“Black Widow” – Recensione: non si può fuggire dal proprio passato
Con “Avengers: Endgame” che ha inesorabilmente sancito la conclusione dell’emozionante e ricco viaggio della Fase 3 dell’Universo Cinematografico Marvel, c’era grande apprensione sul nuovo percorso che i Marvel Studios si apprestavano ad intraprendere. Una curiosità che finalmente, dopo i numerosi rinvii causati dall’emergenza pandemica da Covid – 19, che, come ben si sa, ha costretto i circuiti cinematografici di tutto il mondo ad un forzato stop, e, di conseguenza, i vari studi a rivoluzionare e riprogrammare le uscite dei rispettivi titoli, sta per essere colmata.
Le sale infatti da tempo hanno riaperto le porte al pubblico e il 7 luglio approderà finalmente sui grandi schermi, e il 9 luglio sul servizio streaming di Disney+ con Accesso Premium, “Black Widow”, il 24esimo film Marvel dedicato interamente al personaggio di Natasha Romanoff/Vedova Nera, interpretato ovviamente da Scarlett Joahnsson, che darà ufficialmente il via alla Fase 4.
Diretto da Cate Shortland, scritto da Jac Schaeffer e Ned Benson, e prodotto da Kevin Feige, “Black Widow”, approfondirà la figura e la storia del personaggio della vendicatrice introdotto nel 2010 in “Iron Man 2”, e sacrificatosi eroicamente nel sopracitato “Avengers: Endgame”, facendo luce sul suo oltremodo sconosciuto passato familiare che tanto ha influito e condizionato la sua vita.
“Load up on guns, bring your friends
It’s fun to lose and to pretend
She’s over-bored and self-assured
Oh no, I know a dirty word..”
Ed ecco allora che sulle note della suggestiva cover di “Smell Like Teen Spirit” dei Nirvana la storia parte dal 1995 mostrando Natasha vivere in Russia assieme a quella che è stata la sua prima famiglia. Un nucleo adottivo composto da un padre, Alexei Shotstakov/Red Guardian, dal volto di David Harbour, e una madre, Melina Vostokoff, vestita da Rachel Weisz, ai quali Natasha e sua sorella Yelena, ovvero Florence Pugh, erano state assegnate dalla Stanza Rossa, l’organizzazione guidata da Dreykov, Ray Winstone, luogo di nascita delle Vedove Nere di tutto il mondo.
Un destino segnato al quale non si è potuta sottrarre, proprio come le migliaia ragazze, rapite, soggiogate mentalmente e scelte per essere trasformate in spietate killer. Un passato da cui però ora non vuole più sottrarsi, e così la storia passa agli eventi successivi a “Civil War” con l’ex spia sola ed in fuga dal governo dopo aver rifiutato gli accordi di Sokovia ed aiutato Steve Rogers/Captain America.
Ed è proprio da qui che l’avventura di “Black Widow” ha realmente inizio. Rifugiatasi in Norvegia grazie all’aiuto dell’amico Rick Mason, O.T. Fagbenle, Natasha si ritroverà di fronte Taskmaster, uno sconosciuto nemico in grado replicare alla perfezione i movimenti degli avengers ed inviato da Dreykov per ucciderla e recuperare qualcosa di estremamente prezioso di cui lei non sapeva neanche di essere in possesso. Una lotta adrenalinica in cui non mancano inseguimenti e colpi di scena che la porterà ad affrontare una volta per tutte il proprio passato, facendo luce sulle zone d’ombra delle sue vite precedenti inclusa la missione di Budapest, nominata per la prima volta nel 2012 in “The Avengers”.
Operazione tuttavia che avrebbe meritato una maggiore cura, ma la cui spiegazione di certo soddisferà a pieno gli appassionati come del resto l’intero prequel, una spy story coinvolgente in cui a spiccare è l’ironia di Red Guardian/Harbour, il prendersi gioco di Natasha/Johansson da parte di Yelena/Pugh e, soprattutto la famiglia.
Quel senso, concetto di famiglia che racchiude valori e principi da sempre anello mancante e punto debole della nostra protagonista, che sottolineano ancora una volta quanto sia importante avere fiducia in chi si è accanto. Legami la cui forza permette di credere in se stessi e lottare contro i propri mostri, con la consapevolezza di non essere soli. Unioni, in particolare femminili, fulcro di “Black Widow”, degna conclusione per uno dei personaggi più amati dell’MCU, in grado di spazzar via l’immagine di lupo solitario, se così si può dire, dall’amata vendicatrice.
“Prima di diventare un avenger avevo una famiglia, avevo dei conti in sospeso”
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Emanuela Giuliani
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