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Eterno Visionario, la recensione del nuovo film Michele Placido

Alla 19esima Festa del Cinema di Roma, Michele Placido presenta: Eterno Visionario, in cui co racconta Luigi Pirandello.

Dopo aver presentato alla Festa del Cinema di Roma del 2022: L’ombra di Caravaggio, incentrato sul celebre artista geniale e ribelle Michelangelo Merisi, Michele Placido, alla sua quindicesima regia, torna alla 19esima edizione dell’evento capitolino con: Eterno Visionario, da lui anche scritto assieme a Toni Trupia e Matteo Collura, con quest’ultimo autore del libro: Il gioco delle parti, su cui il film si basa.

Il film arriverà nelle sale dal 7 novembre distribuito da 01 Distribution, in occasione del novantesimo anniversario del Premio Nobel che nel 1934 consacrò l’artista nell’Olimpo della letteratura mondiale, offrendo al pubblico un viaggio doloroso e tormentato sulla vita intima e privata di Luigi Pirandello, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, attraverso cui Placido ci racconta prima di tutto l’uomo e poi l’artista.

Dal sofferto rapporto con la disturbata moglie Antonietta, dal volto di Valeria Bruni Tedeschi, alle difficoltà nello stabilire un legame con i tre figli: Stefano, vestito da Giancarlo Commare, Lietta da Aurora Giovinazzo, e Fausto da Michelangelo Placido. Dalla ricerca di un teatro, per quanto scandaloso, controcorrente e troppo moderno per essere compreso e accettato dalla borghesia, in grado di fondere la vita e la propria infelicità con l’arte, all’amore impossibile e mai consumato con l’attrice, e sua musa, Marta Abba (Federica Luna Vincenti), dovuto soprattutto alla differenza di età, dal momento che quando si conobbero lui aveva 58 anni e lei 25.

immagine film eterno visionario

Eterno Visionario, con Michele Placido interprete di Saul Colin, agente e collaboratore di Pirandello, e la partecipazione straordinaria della star internazionale Ute Lemper, è un labirinto emotivo, contemporaneo e contradditorio, che coglie le logoranti angosce universali dell’uomo specchio delle attuali inquietudini dell’animo umano.

Afflizioni, passioni, ossessioni che Pirandello riversava nelle sue opere, e che Placido esplora mostrando momenti privati e pubblici non del tutto conosciuti, passando per Roma, i cabaret di Berlino, la Sicilia degli zolfatari, per giungere poi al premio Nobel a Stoccolma. Una profonda indagine onirica interiore, un percorso dalla marcata enfasi teatrale, che se da un lato racchiude ed esprime le fragilità crepuscolari dell’uomo e non dell’artista, che riflette sulla morte e sul suo lascito artistico, dall’altro risulta sopra le righe così come le atmosfere cariche e cupe, e il ritmo estremamente lento.

Aspetti questi che, nonostante alcune parentesi sceniche e narrative in cui Pirandello parla in macchina e quindi allo spettatore, ne penalizzano spesso la connessione empatica e il coinvolgimento, se aggiungiamo inoltre il mancato accento siciliano di Fabrizio Bentivoglio, ecco che Eterno Visionario finisce col non convincere affatto, risultando in conclusione un quadro non soddisfacente dai tratti più televisivi che cinematografici. Unici veri pregi, i costumi di Andrea Cavalletto e le scenografie di Tonino Zera, capaci di ricreare un’epoca dove ogni passo avanti verso la libertà di essere se stessi, aveva un peso ancora più grande.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

5


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