La recensione di Denti da Squalo, il film di David Gentile con Edoardo Pesce, Claudio Santamaria e Virginia Raffaele al cinema dall’8 giugno
Il coming of age è un genere che funziona e che piace ma che, per qualche ragione, è di rado (e ancora timidamente) esplorato nell’ambito del cinema italiano. La prima opera di Davide Gentile, Denti da Squalo, rappresenta un approccio peculiare alla storia di formazione, grazie alla sceneggiatura premio Solinas della coppia Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, e grazie al produttore artistico Gabriele Mainetti, che ne ha reso possibile la realizzazione.
Denti da squalo: la trama
La scuola è finita e l’estate appena cominciata. Walter (Tiziano Menichelli) ha tredici anni e vive assieme a sua madre Rita (Virginia Raffaele): per i due non è facile lasciarsi alle spalle il lutto, tuttora incolmabile, di Antonio (Claudio Santamaria), padre che ha perso la vita in un incidente sul lavoro. Walter passa le sue giornate nel vagheggiare in bicicletta per l’assolato litorale romano, finché un affascinante luogo, apparentemente disabitato, non cattura la sua attenzione: una grande villa con un giardino incolto e al centro una grandissima piscina. Né questa, che sotto la distesa di foglie cela una temibile sorpresa, e né la dimora sono luoghi incustoditi: ad abitare fra le mura della villa c’è infatti un ragazzo di nome Carlo (Stefano Rosci), di poco più grande di lui. Inizierà così l’avventura dei due ragazzi, che renderà la loro estate indimenticabile.
Un racconto di formazione ed elaborazione della perdita
Gabriele Mainetti, classe ’76, ha già avuto modo di dimostrare in veste di regista quanto il cinema italiano sia in grado di accordarsi alle tendenze mainstream preservando intatta quell’anima (negli ultimi anni sfruttata appieno anche nella serialità) interconnessa con la dimensione della criminalità. L’autore di Lo chiamavano Jeeg Robot, superhero movie italiano che cambia le regole (dopo Il ragazzo invisibile di Salvatores, dell’anno precedente), e di Freaks Out, opera co-scritta con Nicola Guaglianone, con un piede nel fumetto e l’altro nella pseudostoria, in qualità di produttore torna nel cinema fantastico. Lo fa con un racconto che della formazione ha il linguaggio, gli stilemi classici e i protagonisti, e che affida alle mani e allo sguardo di Davide Gentile, alla sua opera prima ma già autore del pluripremiato corto Food for Thought, l’avventura estiva di un tredicenne alle prese con l’elaborazione di un lutto.
I Denti da squalo sono quelli che aveva proprio suo padre, che ha perso la vita nel tentativo di salvare quella di un altro uomo, un collega: ma per Walter non è questa morte “da coglione” a rendere il papà uno squalo, quanto piuttosto ciò che era stato prima che sua madre lo costringesse a cambiare vita. Il personaggio interpretato da Santamaria è un’ombra che si aggira nell’esistenza del figlio in forma fantasmatica e di proiezione mentale, cercando di fornire risposte impossibili a domande che non ne avranno mai; nel frattempo, Rita (una Virginia Raffaele nell’inedita veste di attrice drammatica) prova a ristabilire un contatto con Walter, che però non tollera un’assenza così ingombrante e si fa sempre più distante da lei.
C’è proprio tutto ciò che si chiederebbe a un coming of age, ma quella di Gentile, di Cilio e di Leoncini è una storia che innesta elementi di fiaba nella realtà: come i Goonies e ai protagonisti di tutto il cinema a metà fra il fantastico e il realistico che ha segnato l’immaginario statunitense e internazionale, Denti da squalo prova a narrare il processo di formazione di un ragazzo colto nella transizione verso l’adolescenza, ma attraverso la perdita e il passaggio “di testimone” da un genitore all’altro.
La villa del Corsaro, enigmatica figura (incarnata da un efficace cameo di Edoardo Pesce) di re deposto della criminalità, è il luogo del passato e della stasi, della memoria: come per il suo squalo, che è stato costretto a lasciare il mare per vivere imprigionato in una piscina, resta solo il ricordo del predatore che fu quando era in grado di incutere timore agli altri. Il viaggio di Walter lo porterà ad abbandonare aspirazioni e sogni di emulazione del padre, per abbracciare totalmente un abbraccio materno in grado di spingerlo nelle acque della libertà.
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Federica Cremonini
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