60349744_2352939924994364_3379468723067813888_n

Dolor y Gloria, la recensione: un viaggio intimo e riflessivo nel cuore di Pedro Almodóvar

La recensione: Dolor y Gloria, un viaggio intimo e riflessivo nel cuore di Pedro Almodóvar con Antonio Banderas.

In concorso al Festival di Cannes, attualmente in corso, Pedro Almodóvar arriva nelle sale cinematografiche italiane il 17 maggio con il suo nuovo film, “Dolor y Gloria”, che segna la chiusura di una trilogia iniziata ben trentadue anni fa con “La Legge del Desiderio” e “La Mala Educación”, tutte e tre caratterizzate dalla figura centrale di un regista cinematografico. Un tema che, nel tempo, Almodovar ha esplorato con una profondità unica, ma che in questo film raggiunge una dimensione ancora più intima e personale.

Il protagonista, Salvador Mallo, interpretato magistralmente da Antonio Banderas, è un veterano cineasta che ha perso il senso della vita. I numerosi disturbi fisici di cui soffre, tra cui una grave sofferenza psicosomatica, lo hanno portato a un blocco artistico, impedendogli di realizzare nuovi lavori. La sua vita, scandita da una miscela di farmaci e dalla dipendenza dall’eroina, è intrisa di una malinconica immobilità. La maggior parte della giornata è trascorsa in uno stato di semi-incoscienza, in cui la depressione diventa la sua compagnia di viaggio, costringendolo a ripercorrere e rivisitare la propria esistenza, ma con uno sguardo diverso, quasi distaccato.

Attraverso flashback che spaziano dalla sua infanzia negli anni ’60 a Paterna, in provincia di Valencia, fino ai suoi ultimi giorni, Almodóvar ci guida in un viaggio intimo nel passato di Salvador. La figura materna, interpretata prima da una giovane e affettuosa Penélope Cruz e poi da una Julieta Serrano più anziana e distaccata, rappresenta un pilastro fondamentale nel racconto della sua vita. Il conflitto con la madre si intreccia con il suo primo desiderio sessuale, vissuto all’età di nove anni, quando un giovane muratore (interpretato dal debuttante César Vicente) gli fa provare un’emozione tanto intensa da fargli perdere i sensi.

Il percorso di Salvador prosegue attraverso la sua esperienza d’amore mai dimenticata, vissuta da adulto nella Madrid degli anni ’80 con Federico, un rapporto che si interrompe bruscamente, ma che non smette mai di tormentare Salvador. L’incontro inaspettato tra i due, dopo trent’anni, avviene in un piccolo teatro, dove Salvador ha scritto un monologo che, quando letto da Federico, riaccende la memoria del loro amore passato. Un momento che diventa quasi un rito di esorcizzazione del dolore.

Il film si sviluppa come un percorso di riscatto emotivo e artistico, dove la scrittura diventa per Salvador l’unica terapia in grado di aiutarlo a superare il vuoto esistenziale che lo avvolge. Il cinema, che nella sua infanzia è stato proiettato su un muro bianco all’aperto, diventa il mezzo attraverso il quale Salvador trova la salvezza, cercando di raccontare la propria storia in un atto di liberazione dal suo personale baratro.

“Dolor y Gloria” è, in effetti, un’opera estremamente autobiografica, che Pedro Almodóvar compone con una maestria narrativa che mescola il pubblico e il privato, il ricordo e l’oblio, il dolore e la speranza. La sua capacità di fondere e intrecciare le memorie, di rappresentare la distanza temporale in modo così fluido e naturale, crea una narrazione avvolgente che colpisce lo spettatore con una forza emotiva straordinaria. Ogni ricordo di Salvador, ogni emozione, sembra essere trasmesso in modo palpabile, permettendo a chi guarda di assaporare e assimilare ogni sfumatura del suo tormento e della sua riflessione esistenziale.

Il film è un concentrato di dolceamara nostalgia che commuove e coinvolge, rendendo il pubblico partecipante alle vicende di Salvador come se fossero proprie. Almodóvar ci regala un ritratto potente, riflessivo, e delicato di sé stesso, fatto di luci e ombre, ma anche di una rinnovata forza creativa che emerge nel cuore del suo dolore. “Dolor y Gloria” è, senza dubbio, una delle sue opere più mature, un ritorno al cinema che incanta e sorprende, con una profondità rara e una capacità di emozionare che non smette mai di incantare.

Un’opera che non solo segna il ritorno di Almodóvar alla sua essenza più autentica, ma che, come sempre, restituisce allo spettatore l’immensa umanità di un autore capace di esplorare i recessi più intimi della vita con una sensibilità unica.

© Riproduzione Riservata

Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

8


Pubblicato

in

da

Tag: