“Crimes of the Future” – Recensione: la chirurgia è il nuovo sesso
A distanza di 8 anni dal suo ultimo lavoro, “Maps to the Stars” del 2014, David Cronenberg torna sul grande schermo, nonché al genere body horror, di cui è considerato il padre cinematografico, come mostrato in: “Shivers”, (1975), “Rabid”, (1977), “The Brood” (1979), e “La mosca” (1989). “Crimes of the Future” è una nuova disturbante opera che prende il titolo dal suo precedente titolo del 1970 senza esserne però il remake.
Presentato allo scorso 75esimo Festival di Cannes, per “Crimes of the Future”, nelle sale italiane dal 24 agosto grazie a Lucky Red, Cronenberg, dopo “La promessa dell’assassino” (2004), “A History of Violence” (2005) e “A Dangerous Method” (2011), sceglie ancora una volta come protagonista Viggo Mortensen, al quale affianca Léa Seydoux e Kristen Stewart.
Un film sconvolgente e viscerale, che segna inoltre il ritorno dell’autore canadese all’esplorazione dell’evoluzione umana e del pianeta in relazione alla tecnologia. Una visione ovviamente fuori dagli schemi, che sfida il confine della fantascienza e della realtà attraverso l’estrema e cruda rielaborazione e sviluppo di temi attuali, con l’evoluzione sempre più vicina al sinonimo di involuzione.
In un futuro imprecisato, i disastrosi effetti dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici hanno modificato il corpo degli esseri umani, adesso in grado di non provare più dolore, se non nel sonno, e attuare continue mutazioni. A tal proposito, l’ex chirurga Caprice (Léa Seydoux) sfrutta la capacità del suo compagno Saul Tenser (Viggo Mortensen) di sviluppare nuovi organi, considerati da alcuni una sorta di tumori da altri un dono del progresso, per realizzare delle performance artistiche di rimozione chirurgica, in cui la coppia mostra pubblicamente la metamorfosi interna dell’uomo. Questi spettacoli d’avanguardia attirano l’attenzione di Timlin (Kristen Stewart), investigatrice del Registro Nazionale degli Organi, un’anagrafe dei nuovi organi, ma anche di un sospetto gruppo sovversivo il cui scopo è portare l’umanità al prossimo stadio evolutivo, e il cui sistema digestivo permette loro di ingerire e nutrirsi di plastica.
In “Crimes of the Future”, a dominare la scena è la spettacolarizzazione, la mercificazione e l’ostentazione della bellezza interiore, con i corpi, di giovani e adulti, vivisezionati, analizzati ed esibiti attraverso operazioni e autopsie il cui scopo è quello di dare vita a show di successo, in grado di appagare i sensi e soddisfare un variato istinto sessuale, se così si può definire. Un desiderio, una crescente ossessione nei confronti di tutto ciò che possa suscitare un’eccitazione o esaltazione, e che trae piacere dalla deturpazione del proprio corpo e dall’assistere a tali operazioni prive di filtri, frutto anche del rifiuto da parte dell’uomo della propria natura e che lo spinge a andare oltre ogni limite razionale, etico e morale.
“La chirurgia è il nuovo sesso”
Una distopica e, per alcuni aspetti, perversa estasi sensoriale, dove la tanto protetta, intima, impalpabile e profonda nobiltà dell’animo, viene volutamente trasferita in qualcosa di materiale e palpabile, così da essere brutalmente violentata nei valori ed esposta in bella mostra come carne su un banco di una macelleria, con la differenza di non poter essere acquistata bensì solo imitata ed emulata. Ed ecco così, che la progredita beltà interiore finisce con il condividere il medesimo posto occupato dalla superficiale esteriorità, spazzando via i confini che le aveva fin ora distinte, e permettendo ad un mondo scientifico, freddo e sintetico, di espandersi e controllare menti e corpi.
Un mondo che sottolinea la capacità autodistruttiva della società contemporanea, le cui conseguenze sono ben riflesse sull’inquietante, degenerato, e non così tanto improbabile, futuro immaginato e ritratto da Cronenberg, e su cui quest’ultimo invita a riflettere.
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Emanuela Giuliani
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