La recensione di Django, la serie diretta da Francesca Comencini in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma 2022.
La serie “Django”, presentata in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma, segna una rilettura audace e contemporanea del leggendario western di Sergio Corbucci. Un’opera coraggiosa che si distacca dal passato pur mantenendo un legame profondo con la tradizione del genere. La coproduzione italo-francese, nata da un’idea di Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, è una fusione di elementi moderni e classici che esplora temi di rivolta, identità e la lotta contro il potere in un contesto di violenza e redenzione.
Ambientata nel Texas di fine 1800, la serie racconta la storia di Django, un uomo segnato dalla vendetta che si trova coinvolto in una battaglia ben più grande. All’interno di New Babylon, una città sospesa nel nulla, Django non solo cerca di vendicare la morte della sua famiglia, ma scopre che sua figlia Sarah è sopravvissuta e si trova nel bel mezzo di una nuova vita. La trama si sviluppa attorno a una serie di segreti oscuri e interconnessioni tra i personaggi, offrendo una riflessione sulle contraddizioni della nostra epoca. Un tema che emerge forte è la rappresentazione dell’antieroe e dei suoi conflitti interiori, in particolare attraverso la figura di Django, che, pur essendo in cerca di giustizia, deve affrontare le proprie fragilità affettive e le sfide di un mondo che sta cambiando.
Francesca Comencini, regista e direttrice artistica, ha dichiarato di essere stata ispirata dai western degli anni ’70, noti per i loro protagonisti ribelli e le storie di lotta contro il potere. Il suo approccio alla serie non è solo una rielaborazione estetica del genere, ma un tentativo di trasporre la stessa energia di rivolta dei film di un’epoca passata in un contesto contemporaneo. In questa nuova versione, però, c’è un accento particolare sulle donne e sulla complessità dei personaggi femminili, come quello interpretato da Noomi Rapace, che dà vita alla temibile antagonista Elizabeth Thurmann. Il suo personaggio si allontana dalle convenzioni tradizionali, presentando una villain dal profondo carisma che va oltre la semplice antitesi maschile, creando un contrasto affascinante con i protagonisti maschili.
La serie non intende dare risposte definitive, ma piuttosto esplorare le contraddizioni del nostro tempo. La figura di Elizabeth, così come quella di Django, mette in scena la tensione tra chi accoglie la diversità e chi la percepisce come una minaccia. Il progetto si confronta anche con la realtà storica post-guerra civile americana, una riflessione che rimanda alle questioni razziali ancora attuali. In tal senso, la serie si avvicina al “Django Unchained” di Quentin Tarantino, senza però cadere nel politicamente corretto, ma spingendo per una riflessione sulla difficoltà di integrazione e sulle sfide identitarie.
Le scelte estetiche, con la sceneggiatura che punta più sull’emozione dei personaggi che sulla mera spettacolarizzazione della violenza tipica del western, mostrano un’impronta europea che contrasta con la tradizione americana del genere. Questa differenza stilistica è evidente anche nei dialoghi e nelle interazioni tra i personaggi, che si soffermano più sulla psiche dei protagonisti che sulla coreografia delle azioni.
Le riprese, effettuate in Romania, tra Racos, Bucarest e l’area del Danubio, offrono paesaggi mozzafiato che fanno da sfondo alla città di New Babylon, un ambiente ostile e al tempo stesso affascinante, che diventa il palcoscenico ideale per raccontare storie di vendetta e redenzione.
Il cast di “Django” è uno degli aspetti più potenti della serie. Matthias Schoenaerts, nel ruolo del protagonista, porta sullo schermo un personaggio tormentato ma determinato, che lotta non solo per la vendetta, ma per una possibilità di riscatto personale. Al suo fianco, Nicholas Pinnock interpreta John Ellis, il fondatore visionario di New Babylon, mentre Lisa Vicari dà vita a Sarah, la figlia di Django, divisa tra il passato e il futuro che sta cercando di costruire. Noomi Rapace è un’interprete straordinaria nel ruolo della spietata Elizabeth Thurmann, un personaggio complesso che aggiunge profondità alla narrazione.
“Django” è una serie che riesce a intrecciare il fascino del western con una narrazione profondamente moderna e sensibile ai temi sociali. La regia di Francesca Comencini, la sceneggiatura di Fasoli e Ravagli, e le interpretazioni intense dei protagonisti creano un prodotto che non solo rende omaggio al classico di Corbucci, ma lo reinterpreta, portandolo in un contesto più attuale e universale. “Django” non è solo un racconto di vendetta, ma un’esplorazione delle contraddizioni del nostro tempo e dei destini che si intrecciano in un mondo diviso. La serie promette di essere una delle proposte più interessanti del 2023, con un cast solido e una narrazione capace di colpire emotivamente.
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Emanuela Giuliani
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