Elvis, la recensione: Un Tributo Visivo e Musicale alla Leggenda del Rock’n’Roll

La recensione del biopic di Baz Luhrmann: Elvis: Un Tributo Visivo e Musicale alla Leggenda del Rock’n’Roll.

Il cinema, la televisione e la musica sono mondi spesso dominati da leggende, storie e miti che ruotano attorno a personalità che hanno segnato e rivoluzionato le rispettive epoche. Tra queste figure, spicca senza dubbio Elvis Presley, il Re del Rock’n’Roll, la cui vita è stata caratterizzata da una fama travolgente e tormentata. La sua esistenza è stata segnata dal desiderio di successo, ma anche dalla difficoltà di gestire un mondo che, pur offrendo gloria, ha portato con sé il lato oscuro della fama. A raccontare questa storia in modo unico e personale è il regista Baz Luhrmann con il suo film Elvis, una visione vibrante e viscerale della vita del celebre cantante.

Il film, presentato Fuori Concorso al 75° Festival di Cannes, si concentra sul complesso rapporto tra Elvis Presley, interpretato magistralmente da Austin Butler, e il suo manager, il colonnello Tom Parker, che trova la sua voce in Tom Hanks. Luhrmann, noto per il suo stile visivo esuberante e il suo approccio stilistico eclettico, non si è risparmiato nel creare una rivisitazione kitsch e frenetica, dove la musica, protagonista assoluta del film, abbraccia sia i classici brani d’epoca sia le cover contemporanee. La musica diventa un elemento che trascina lo spettatore nel vortice di emozioni, mentre la storia prende forma tra momenti di trionfo e di autodistruzione.

Il film si sviluppa attraverso la lente di Parker, il quale funge da narratore della vicenda e da prisma attraverso cui osserviamo gli alti e bassi della carriera di Elvis. La pellicola esplora la loro relazione per vent’anni, dalle prime battute della sua carriera fino al successo internazionale che lo ha reso una delle icone più grandi della storia della musica.

Luhrmann mostra le dinamiche che si sono intrecciate tra i due, ma anche la crescente manipolazione di Parker, che ha visto in Elvis non solo una stella brillante, ma anche una fonte di guadagni, sfruttando la sua fame di successo e la sua vulnerabilità. La figura di Parker emerge come un vero e proprio villain, un personaggio ambiguo che, pur se truccato pesantemente, lascia emergere la sua natura subdola e dannosa per la vita dell’artista.

Il film ci porta a riflettere su quanto l’influenza di Parker abbia veramente plasmato la vita e la carriera di Elvis, impedendogli di esplorare il suo pieno potenziale e talento. Questo aspetto, tuttavia, resta un tema aperto e non del tutto risolto, lasciando spazio a perplessità e domande sulla reale portata della manipolazione. L’idea di Parker che giustifica la sua gestione del Re, dicendo che Elvis è stato sacrificato dall’amore per i suoi fan, anziché dallo sfruttamento fisico e mentale, offre un’altra chiave di lettura sulla fine prematura del cantante.

Tuttavia, Elvis non è solo un film sulla musica, ma anche un affresco sulla fragilità di un uomo che, dietro l’apparenza di una star immortale, nascondeva dubbi, paure e insicurezze. La pellicola, purtroppo, talvolta sacrifica una maggiore profondità emotiva in favore di un ritmo narrativo adrenalinico, che, pur coinvolgente, non sempre riesce a toccare nel profondo. La parte più intima e toccante della storia emerge solo nella seconda parte, quando viene esplorato il lato familiare di Elvis, in particolare il rapporto con Priscilla, sua moglie, che rappresenta un anello di continuità e amore in un mondo che lo stava consumando.

In conclusione, Elvis di Baz Luhrmann è un tributo cinematografico a un’icona della musica mondiale, un ritratto splendido e colorato che non manca di emozionare e coinvolgere. Tuttavia, la sua visione personale e stilisticamente esuberante tende a concentrarsi più sull’aspetto visivo e sull’impatto musicale che sull’introspezione emotiva, offrendo un angolo di osservazione diverso, ma non completamente esaustivo, della vita di Elvis Presley, non riuscendo a restituire tutta la complessità e la sofferenza di un uomo, divenuto leggenda, ma condannato a vivere una vita che, purtroppo, non è mai riuscito a controllare.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


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