La recensione del nuovo film Disney e Pixar: Elemental, nelle sale cinematografiche italiane dal 21 giugno 2023
In un momento in cui il cinema d’azione si ritrova in pieno fermento, Pixar realizza la sua ventiseiesima opera mirando all’essenzialità, alla naturalezza, alla semplicità di risultato ottenuta con uno sforzo creativo sempre ai massimi: con Elemental, il regista e storyboard artist Peter Sohn omaggia la sua famiglia di immigrati nel Bronx raccontando una toccante e simbolica storia d’amore.
Elemental: la trama
Nella metropoli cosmopolita di Element City convivono le creature dei quattro elementi naturali: Acqua, Aria, Terra e Fuoco. Proprio di quest’ultimo elemento è fatta l’incendiaria Ember, ironica e dal carattere di fuoco. Ember fa parte della grande ondata di immigranti che arrivano nella città e che non sono ben visti dalle altre comunità, preoccupate che il Popolo del Fuoco possa essere pericoloso per tutti gli altri, che possa far male se toccato e che possa distruggere tutto ciò che è stato costruito. Il motto di qualcuno è ciò che somiglia a uno slogan politico: “gli elementi non si mischiano”. Questo, però, verrà messo in discussione da Ember e dalla sua conoscenza con un mite ragazzo d’acqua di nome Wade, che fa l’idraulico e che l’ accompagna nella scoperta del multiculturale mondo di Element City, conducendola al di fuori del suo quartiere isolato.
Essenzialità come linea guida
A un primo sguardo, Elemental potrebbe sembrare il frutto di un’emulazione di Pixar o una copia sbiadita dei concetti su cui film come Inside Out, o Soul, oppure Onward, si sostengono, ma con una minore originalità e senso creativo. Nella città di Element City vivono, semplicemente, gli elementi naturali; il popolo del fuoco è, letteralmente, gente atta di fuoco che viene dalla “terra di fuoco”; persino Ember, che in inglese significa “brace”, possiede un nome che parla da sé e ne definisce non soltanto le caratteristiche estetiche e naturali, ma addirittura, e specialmente, i tratti attitudinali. Anche nel lavoro sul world-building, sulla scrittura di alcuni dialoghi, sulla definizione dei dettagli sul piano narrativo quanto sul piano dell’animazione vera e propria, sembra che Elemental punti tutto sulla soluzione dell’essenzialità, quasi ad arrendersi all’impossibilità di superare i confini tecnici e artistici posti in precedenza (dalla stessa Pixar).
L’universo generato e in cui si muovono i personaggi di Elemental, ma anche i suoi stessi protagonisti, dichiarano senza timore che il futuro del grande studio d’animazione volge il proprio sguardo all’immediatezza e all’accessibilità piuttosto che al progresso, con la consapevolezza che il rinnovamento può partire da una sperimentazione alla volta dell’economia di linguaggio e di messa in scena: così Ember e Wade, assieme a tutti gli abitanti della policroma metropoli degli elementi, risultano gli eroi senza dubbio più “cartoonish” nella storia Pixar, specialmente se contestualizzati nella linea evolutiva della casa di produzione. È una caratteristica identitaria, quella della semplicità, che appartiene al Peter Sohn de Il viaggio di Arlo, poiché precedentemente storyboard artist di punta che per Pixar aveva già concepito le immagini di Ratatouille (di cui fu anche animatore, come per Gli incredibili), Up e Wall-E, prima di vestire per la prima volta i panni del regista.
Il multiculturalismo dell’animazione
Ember è aeriforme, bidimensionale, definita da un tratto marcato che ne segna i confini rispetto allo sfondo su cui si muove e ne esalta la fisionomia con minimalismo, permettendole di distinguersi dagli altri personaggi mediante una chioma di fuoco che la rende, al tempo stesso, fusa al mondo circostante, a dispetto del volere (e qui l’aspetto politico della storia narrata) degli altri; Wade e il popolo dell’acqua sono invece contraddistinti da una maggiore tridimensionalità, in linea con la tradizione Pixar, che dà loro un corpo paradossalmente più solido.
Una tangibilità che condividono sia con il soffice popolo dei cieli (sostanzialmente nuvole) e con il poco presente e rilevante popolo della terra. Questo accumularsi di differenze sul piano grafico, rese attraverso diversi stili d’animazione e di disegno, rivela quale sia la funzione che la tecnica è chiamata a svolgere stavolta, ed è quella di riflettere il senso narrativo e concettuale dell’opera: la varietà, le differenze che vanno esaltate e mai nascoste, le diverse identità e la necessità (non solo, dunque, la possibilità) di coesistenza fra queste, ma invitando al miglioramento.
Elemental è, infatti, una storia d’amore commovente che si nutre dei tropi del romance e del sentimentalismo senza inciampare in facilonerie o svolte abusate nel genere, ma la storia è prima di tutto incanalata in un racconto che fa del monito contro l’intolleranza e il pregiudizio razziale la sua spinta motrice principale. Ne risulta una delicata ed emozionante favola interessata prima di tutto a sensibilizzare lo spettatore all’urgenza dell’empatia sociale: nel cuore di Elemental regna sovrano l’amore inteso come valore che diviene assoluto nel momento in cui condiviso, come messaggio in grado di essere letto e bisognoso di essere ricevuto.
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Federica Cremonini
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