“Assassinio sul Nilo” – Recensione: Io sono Ercule Poirot, ho occhi che vedono e un cervello che pensa
Dopo numerosi rinvii a causa dell’emergenza pandemica, arriva finalmente nelle sale “Assassinio sul Nilo”, il nuovo adattamento del celebre romanzo classico del 1937 di Agatha Christie, scritto da Michael Green e diretto dal cinque volte candidato all’Academy Award Kenneth Branagh, ancora una volta nelle vesti del protagonista Hercule Poirot.
Come il precedente rifacimento del 2017 “Assassinio sull’Oriente Express”, guidato anch’esso da Branagh, si tratta di un mystery – thriller sul caos emotivo e sulle fatali conseguenze scatenate dall’amore ossessivo, che vedrà la vacanza in Egitto dell’astuto ed affascinante investigatore belga, a bordo di un elegante battello a vapore, trasformarsi in un inquietante ricerca di un assassino quando l’idilliaca luna di miele di una coppia verrà tragicamente interrotta.
“C’è una ragione se il cuore è l’organo attribuito all’amore, se smette di battere moriamo tutti”
Ambientata in uno scenario epico, caratterizzato da ampi panorami desertici e dalle maestose piramidi di Giza, questa drammatica storia di un amore finito male presenta un gruppo cosmopolita di viaggiatori dal look impeccabile, interpretati da: Tom Bateman, la quattro volte candidata all’Oscar Annette Bening, Russell Brand, Ali Fazal, Dawn French, Gal Gadot, Rose Leslie, Emma Mackey, Sophie Okonedo, Jennifer Saunders, Letitia Wright e Armie Hammer.
Quest’ultimo inoltre, recentemente travolto da una serie di polemiche e accuse di violenza mosse da alcune sue ex, e che lo hanno costretto ad abbandonare ogni progetto, presente e futuro, aveva fatto ipotizzare una possibile riprese, da parte della Disney, delle scene da lui girate come accaduto a Kevin Spacey in “Tutti i Soldi del Mondo” di Ridley Scott, sostituito da Christopher Plummer.
Una ripresa tuttavia poi non concretizzata, dal momento che lo studio non solo non ha sostituito il protagonista di “Chiamami col tuo nome”, bensì non ha tagliato e ridotto alcuna sua inquadratura, dato soprattutto l’importanza del ruolo da questo vestito.
Girato con cinepresa 65mm Panavision alla fine del 2019, Branagh con “Assassinio sul Nilo” trasporta il pubblico negli anni ‘30, ricreando molti dei luoghi che hanno ispirato l’affascinante thriller di Agatha Christie, e lo fa con il suo consueto stile con una messa in scena dall’innegabile e doveroso tocco teatrale raffinato ed elegante, dalle linee ed inquadrature pulite, ma dall’impatto visivo tutto sommato meno appariscente, se così si può dire, rispetto al precedente.
Un ritratto dai colori e dalle atmosfere calde, i cui rossi e sabbia mutano lasciando il posto ai freddi blu della notte e del mare man mano che ci si addentra nel giallo e alla conclusione. C’è un maggiore attenzione ma meno dinamismo, complice in buona parte la storia stessa che necessita di una differente cura, e con una narrazione fluida in cui ad emergere è l’intrigo, il tradimento dell’amicizia, l’inganno dell’amore e l’avidità dell’essere umano.
“Quando hai molto soldi nessuno ti è veramente amico”
Un rifacimento tuttavia, non particolarmente brillante, e la cui rappresentazione, per quanto come detto raffinata, manca di quell’originalità grazie al quale Branagh avrebbe potuto rendere davvero suo un racconto da tutti conosciuto, letto e visto, e quindi, di conseguenza, che allontana il pericolo dei tanto temuti, scomodi e giustamente odiati spoiler, così come una propria personale e ben distinta identità, come del resto ai personaggi.
Da Gal Gadot, volto della ricca ereditiera Linnet Ridgeway, la cui visione, se pur breve, nei panni di Cleopatra per invitare gli ospiti sul battello alla scoperta delle meraviglie dell’antico Egitto, e che per l’attrice ha rappresentato quasi una premonizione, considerando che dovrà interpretare l’iconica Regina nel biopic diretto Kari Skogland, annunciato dopo la realizzazione del progetto di Branagh, ad Emma Mackey in quello di Jacqueline de Bellefort, l’amante, e via via tutti gli altri, restano confinati nel loro spazio, privi di una qualsivoglia sfumatura in grado di colpire e permettere allo spettatore di entrare e stabilire una connessione con loro.
Personalità invece acquisita e data a Poirot. Branagh infatti fa emergere il lato emotivo e sentimentale del celebre meticoloso e perfezionista investigatore, attraverso il ricordo della sua amatissima e mai dimenticata Kathrine, il suo primo e unico amore. Un Poirot quindi che si lascia andare all’emozione e commozione del passato, ed al rammarico di ciò che poteva essere ed invece non è stato, mostrando un aspetto di se più morbido, umano e meno pragmatico, per poi tornare alla sua arguta natura calcolatrice e acuta nell’atto finale, mettendo a posto tutti i pezzi del puzzle e venendo così a capo dell’intero dramma, dalla visione piacevole ma spogliata in ogni caso del caratteristico, stimolante e appassionante coinvolgimento.
“Io sono Ercule Poirot, ho occhi che vedono e un cervello che pensa”
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Emanuela Giuliani
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