DUE PICCOLI ITALIANI DI PAOLO SASSANELLI.
“La fine dei manicomi nel 1978 si deve a Franco Basaglia, ho pensato a lui e all’opera che realizzarono i pazienti reclusi allora nella struttura: Marco Cavallo, un grande cavallo azzurro, fatto di legno e cartapesta che conteneva idealmente tutti i desideri e i sogni dei ricoverati. Il problema sorse nel momento in cui doveva essere esposto, dal momento che nessuna delle porte dell’ospedale era così alta da permetterne l’uscita. Per i pazienti fu l’ennesima dimostrazione della loro chiusura forzata, ma la frustrazione durò poco. “QUESTO CAVALLO DEVE ANDARE FUORI” disse Basaglia con decisione, e così Marco Cavallo fu sbattuto con forza contro una delle porte, rompendo le vetrate e un architrave, uscendo ed infrangendo quel muro simbolico tra il “dentro” e il “fuori”.”
–Paolo Sassanelli –
“DUE PICCOLI ITALIANI”, primo lungometraggio di Paolo Sassanelli è il racconto del rocambolesco viaggio attraverso l’Europa di due amici, Salvatore (Francesco Colella) e Felice (Paolo Sassanelli), in fuga da un paesino della Puglia e dall’Istituto in cui il primo lavorava e l’altro era ricoverato, che si ritrovano catapultati prima a Rotterdam e poi in Islanda, scoprendo ed assaporando per la prima volta la libertà e felicità.
Un’avventura che permetterà loro, grazie anche all’aiuto di Anke (Rian Gerritsen), conosciuta nell’imprevista prima tappa olandese, di superare non solo i vari imprevisti e difficoltà bensì le proprie paure ed inibizioni, costruendosi quella seconda possibilità da sempre negata, sulla base di un’amicizia sempre più solida, con la concreta opportunità di provare finalmente la gioia di esistere, sentendo e ricevendo affetto e amore, avvolti da un’atipica, bizzarra, e al contempo, rassicurante atmosfera.
Tuttavia, nonostante i buoni propositi nel mostrare nell’affrontare e mostrare le fragilità nate dagli imprevisti traumi della vita e le emozioni di chi è escluso dalla società DUE PICCOLI ITALIANI è una pellicola che non convince rimanendo sospesa nel limbo dell’insoddisfazione, non riuscendo a coinvolgere emotivamente lo spettatore.
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