La recensione di Challengers, il nuovo film di Luca Guadagnino con protagonisti Zendaya, Mike Faist e Josh O’Connor.
A causa dello sciopero SAG-AFTRA che ha paralizzato l’industria cinematografica hollywoodiana per gran parte del 2023, Challengers, il nuovo atteso film in lingua inglese di Luca Guadagnino, ha subito un inevitabile slittamento. Inizialmente previsto per il 2023 e designato come possibile apertura della 80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film ha visto la sua premiere mondiale rimandata a tempi più favorevoli, debuttando infine il 26 marzo 2024 a Sydney, e ora Challengers arriva anche nelle sale italiane il 24 aprile, distribuito da Warner Bros. Pictures, pronto a conquistare il pubblico con un triangolo amoroso tanto avvincente quanto destabilizzante, sullo sfondo di uno degli sport più solitari e psicologicamente intensi: il tennis.
Tennis come teatro dell’anima
Nel mondo di Guadagnino, il tennis non è solo uno sport: è un’arena esistenziale, un duello in cui ci si misura prima con se stessi e poi con l’altro. Il campo diventa così spazio simbolico di una tensione sottile e persistente, che travalica il mero confronto atletico per affondare nei meandri delle relazioni umane, ed è proprio su questo terreno che si sviluppa la storia di Challengers, scritta da Justin Kuritzkes: una sfida che intreccia passato e presente, desiderio e vendetta, gioco e manipolazione.
Protagonista assoluta è Zendaya nel ruolo di Tashi Duncan, ex prodigio del tennis costretta al ritiro a causa di un infortunio, che si reinventa come allenatrice inflessibile e carismatica. Accanto a lei, Mike Faist (Art Donaldson), suo marito e tennista in crisi, e Josh O’Connor (Patrick), ex fidanzato di Tashi e un tempo grande promessa del tennis ormai decaduta. Quando i due uomini si ritrovano a scontrarsi in un torneo minore, sotto gli occhi e la regia strategica di Tashi, la partita si carica di significati che vanno ben oltre la semplice vittoria sportiva: il match diventa un confronto aperto tra attrazione, rancori, desideri repressi e giochi di potere.
Un ménage à trois di potere e seduzione
Challengers è un film che vibra di tensioni carnali ed emotive, costruito con una regia minuziosa che fa del dettaglio il proprio linguaggio. Guadagnino orchestra i tre protagonisti come se fossero pedine su una scacchiera emotiva, muovendoli tra attrazioni pericolose, ambizioni frustrate e rivalità mascherate da sentimenti sopiti. Il rapporto a tre tra Tashi, Art e Patrick è al tempo stesso campo di battaglia e zona franca, dove ogni sorriso è una lama e ogni sguardo è un colpo teso al cuore.
La sensualità è palpabile, ma mai gratuita: è tensione più che sfogo, è promessa più che appagamento. E in questo senso, la direzione di Guadagnino riesce a rendere il tennis – spesso percepito come sport elegante ma distante – carico di erotismo, passione e fisicità, trasformandolo in una metafora perfetta dell’ambiguità dei sentimenti umani.
Visivamente ipnotico, Challengers è anche un esempio di regia musicale, sostenuta da una colonna sonora martellante firmata da Trent Reznor e Atticus Ross, un tappeto sonoro incalzante, a tratti quasi invasivo, che accompagna e amplifica i conflitti interiori e le dinamiche psicologiche tra i personaggi. Quella che per alcuni potrebbe risultare un’invasione sonora, è in realtà un elemento strutturale del film: un battito cardiaco costante che tiene lo spettatore incollato allo schermo, come se stesse seguendo un match ad alta tensione, col fiato sospeso e gli occhi che inseguono una pallina impossibile da fermare.
L’equilibrio tra ritmo narrativo e introspezione è uno degli aspetti più riusciti del film: Challengers è tanto un dramma sportivo quanto un thriller sentimentale, dove ogni decisione, ogni gesto, ha un peso psicologico e una conseguenza emotiva.
Con Challengers, Luca Guadagnino firma l’ennesima opera elegante, perturbante e intensamente fisica. Il tennis diventa un pretesto per raccontare l’umano, con le sue contraddizioni, le sue ossessioni e la sua costante fame di conferme e affermazioni. Zendaya regala una performance magnetica, Faist e O’Connor si muovono con precisione tra fragilità e vanità, e insieme compongono un triangolo narrativo di rara complessità emotiva.
Alla fine, Challengers ci ricorda che la vita è come una lunga, faticosa partita: si gioca punto dopo punto, contro un avversario che spesso è il riflesso di noi stessi, e il vero traguardo non è la vittoria, ma la sopravvivenza al gioco stesso, e se c’è un regista capace di rendere questo concetto visivamente esplosivo e profondamente umano, quello è senza dubbio Luca Guadagnino.
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Emanuela Giuliani
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