Takeshi Kitano arriva a Venezia 81 con: Broken Rage, una commedia che segna il suo ritorno al genere al demenziale.
Vincitore del Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1997 e del Leone d’Argento nel 2003, Takeshi Kitano, attore, regista, sceneggiatore, montatore, conduttore televisivo e comico giapponese, noto anche con lo pseudonimo di Beat Takeshi, torna al Lido per l’81ª edizione con Broken Rage. Il film, della durata di soli 62 minuti, segna il suo ritorno alla commedia demenziale, genere che aveva già esplorato con “Getting Any?” (Minnâ-yatteruka!) nel 1994, opera che egli stesso definì un ‘suicidio professionale’.
Broken Rage: una parodia irriverente del genere action
Broken Rage si presenta come una sequenza di gag comiche, strutturate in maniera simile a sketch televisivi. Seguendo una sceneggiatura semplice e lineare, Kitano ridicolizza il genere action con una comicità bizzarra, esilarante e dinamica. Il film è diviso in due parti ben distinte: la prima segue i canoni di un classico poliziesco noir, mentre la seconda li ribalta completamente trasformandoli in una parodia sfrenata.
Nella prima metà, la storia si svolge negli oscuri bassifondi della malavita giapponese. Il protagonista, un sicario noto come Topo, interpretato dallo stesso Kitano all’età di 77 anni, porta a termine con freddezza e precisione i compiti assegnatigli da un enigmatico committente identificato solo come ‘M’. Il suo percorso prende una svolta inaspettata quando viene arrestato dai detective Inoue e Fukuda, interpretati rispettivamente da Tadanobu Asano e Nao Omori. Per evitare la prigione, Topo accetta di collaborare con la polizia per incastrare il narcotrafficante Tashida, interpretato da Shido Nakamura, infiltrandosi nella sua organizzazione criminale.
Ma è la seconda parte del film a sorprendere il pubblico. Proprio quando lo spettatore si aspetta un seguito lineare della trama, Kitano sovverte ogni aspettativa e ricomincia la narrazione da capo, trasformandola in una farsa caricaturale. Ogni scena viene riproposta con toni esagerati, giocando con gli stereotipi del genere e con gli stessi codici del cinema action. A spezzare ulteriormente la narrazione, Kitano introduce due intermezzi comici: chat umoristiche in cui i personaggi coinvolti nella produzione del film si lamentano della sua brevità, del basso budget e della mancanza di scene spettacolari come inseguimenti e sparatorie. Questo metalinguaggio ironico non solo enfatizza la natura sperimentale dell’opera, ma rappresenta anche una riflessione sull’industria cinematografica contemporanea e sul ruolo delle piattaforme di streaming.
Un film pensato per lo streaming, ma accolto a Venezia
In conferenza stampa al Lido, Kitano ha rivelato che l’idea del film è nata su richiesta di Amazon per la distribuzione in streaming, e che quindi ha girato “a cuor leggero”, senza pensare alla proiezione sul grande schermo.
“Ho raccolto alcune idee che non riuscivo a realizzare per il cinema, ma non immaginavo di partecipare a un festival come questo. Ho il rimorso di non aver fatto qualcosa di meglio, forse dovevo lavorare più seriamente”, ha dichiarato Kitano con la sua consueta autoironia.
Broken Rage si distingue per la sua struttura anarchica e per il suo umorismo assurdo, che richiama il cinema slapstick dei primi del Novecento. La fisicità delle gag e la semplicità delle battute rimandano agli albori della commedia cinematografica, con chiari riferimenti ai lavori di Hal Roach, Mack Sennett, e icone come Stan Laurel, Oliver Hardy, Buster Keaton, Charlie Chaplin, Harold Lloyd e i fratelli Marx.
Nonostante le perplessità dello stesso Kitano riguardo alla durata del film e al suo carattere sperimentale, Broken Rage si rivela una commedia brillante e irresistibilmente divertente. Con il suo mix di parodia, satira e slapstick, il film riesce a far ridere di gusto e a conquistare il pubblico grazie alla sua assurdità consapevole. Un’opera che, pur non seguendo le regole convenzionali della narrazione cinematografica, si impone come un’esperienza fresca e fuori dagli schemi, ribadendo ancora una volta l’unicità e la genialità di Takeshi Kitano.
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Emanuela Giuliani
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