Edoardo De Angelis assieme ai protagonisti a presentato alla stampa di Venezia 80: Comandante, film di apertura della mostra
Chiamato a sostituire Challengers di Luca Guadagnino, il cui debutto è slittato al 2024 a causa dell’attuale sciopero SAG-AFTRA che vieta agli attori di partecipare alle promozioni dei film in cui hanno recitato, nonché ad eventi e festival, Edoardo De Angelis con il suo: Comandante, ha dato il via all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Il regista e sceneggiatore partenopeo, approdato all’inizio del 2023 su Netflix con la serie La Vita Bugiarda degli Adulti, adattamento dell’omonimo celebre romanzo di Elena Ferrante, che torna alla regia di un lungometraggio per il grande schermo dopo Il Vizio della Speranza del 2018, con un’orgogliosa intensa storia vera tutta italiana.
“E’ un grande onore per noi aprire la Mostra. L’espressione ‘ Un uomo non è mai così forte come quando tende il braccio per aiutare qualcuno che è difficoltà’, è stata la scintilla che mi ha fatto desiderare di raccontare questa storia. Mi commuove l’idea della forza come la intendeva Salvatore Todaro, ovvero come la capacità di correre in soccorso di chi è più debole” – svela Edoardo De Angelis nel corso della press conference a Venezia 80. “Per me questo è l’uomo forte, ed ecco perché ho voluto raccontare la sua storia.”
“Quando ci siamo imbattuti in questa storia era il 2018, e l’abbiamo ascoltata dalle parole dell’Ammiraglio Pettorino che in occasione della celebrazione dei 123 anni della Guardia Costiera aveva l’esigenza di dare un’indicazione ai suoi uomini su come comportarsi in mare. Scelse la strada della parabola raccontando la storia di Salvatore Todaro, militare italiano che affondava il ferro nemico ma l’uomo lo salvava e a chi gli chiedeva come mai lui rispondeva: ‘lo facciamo perché siamo italiani’” – continua De Angelis. “Ho scambiato subito questo racconto con Pierpaolo Verga, poi ho incontrato la penna e la grande umanità di Sandro Veronesi ed è nato questo racconto secondo me emblema sia della forza che su cosa significa essere proprio italiani. Un concetto che negli ultimi anni è stato preso un po’ lateralmente. Penso che questa nazione sia un crogiolo meraviglioso e putrido, come citato anche nel libro e nel film, ma che questa sia la sua identità perché nasce da tutte le varietà possibili e immaginabili degli esseri umani, e questo significa essere italiani e anche andare in soccorso. Quando ho conosciuto Salvatore Todaro ho pensato che se questo significa essere italiani, allora io voglio essere italiano” – conclude. “Mi auguro che chiunque guardi questo film convenga se non altro sul fatto che esistono delle leggi eterne e immutabili come la legge del mare e che non vanno infrante. Mai.”
“Questa storia per me è stato il punto su cui sono riuscito a concentrarmi in un’estate difficile. L’estate in cui è scoppiato questo disonore, perché me si tratta di un disonore disattendere alle leggi del mare, di non soccorrere chi ha necessità” – spiega Sandro Veronesi. “C’era un clima piuttosto pesante e sprezzante, e la storia di Salvatore Todaro era la risposta perfetta, perché la storia del nostro paese, del nostro popolo, della civiltà del mediterraneo a cui noi apparteniamo è una storia di soccorsi. Era l’occasione di poter concretamente lavorare, facendo il proprio lavoro, e ridare l’onore che in quel momento stavano perdendo, al di la della connotazione politica” – prosegue Veronesi. “Una storia vera e col miracolo di avere a disposizione per puro caso e generosità della famiglia gli effetti personali di Todaro, la parte privata che ci ha dato la possibilità di ritrarre la persona nella maniera più corretta, e di capire tutto ciò che muoveva questo uomo, non soltanto quindi la sua parte militare e di combattente, era un marito molto tenero con ben chiare le priorità, aveva messo avanti il servire la patria davanti alla famiglia e si è sacrificato, aveva messo il rispetto delle regole del mare davanti al servire la patria.”
“Per il linguaggio è stata fatta una scelta, il veneto infatti acuisce un aspetto della storia e di questo personaggio molto importante” – dice Pierfrancesco volto del Comandante Todaro. “Sarebbe stato molto facile scegliere un modo di parlare più caldo, invece certe asprezze e monotonie della cadenza, che in qualche modo abbiamo regolato, consentono una strada più tortuosa di questo film. Io sono convinto che l’emozione che c’è in questo film, ed è tanta, non dipenda da una scena singola ma dipenda dal film. E’ facile incontrare storie in cui hai la scena madre. Il veneto è stata una nota molto importante nel personaggio per far si che l’ingresso in questa emotività non fosse scontato.”
Comandante, la storia vera
I fatti di Comandante scritto da Sandro Veronesi e Edoardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino, nel ruolo del Comandante Salvatore Todaro, leggendario eroe dei mari, affiancato da Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh e Silvia D’Amico, si svolgono all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.
Salvatore Todaro comanda il sommergibile Cappellini della Regia Marina alla sua maniera: prua rinforzata in acciaio per improbabili speronamenti, colpi di cannone sparati in emersione per affrontare faccia a faccia il nemico e un equipaggio armato di pugnale per impossibili corpo a corpo.
Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte si profila la sagoma di un mercantile che viaggia a luci spente, il Kabalo, che in seguito si scoprirà di nazionalità belga e che apre improvvisamente il fuoco contro il sommergibile e l’equipaggio italiano.
Scoppia una breve ma violenta battaglia nella quale Todaro affonda il mercantile a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini.
Quando il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle Azzorre, gli chiede perché si sia esposto a un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Perché noi siamo italiani”.
Per le riprese del film inoltre, è stato ricostruito in ogni dettaglio il sommergibile Cappellini del 1940, lungo 73metri per 70 tonnellate di acciaio, ricreato a partire dai progetti trovati nell’Ufficio Storico della Marina Militare. La sua realizzazione, in collaborazione con Cinecittà, ha coinvolto più di 100 professionisti fra ingegneri, costruttori e artigiani. I lavori sono durati 8 mesi e si sono conclusi con il varo all’interno del bacino dell’arsenale della Marina Militare.
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Emanuela Giuliani