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Alien: Romulus, la recensione del film diretto da Fede Alvarez

Al cinema dal 14 agosto l’atteso: Alien: Romulus, il nuovo film della saga di cui vi presentiamo la recensione.

Diretto da Fede Alvarez, regista dietro la macchina da presa di La casa, Man in the Dark, e scritto da quest’ultimo assieme al suo frequente collaboratore Rodo Sayagues, sceneggiatore di L’uomo nel buio – Man in the Dark, e basato sui personaggi creati da Dan O’Bannon e Ronald Shusett, Alien: Romulus, arriva finalmente nelle sale cinematografiche italiane il 14 agosto distribuito da The Walt Disney Company.

L’horror-thriller targato 20th Century Studios, riporta alle origini il franchise di grande successo Alien, che occupa uno spazio iconico nella storia del cinema. Ambientato tra gli ultimi eventi di Alien, primo capitolo diretto da Ridley Scott, e del suo sequel: Aliens scontro finale, diretto da James Cameron, Alien: Romulus, classificato con un R-rating dalla MPA, il medesimo divieto dei precedenti film, racchiude tutti gli elementi crudi e realistici che ci hanno fatto innamorare della saga.

In Alien: Romulus, Rain Carradine, interpretata da Cailee Spaeny, già apprezzatissima nei recenti Priscilla di Sofia Coppola, e Civil War di Alex Garland, accetta di unirsi a un gruppo di giovani suoi amici assieme a suo fratello, il droide Andy dal volto di David Jonsson, andando via dalle colonie gestite dalla Wayland-Yutanu, dove regna la disumanizzazione e non esiste libertà, con la speranza di trovare un posto di vita migliore. Tuttavia, rovistando nelle profondità di una stazione spaziale abbandonata, per recuperare delle capsule per l’ipersonno, i giovani si troveranno faccia a faccia con la forma di vita più terrificante dell’universo.

Alien: Romulus, un ritorno alle origini che guarda al presente

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(L-R): Cailee Spaeny as Rain Carradine and David Jonsson as Andy in 20th Century Studios’ ALIEN: ROMULUS. Photo by Murray Close. © 2024 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Con Alien: Romulus, Fede Álvarez firma un ritorno tanto atteso quanto necessario alle origini della saga, riuscendo laddove altri, prima di lui, avevano solo sfiorato il potenziale dell’universo creato da Ridley Scott nel 1979. Questo settimo capitolo ufficiale — escludendo i due spin-off Alien vs. Predator — rappresenta un vero e proprio riscatto rispetto a quegli episodi che, pur firmati da nomi importanti come David Fincher (Alien 3), Jean-Pierre Jeunet (Alien: La Clonazione) e lo stesso Scott con Prometheus e Covenant, non erano riusciti a onorare pienamente l’eredità del capostipite.

Álvarez riesce in un’impresa delicata: non rivoluziona, ma ricostruisce. Romulus non ha l’ambizione di stravolgere la mitologia della saga, quanto piuttosto quella di riportarla alle sue radici più autentiche, riabbracciando atmosfere tese, claustrofobiche e visivamente suggestive, che sembravano ormai appartenere al passato. La pellicola si muove infatti su binari familiari, ma lo fa con un equilibrio raro, giocando con elementi classici come l’orrore viscerale, la minaccia aliena sempre incombente e un’ambientazione che diventa essa stessa protagonista.

Dal punto di vista tematico, Alien: Romulus presenta un ritratto coerente e ben calibrato delle paure e delle ossessioni già esplorate in passato, ma con uno sguardo moderno e attento. Dalla disumanizzazione delle colonie dove crescono i giovani protagonisti, al desiderio di riscatto e libertà, fino a temi ricorrenti come la genitorialità, la fecondazione forzata, l’incubazione e la manipolazione del corpo: tutto si intreccia con naturalezza, contribuendo a una narrazione compatta e coinvolgente.

Le sequenze più disturbanti del film non puntano tanto sullo spavento improvviso quanto sul disgusto e sul senso di oppressione, Álvarez sfrutta al meglio gli spazi chiusi e angusti, costruendo tensione attraverso la messa in scena e non solo tramite la creatura iconica e il risultato è un film che riesce a intrattenere e a inquietare, ma anche a suggerire nuove possibili direzioni per il futuro del franchise.

Alien: Romulus non è un punto d’arrivo, ma una solida ripartenza, non reinventa l’orrore nello spazio, ma lo rinnova con rispetto e consapevolezza e, così facendo, restituisce dignità a una saga che sembrava destinata a spegnersi lentamente, riaccendendo invece la speranza di un futuro ancora tutto da esplorare.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


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