La recensione di Cento Domeniche, il nuovo film di Antonio Albanese presentato alla diciottesima Festa del Cinema di Roma.
Presentato alla Festa del Cinema di Roma, Cento Domeniche segna il ritorno di Antonio Albanese dietro la macchina da presa, in una veste che coniuga con maestria la regia, la scrittura e l’interpretazione. Il film, prodotto da Palomar Leo con la collaborazione di Vision Distribution (società del gruppo Sky) e Prime Video, si addentra in un dramma sociale contemporaneo di grande forza emotiva. Con una sceneggiatura curata insieme a Piero Guerrera, Albanese non solo racconta la discesa nell’abisso di un uomo onesto tradito dalla vita, ma esplora anche le sue sfumature più intime e dolorose, destando una riflessione profonda sul fallimento di un sistema che dovrebbe proteggere ma che, in realtà, calpesta.
La vita semplice di Antonio: un uomo che crede nel sistema
Il protagonista, interpretato dallo stesso Albanese, è Antonio, un ex operaio di cantiere nautico che vive una vita semplice e tranquilla. Gioia e serenità sembrano far parte della sua quotidianità: si prende cura della madre anziana, mantiene ottimi rapporti con la sua ex moglie e ha un legame molto speciale con Emilia, la sua amata figlia. Quando Emilia gli annuncia di voler sposarsi, Antonio vede finalmente la possibilità di regalarle il matrimonio che lei ha sempre sognato, utilizzando i risparmi accumulati nel corso della vita. Tuttavia, il suo sogno comincia a incrinarsi quando la banca in cui ha sempre avuto fiducia inizia a mostrare segnali strani. I dipendenti diventano sfuggenti, il direttore cambia di continuo e la situazione si fa sempre più oscura.
L’idea di un risparmio che sparisce e di un sogno che si sgretola inizia a prendere forma. Antonio si accorge troppo tardi che la banca che custodiva i suoi risparmi non solo ha rovinato il suo futuro, ma ha ingannato migliaia di clienti. Il film non è solo una denuncia sociale, ma anche un viaggio psicologico dentro la disperazione di un uomo che, passo dopo passo, perde la sua serenità, la sua dignità, e infine se stesso. La scoperta della truffa bancária getta Antonio in una spirale discendente che lo porta a una profonda depressione, con ripercussioni non solo su di lui, ma anche sui suoi rapporti familiari e sociali.
Albanese riesce, con grande maestria, a dipingere il ritratto di quest’uomo ordinario, ma straordinariamente profondo. La sua interpretazione è commovente e intensa, riuscendo a passare dalle note tragiche a quelle più sottili senza mai cadere nel melodramma. È un Antonio che appare come una persona per bene, tradito dalla vita e dalle scelte degli altri, un uomo che vede tutto ciò che ha costruito crollare sotto i colpi di un sistema che avrebbe dovuto proteggerlo. Nonostante il peso delle sue disillusioni, la figura di sua figlia, Emilia, rimane un faro nella sua vita, una luce che lo guida in un mondo altrimenti buio. L’amore per lei è l’unico legame che riesce a mantenere, mentre il resto delle sue relazioni si frantuma sotto il peso della disperazione.
Un dramma sociale che colpisce nel profondo
Cento Domeniche è un film che riesce a toccare corde emotive profonde, non solo grazie alla capacità attoriale di Albanese, ma anche alla sua regia che non lascia nulla al caso. La sceneggiatura è solida e ben costruita, e ogni personaggio, ogni dialogo, ogni silenzio è ben posizionato per raccontare una storia universale: la fiducia tradita e le sue devastanti conseguenze. Il film non cerca facili soluzioni o happy ending; piuttosto, ci presenta una realtà cruda, dove l’uomo è costretto ad affrontare le proprie debolezze e il fallimento del sistema in cui ha creduto.
La direzione artistica e la fotografia, anche grazie al lavoro di Maurizio Calvesi, sono impeccabili. Ogni inquadratura sembra voler catturare la solitudine del protagonista e il suo lento smarrimento. Le scelte musicali, pur minimali, aggiungono un ulteriore strato di intensità emotiva, accompagnando il percorso interiore di Antonio.
Cento Domeniche si distingue non solo per il suo contenuto, ma anche per la straordinaria capacità di Albanese di passare dal comico al tragico con una naturalezza disarmante. Questo film, lontano dalle sue consuete produzioni comiche, dimostra una maturità artistica che non solo arricchisce la sua carriera, ma offre al pubblico una riflessione profonda su temi universali come la fiducia, la speranza, e il dolore della perdita.
Un lavoro riuscito, capace di emozionare e far riflettere, che lascia un segno indelebile nello spettatore. Un film che ricorda a ciascuno di noi quanto sia fragile la nostra esistenza e quanto, spesso, il sistema in cui ci rifugiamo possa rivelarsi il nostro più grande nemico.
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Emanuela Giuliani
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