Confidenza, la recensione del nuovo film di Daniele Luchetti

La recensione di Confidenza, il nuovo film di Daniele Luchetti tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone, al cinema dal 24 aprile.

Daniele Luchetti dopo La Scuola e Lacci, con cui tra l’altro che ha aperto la 77esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, porta sul grande schermo ancora una volta un romanzo di Domenico Starnone: Confidenza, attraverso cui affronta e approfondisce ulteriormente le intime emotività umane che inevitabilmente influenzano l’esistenza e i legami di ogni persona, e in particolare ci offre il ritratto perfetto del maschio contemporaneo, ovvero un uomo in fuga dalle sue debolezze che può soltanto sperare di essere finalmente smascherato.

Scritto da Francesco Piccolo e Daniele Luchetti, e interpretato da Elio Germano, Federica Rosellini, Vittoria Puccini, Pilar Fogliati e Isabella Ferrari, con le musiche e brani originali di Thom Yorke, Confidenza è nei cinema dal 24 aprile con Vision Distribution.

Confidenza, la trama

scena confidenza

Al centro della scena Pietro Vella (Germano), un appassionato, attento sensibile e brillante professore di liceo, la cui particolare affinità con Teresa (Rosellini), la sua studentessa più brava, si trasformerà in una vera e propria relazione una volta terminato il quinto anno di studi. Una relazione la loro tuttavia che avrà una inaspettata svolta nel momento in cui i due decideranno di confidarsi un segreto scomodo, a dimostrazione della propria reciproca fiducia.

Ed è proprio da qui che Confidenza si sviluppa, dal momento che di cosa ha più vergogna Pietro: del segreto inconfessabile che racconta a Teresa, la donna che dice di amare, o della sua intera esistenza, costruita per sembrare migliore di quello che è? Teresa terrorizzata da quella rivelazione si allontana da Pietro, che a distanza di tempo si lega alla spesso eccessivamente emotiva Nadia Labaro (Puccini), sua collega e professoressa di matematica, e dalla cui unione nascerà Emma (vestita da adulta dalla Fogliati).

Ma Teresa tornerà di tanto in tanto a far visita a Pietro, continuando ad alimentare quello strano rapporto di co-dipendenza nonché la paura in lui che quel segreto possa essere rivelato e distruggergli la sua vita.

Confidenza, un circolo narrativo ripetitivo e sfiancante

scena confidenza

Dopo La scuola – un’opera a metà tra cinema e teatro, intima e collettiva al tempo stesso – e Lacci, che scavava tra le crepe di una vita familiare con tratti autobiografici, Daniele Luchetti torna a confrontarsi con la narrativa di Domenico Starnone, e con Confidenza, il regista prosegue la sua esplorazione del “materiale umano”, portando alle estreme conseguenze l’analisi delle ambiguità interiori, delle maschere sociali e delle tensioni psicologiche che abitano i suoi personaggi.

Il film affonda le mani in un universo fatto di silenzi eloquenti, paranoie sottili, incubi latenti, giochi di potere emotivi e una costante, corrosiva mania di controllo. A dominare la scena è un modello maschile profondamente viziato dal narcisismo e da un persistente senso di inadeguatezza, come se tutti i personaggi vivessero in uno stato perenne di sindrome dell’impostore. Una tossicità passivo-aggressiva che si propaga in ogni relazione, lasciando poco spazio all’empatia e al calore umano.

Luchetti costruisce così una narrazione dove le nevrosi si fanno protagoniste, e i personaggi – privati di autentiche vie di fuga – implodono sotto il peso delle proprie insicurezze. Maschere e finzioni si sovrappongono, evocando l’ombra lunga di Pirandello e quella scomposizione dell’io che rende instabile qualsiasi identità, e il segreto che incombe sulla trama, pur restando inviolato fino alla fine, non genera tensione ma ansia stagnante, alimentando un andamento narrativo circolare, quasi ossessivo, che finisce per logorare lo spettatore.

Il ritmo della narrazione soffre di una ripetitività estenuante, accentuata da dialoghi che, pur densi di sottotesti, risultano affrettati, meccanici, incapaci di creare un legame emotivo forte con lo spettatore. Il film si trascina verso la conclusione senza mai trovare un vero crescendo, perdendo così l’occasione di trasformare l’inquietudine in una riflessione più incisiva.

A salvare Confidenza da un bilancio del tutto negativo è un cast di altissimo livello. Elio Germano, come sempre, si conferma interprete straordinario, capace di dare corpo alle fragilità più nascoste del suo personaggio, ma è Federica Rosellini a sorprendere davvero: la sua Teresa è un personaggio spigoloso, istintivo, imprevedibile. Una figura che sfugge ai codici borghesi, capace di osservare la realtà con uno sguardo obliquo e inquieto, tra formule matematiche, creature simboliche e una sensualità intellettuale fuori dagli schemi. Il suo personaggio, però, non basta a compensare un impianto narrativo eccessivamente freddo e cerebrale. Confidenza è un film che riflette molto, ma comunica poco. La sua ambizione – quella di scandagliare i meandri dell’identità e della finzione – si scontra con un esito respingente, che lascia lo spettatore più esausto che coinvolto.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

5


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