La recensione di Dune – Parte Due, il grandioso sequel diretto da Denis Villeneuve nei cinema italiani dal 28 febbraio.
L’entusiasmo per l’arrivo nelle sale di Dune – Parte 2 è oramai alle stelle, così come le aspettative. Diretto come l’acclamata precedente prima parte, vincitrice nel 2021 di ben sei Premi Oscar®, da Denis Villeneuve, autore anche della sceneggiatura assieme a Jon Spaihts, questo secondo attesissimo capitolo, adattamento del celebre romanzo Dune di Frank Herbert, approderà nei cinema italiani il 28 febbraio distribuito da Warner Bros. Distribution, ripartendo esattamente là dove eravamo rimasti.
Dune – Parte 2, la continuità della storia
In Dune – Parte 1, abbiamo assistito all’inizio dell’epica avventura di Paul Atreides, un giovane brillante e talentuoso, nato con un grande destino che andava ben oltre la sua comprensione. Abbiamo viaggiato con lui verso Arrakis, il pianeta più pericoloso dell’universo per assicurare un futuro alla sua famiglia e alla sua gente, mentre forze maligne si fronteggiavano in un conflitto per assicurarsi il controllo esclusivo della più preziosa risorsa esistente: La Spezia, una materia prima capace di sbloccare il più grande potenziale dell’umanità.
Uno scontro brutale, che ha visto sopravvivere solo coloro che hanno avuto il coraggio di vincere le proprie paure, e che in un crescendo di emozioni, ha preparato in il terreno per un immaginario estremamente articolato e denso di legami, concetti e significati che Villneuve, a due anni e mezzo di distanza, fa esplodere con la visione e costruzione ancora più maestosa di Dune – Parte Due. Sequel che esplora il viaggio di Paul Atreides mentre si unisce a Chani e ai Fremen sul sentiero della vendetta contro i cospiratori che hanno distrutto la sua famiglia e che lo porrà di fronte alla scelta tra l’amore della sua vita e il destino dell’universo conosciuto, mente intraprende una missione per impedire un terribile futuro che solo lui è in grado di prevedere.
Dune – Parte Due, una grandiosità sentita e vissuta
Un immaginario, come detto, senza alcun dubbio ancor più grandioso quello portato sul grande schermo da Villeneuve con Dune – Parte Due, che scava a fondo e colpisce con una messa in scena impattante e una narrazione ricca di riflessioni e tematiche che toccano la realtà.
Dalla bramosia del potere, al clima, alla comprensione del senso proprio destino, che alla fine è nelle nostre mani e dipende dalle nostre scelte, alle differenze dei popoli, al potere femminile. Concetti e argomenti racchiusi e raccontati attraverso il tormento interiore del protagonista nuovamente dal volto di Timothée Chalamet, il quale conferma il proprio carisma e la propria versatilità nel riuscire ad incarnare personaggi totalmente differenti.
Dal giovane cioccolatiere Willy Wonka del recente prequel de la Fabbrica di Cioccolata: Wonka, all’introverso e complicato, guida, speranza, ribelle, leader, messia Paul Atreides, Chalamet osa e da ulteriormente prova del suo essere istrionico. Al suo fianco, in questo caso, ancora un altrettanto magistrale Zendaya nelle vesti della fremen Chani, al quale il regista, a differenza del romanzo, concede molto più spazio.
Una coppia di protagonisti perfetta quindi, cuore di una storia di amore e soprattutto di resistenza scandita dalle coinvolgenti scene di azione e dalla straordinaria colonna sonora di Hans Zimmer. Musiche forse vere protagoniste di questo secondo capitolo, che viaggiano in parallelo risuonando nella mente e sincronizzando il battito del cuore con esso rendendolo un tutt’uno. Elemento che spinge a chiedersi, se il film avrebbe avuto il medesimo impatto senza questi ritmi in grado di far vivere e sentire a pieno l’assenza di aria, la sabbia sotto i piedi che affondano ad ogni passo, i vermoni e le tempeste del deserto di Arrakis. Molto probabilmente no.
Dune – Parte Due, le madri e un cattivo che meritava di più
Decisamente più viscerale e strabiliante della prima parte, presentata in anteprima alla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Dune – Parte Due sicuramente compenserà la delusione della versione del 1984 di David Lynch, nonostante alcuni aspetti riportino alla mente L’impero colpisce ancora della saga di Guerre Stellari. E se tra i pregi, qui c’è anche l’emergere delle donne, delle madri delle Bene Gesserit, dal momento che sono loro ad avere il controllo con una magnifica Rebecca Ferguson dal potente mistico magnetismo, a stonare è lo spazio dedicato al Feyd-Rautha Harkonnen di Austin Butler, nipote minore ed erede del Barone Vladimir Harkonnen, crudele, traditore e astuto proprio come suo zio, il Barone Harkonnen di Stellan Skarsgard.
Una trasformazione ipnotica quella del candidato all’Oscar per il ruolo di Elvis Presley nel biopic Elvis di Buz Luhrmann, sia dal punto di vista estetico che interiore. Dalla voce, allo sguardo, alla mimica facciale alle movenze. Un antagonista spietato e freddo che ha lasciato un segno indelebile focalizzando l’attenzione, conquistando la scena e sovrastando, senza nulla togliere, la figura di Paul Artreides.
Villain come non se ne vedeva da tempo, superiore alla versione di Sting del sopracitato film di Lynch, e che per questo meritava più azione, visibilità e approfondimento. Un personaggio con il quale Villeneuve poteva ‘giocare’ concedendosi anche con lui qualche libertà, sfruttando il suo aspetto infantile, sadico e feroce. Attenzione mancata anche per le figure Florence Pugh e Léa Seydoux, di cui non vi sveliamo nulla, così come sul ruolo top-secret di Anya Taylor-Joy ma estremamente interessante e quanto pare fondamentale per il terzo ultimo capitolo.
Note negative che si sommano inoltre alla non spiegazione delle origini e del perché delle capacità di veggenza di Paul Artreides, e che potranno suscitare delle perplessità proprio ai fedeli del romanzo, a cui però bisogna riconoscere tutte le palesi difficoltà nell’adattarlo considerando l’intricata ricchezza della storia. Dune – Parte Dune in ogni caso, è un’opera che affascina, stupisce e ribadisce che l’irreale può diventare reale solo al cinema, equilibrio impeccabile tra il corale, l’individuale, lo spettacolo, l’intrattenimento e la riflessione, con più conflitti e una maggiore dinamicità.
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Emanuela Giuliani
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