Dark Night di Tim Sutton

L’inquietudine percepita dalla consapevolezza di poter essere in qualunque momento il bersaglio, e la vittima, di un individuo che agisce senza alcuna motivazione, definito folle,  o più semplicemente giudicato incapace di intendere e di volere e per questo spesso agevolato nella condanna, ottenendo la riduzione della pena da scontare in una struttura non adeguata alla gravità del crimine commesso. Pena che lascia per l’ennesima volta nello sgomento totale i familiari degli innocenti deceduti, distrutti da un dolore che giorno dopo giorno logora i loro animi come un tarlo, gettandoli nell’aberrante, deprimente sconforto della rabbia, suscitata dallo smarrimento di milioni quesiti che emergono in seguito all’incomprensibile, ed inumano, gesto.

Questa è la sensazione trasmessa, espressa, e rappresentata, nella pellicola Dark Night diretta da Tim Sutton, la quale si basa sul tragico evento, avvenuto il 20 luglio 2012, nel cinema Aurora in Colorado, in occasione della premier del film: Batman Dark Night Rises (Il Cavaliere Oscuro-Il Ritorno), quando il giovane ventiquattrenne James E. Holmes uccise 12 persone ferendone 70, e per cui ricevette 12 ergastoli.

Sguardo assente, animo alienato privo di coscienza, la movenza di un automa che vive chiuso nella sua bolla d’aria, in un mondo con regole e principi che esulano dalla conosciuta razionalità,  ma non per questo da considerare, e giustificare, come una mancanza psichica, che porta alla  luce la fragilità e la vulnerabilità umana, nei confronti di un nemico impossibile da individuare, poichè identificabile nel vicino di casa, nel compagno di banco o semplicemente nell’uomo o donna seduto accanto a noi nell’autobus, che alimenta la paura verso l’ignoto, ed il cui rischio è quello di spingere ognuno di noi a chiudersi, isolandosi nel tentativo di difenderci e salvarsi da un impercettibile spettro.

Dark Night, presentato alla 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella Sezioni Orizzonti  vincitore del Premio Lanterna Magica, non è la semplice e lineare trasposizione cinematografica dell’assurdo episodio, bensì è l’analisi introspettiva delle emozioni e dello scorrere della vita del carnefice e delle vittime nei giorni precedenti, il cui scopo è quello di far immedesimare lo spettatore in ognuno di loro, attraverso le immagini di vita quotidiana scandita dalle musiche intense dell’artista Maica Armata, raggiungendo, di conseguenza un risultato ampiamente soddisfacente.

 

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