Dungeons & Dragons - L'onore dei ladri: la recensione

Dungeons & Dragons: L’onore dei ladri, la recensione del film al cinema dal 29 marzo

Dungeons & Dragons: L’onore dei ladri, la recensione del film tratto dal videogioco nelle sale italiane al 29 marzo.

Non sempre sono stati ottimi i risultati con cui il cinema ha cercato di trasporre altri linguaggi, e quello del gioco è stato sicuramente il più ostico fra tutti. Non solo parlando di “videogioco” in senso stretto, bensì di “prodotto ludico” in senso ampio: come nel caso di Dungeons & Dragons, mitico gioco da tavolo che ha più di una volta cercato di trovare un pubblico anche nella sala con le trasposizioni di Courtney Solomon (nel 2000) e di Gerry Lively (nel 2005, con Dungeons & Dragons: Wrath of the Dragon God). Si pensava che i tentativi fossero giunti a un capolinea e si è progressivamente abbandonata del tutto l’idea di poter realizzare un buon film a partire da questo soggetto, perché forse non era possibile. Poi è arrivato Dungeons and Dragons: L’onore dei ladri, film scritto e diretto da Jonathan Goldstein e John Francis Daley. E per fortuna.

Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri: la trama

Gli Arpisti sono una corporazione incaricata di preservare l’ordine naturale fra il Bene e il Male. Eldgin ( Chris pine) ne è un membro, ma quando si rivela non così bravo nel conciliare i principi degli Arpisti con gli interessi personali viene praticamente scomunicato. Può comunque contare sulla famiglia, finché un imprevisto non cambia le cose. C’è però la barbara Holga (Michelle Rodriguez), mangiatrice di patate ed esiliata anche lei dalla rispettiva tribù, a riparare i cocci rotti della sua vita, imparando prima di tutto a crescere sua figlia Kira e diventando parte integrante della famiglia. 

Nel tentare di rimediare all’errore commesso in passato, che gli è costata una persona cara e la felicità, Holga ed Eldgin si uniscono a Simon (Justice Smith), a un mago in divenire e alla druida Doric (Sophia Lillis). L’obiettivo è quello di sconfiggere il non particolarmente potente Lord Forge Fitzwilliam ( Hugh Grant), che però  può contare su una forza ben maggiore della sua: quella della Maga Rossa Sofina (Daisy Head), che non si ferma dinanzi a nulla. Riusciranno i nostri eroi a recuperare Kira e salvarla dalle grinfie di Fitzwilliam? Soprattutto: sarà questa l’unica impresa che dovranno affrontare?

Un film debitore a tanti universi preesistenti

Dungeons & Dragons - L'onore dei ladri: la recensione

Era difficile recuperare e ricreare lo spirito di un gioco leggendario, il cui fascino risiede nell’abilità di unire in divertimento e cooperazione chiunque vi giocasse, in un sentimento condiviso di goliardia che a oggi ne impreziosisce il ricordo e lo rende un oggetto nostalgico custodito nella memoria di una generazione. Alla luce poi dei precedenti adattamenti che possono considerarsi fallimenti su tutta la linea, la notizia di un’ulteriore trasposizione di Dungeons & Dragons destava più di una preoccupazione fra adepti e cinefili. Era dunque fin da subito chiaro che il terzo film non poteva e non doveva fallire: quei Jonathan Ghost Stein e John Francis Daley di Game Night e Come ti rovino le vacanze possono ritenersi soddisfatti, perché hanno superato il test a pieni voti.

Per costruire il proprio universo, D&D innanzitutto parte dall’assunto che nulla può essere ideato nel mondo del fantasy, antico per definizione e esplorato in lungo e in largo anche nell’ambito cinematografico. Premesso ciò, con profonda consapevolezza e rispetto per la tradizione, ma con i piedi piantati nel cinema di oggi, gli archetipi della fiaba incontrano il world-building che è debitore agli itinerari e alle avventure eroiche di Peter Jackson, ma con un gusto per l’azione e per la resa visiva che trae ispirazione dal cinematic universe di casa Marvel spostando l’asticella un po’ più in alto.

Il fantasy e l’action si fondono in un film con il gusto per l’avventura

Se alle prove attoriali è affidato il compito dell’immedesimazione spettatoriale in personaggi inediti (il cast è in perfetta forma: la chimica fra Pine e Rodriguez è uno dei maggiori punti di forza del film), al lavoro puramente tecnico sugli effetti speciali e visivi va riconosciuta l’abilità nel rendere concreto e autentico un intero mondo immaginario, generato da capo. Impossibile non rimanere ipnotizzati dagli scontri, congegnate e coreografate con uno sguardo originale, citazionismo a palate (draghi sovrappeso che si muovono come i raptor di spielberghiana memoria) e chiarezza di messa in scena, con un gusto ritrovato per la tangibilità e la materialità degli ambienti, degli oggetti e dei corpi.

Assieme a un senso dell’umorismo che pervade dialoghi e svolte dal primo all’ultimo minuto, nonché a una gestione perfetta del ritmo di narrazione, è forse questo il maggior punto di forza di Dungeons & Dragons, arricchito da alcune intuizioni non da poco (tra le più belle c’è il labirinto finale, che richiama il primo capitolo della saga di Maze Runner, e ogni affascinante materializzazione della temibile Maga Rossa). Al netto di alcune pecche trascurabili e alcune indecisioni sul terzo atto, Dungeons and Dragons: L’onore dei ladri si rivela un prodotto mainstream in grado di tenere fede a ciò che promette: intrattenimento. E con grande rispetto per l’intelligenza del pubblico. 

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Federica Cremonini

Il Voto della Redazione:

7


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