solo un colpo da manuale, ma una riflessione sull’individualismo e sulla ricerca di un’esperienza di vita straordinaria, costi quel che costi.
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Emanuela Giuliani
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