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DAAAAAALI!, la recensione: è il più anarchico e divertente dei film di Venezia

Presentato Fuori Concorso alla Biennale, la commedia di Quentin Dupieux è un folle fantastico omaggio al grande artista

Se con Mandibules Dupieux aveva incantato per stile, narrazione a metà tra buddy movie e commedia grottesca, tra classico americano e stile francese, con DAAAAAALI! invece si mette al servizio di un film che più che narrare il geniale artista lo rappresenta, tra sogno e realtà, ironia e distruzione del mito, ci regala il film più folle di questa Venezia 80.

Un’intervista a Salvador Dalì impossibile da finire

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Una giovane e ambiziosa giornalista (Anaïs Demoustier) è in trepidazione per l’imminente arrivo nella sua camera d’albergo del grande Salvador Dalì, per un’intervista che spera possa lanciarne definitivamente la carriera agli occhi del suo editore (Romain Duris). Peccato però che questi si dimostri infastidito dal fatto che non ci sia alcuna telecamera a immortalare il momento, così l’intervista viene annullata e la ragazza deve inventarsi di volta in volta nuove scuse e idee con cui accarezzare l’ego di questo artista incontentabile e vanesio. Nel giro di poco tempo però, il progetto di quell’intervista diventerà una sorta di infinito loop, dove distinguere sogno e fantasia è impossibile.

Quentin Dupieux è matto come un cavallo, questo chiunque abbia visto i suoi film lo sa. Stavolta però con DAAAAAALI! si è veramente superato, ha preso Buñuel, lo stesso Dalì, ha shakerato il tutto e ottenuto un film che è la personificazione stessa dei principi semantici di Dalì, di ciò in cui lui credeva sempre e comunque.

DAAAAAALI! è prezioso, imprevedibile, spassoso in modo alquanto particolare perché pretende dal pubblico e lo maltratta, con un iter narrativo che dona e toglie certezze continuamente. Ma qui vi è soprattutto l’impegno costante da parte di Gilles Lellouche, Eduard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmai e Didier Flamand nel mettere in mostra ogni lato della natura superba, infantile, eccessiva e imprevedibile di Dalì, nelle varie fasi della sua età e della sua personalità. Il risultato finale è una sorta di cocktail elettrizzante e senza un vero centro, una vera struttura canonica, così come era del resto al tempo in cui il più famoso baffo del mondo dell’arte cesellava la sua opera con ogni mezzo e senza paura.

Un racconto assurdo e grottesco sull’uomo e le sue opere

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DAAAAAALI! sovverte ogni logica dall’iter narrativo, crea cortocircuiti semantici, se ne infischia di spazio e tempo, di base pare di essere preda di una magia che distrugge Spazio e Tempo. Il nutrito cast si alterna nei panni di lui, creando un crogiuolo di sfumature e caratteristiche, perfette nel far comprendere la mancanza di un percorso lineare nella sua vita, nel suo modo di concepire sé stesso e l’arte e la propria esistenza.

Tutto è ripetizione, tutto è differenza, tutto serve a Dupieux per parlare dell’artista e dell’arte, del loro ruolo in questo mondo, in questa società. Non vi è logica se non quella del gioco, del surrealismo, che dai quadri entra nella nostra storia con passo felpato. Difficile scegliere quali sia la migliore tra le maschere che si sono alternate nei panni di Poirot. Di base ci ricorda l’incomunicabilità e la mancanza di un vero ordine in ciò che è l’arte. Non è possibile comprenderla come non è possibile farne a meno. Difficile trovare una collocazione a ciò che Dupieux ci offre, se non che la reazione più naturale sarà incredulità e divertimento.

L’artista può essere opera d’arte? E cosa è l’arte? Cosa le rende tali? Tutte domande a cui non ci viene data risposta mentre si desacralizza Dalì e ciò che era per milioni di persone. L’arte o l’artista?

DAAAAAALI! Sceglie l’artista, senza indugi e tentennamenti. Film molto articolato anche visivamente con tante opere dedicate al maestro, questa commedia è un trionfo di gigionismo e ridicolaggine, articolate però in modo affettuoso verso il portatore di baffi. L’eterna ripetizione, il girone infernale dell’artista che ricomincia sempre per poi distanziarmi solo di poco e per finta. DI certo il film più matto e spericolato visto alla rassegna da molto tempo, una commedia che non è commedia, un film che non è un film.

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Giulio Zoppello

Il Voto della Redazione:

8


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