Galveston, la recensione: il road movie esistenziale di Nic Pizzolato e Melanie Laurent

La recensione di Galveston, il road movie esistenziale firmato da Nic Pizzolato e Melanie Laurent con Elle Fanning.

Galveston, diretto da Mélanie Laurent, è un road movie che esplora temi maturi e riflette sul crepuscolo della vita. Tratto dal romanzo omonimo di Nic Pizzolatto, il film aveva tutte le premesse per essere un successo, ma purtroppo qualcosa non funziona, soprattutto nella gestione della trama e dei personaggi.

La storia ruota attorno a Roy Cady (Ben Foster), un criminale di New Orleans che, dopo aver ricevuto la notizia di un cancro terminale ai polmoni, vede la sua vita cambiare radicalmente. L’uomo è tradito dalla sua ex ragazza, Carmen (María Valverde), che lo ha lasciato per il suo capo Stan (Beau Bridges), un boss senza scrupoli che decide di liberarsi di Roy. Quando Roy viene coinvolto in un’imboscata ordita da Stan, riesce miracolosamente a salvarsi, ma il suo mondo sembra crollare. Durante la fuga, incontra Rocky (Elle Fanning), una giovane prostituta vittima di violenze. I due iniziano a viaggiare insieme, cercando una via di fuga, ma il passato continua a tormentare entrambi, e quella che doveva essere una salvezza si trasforma presto in una trappola senza uscita.

Il film si distingue per un tono decisamente nichilista e melanconico, con un contrasto tra i momenti di alta tensione e quelli più lenti, che esplorano il legame crescente tra Roy e Rocky. La regia di Laurent trasporta lo spettatore in un paesaggio fatto di motel fatiscenti, luci al neon, case modeste e personaggi isolati, rappresentando una realtà squallida e desolata. Le immagini sono forti e suggestive, ma il ritmo del film risulta spesso troppo irregolare, con l’alternanza tra scene di azione e momenti di riflessione che non sempre riescono a mantenere alta la tensione.

Il cuore del film sta nel contrasto tra i due protagonisti: Roy, un uomo stoico e arrabbiato, e Rocky, una giovane donna fragile ma determinata. La loro relazione si sviluppa tra momenti di tenerezza e conflitto, in cui Roy cerca di proteggere Rocky, mentre lei tenta di trovare un modo per sfuggire alla violenza che ha segnato la sua vita. Le differenze tra i loro caratteri si riflettono nelle loro battute: quelle di Roy sono secche e concrete, mentre quelle di Rocky sono più melodiose e sognanti. Questi contrasti arricchiscono la loro dinamica, ma, nonostante le ottime interpretazioni, la sceneggiatura non riesce a sfruttare appieno il potenziale dei personaggi, e la trama appare spesso prevedibile.

Ben Foster offre una performance solida e misurata nei panni di Roy, riuscendo a dare profondità al suo personaggio, che è tanto tormentato quanto determinato. Elle Fanning, sebbene emozionante, sembra un po’ fuori posto nel ruolo di Rocky, forse per la sua interpretazione troppo esplosiva, che a tratti risulta distante dalla delicatezza che il personaggio richiederebbe. Nonostante queste performance intense, la drammaturgia del film non riesce a svilupparsi in modo coerente. La tensione, che potrebbe essere il cuore pulsante del racconto, lentamente svanisce, e l’idea di una fuga senza meta, unita all’incontro con i demoni del passato, finisce per non portare a una conclusione soddisfacente.

A livello narrativo, Galveston affronta temi esistenziali come il rimorso, la solitudine e la redenzione, ma la componente crime, che potrebbe arricchire la storia, finisce per risultare marginale. Questo indebolisce l’effetto drammatico e rende il ritmo troppo frammentato. Il film avrebbe giovato di un respiro più ampio e più spazio per i personaggi, che avrebbero potuto evolversi più lentamente e con maggiore profondità nel contesto del viaggio.

In definitiva, Galveston è un’occasione sprecata. Nonostante un potenziale narrativo interessante, il film non riesce a raggiungere i suoi obiettivi. La struttura del racconto, che sembra promettere una grande tensione, finisce per essere penalizzata da un ritmo troppo spezzato e da un finale che spezza ogni suspense. Sebbene la regia di Mélanie Laurent, pur essendo alle prime armi, mostri una certa abilità nel gestire le atmosfere, la sceneggiatura non riesce a valorizzare appieno il materiale di partenza di Pizzolatto, risultando lacunosa e poco approfondita.

© Riproduzione Riservata

Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

6


Pubblicato

in

da

Tag: