A Complete Unknown, incontro stampa: l’importanza dell’umanità per il regista e i protagonisti

James Mangold e i protagonisti hanno raccontato alla stampa italiana la preparazione per A Complete Unknown.

In occasione dell’arrivo nelle sale italiane, il 23 gennaio, di A Complete Unknwon, il film biografico basato sul libro Il giorno che Bob Dylan prese la chitarra elettrica, edito in Italia da Vallardi, il regista e sceneggiatore James Mangold assieme al protagonista Timothée Chalamet, interprete dell’iconico cantautore Bob Dylan, e ai co-protagonisti Edward Norton, il quale veste i panni del cantante folk Pete Seeger, e di Monica Barbaro in quelli di Joan Baez, la cantante folk e attivista che eseguì il celebre brano Blowin’ in the Wind al Newport Folk Festival del 1965, è sbarcato nel bel paese per presentare a Roma l’atteso film.

Nel corso della conferenza stampa infatti, avvenuta dopo la proiezione in anteprima di A Complete Unknown, Mangold e le amate star hanno raccontato la preparazione e le difficoltà legate al dare vita ai rispettivi personaggi evitando di scivolare in banali imitazioni.

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“Nel film Timothée pronuncia una battuta che ho scritto io e dice che le persone ricordano solo quello che vogliono del passato”, svela Mangold. “Si parla di Dylan come un cantastorie e il compito di un regista, io credo, sia quello di mettere in discussione le affermazioni banali che vengono fatte nei confronti del soggetto dei film, realizzati da persone che sanno di essere di fronte a una macchina da presa. E dal momento che i biografi scelgono di raccontare cosa vogliono, enfatizzando i successi e lasciando fuori gli errori o i fallimenti, da narratore, dico che non esiste una verità assoluta su Dylan”, spiega il regista. “Dopo aver visto vari documentari e testimonianze contradditorie tra loro, abbiamo deciso così di raccontare le cose come sono accadute secondo un processo temporale, con le date precise dell’uscita dei dischi e dei concerti. Per quello che non si conosceva invece abbiamo cercato e trovato un nostro tono cinematografico, con le giuste sensazioni relative ai quegli eventi in grado di restituirne le vibrazioni, con la consapevolezza dell’impatto che culturale che queste avrebbero avuto”.

“Ovviamente volevo assolutamente che ci fosse una certa somiglianza esteriore con i personaggi, quindi nel muoversi, nel camminare, atteggiarsi, nella voce. Tutti loro hanno studiato e sono stati fondamentali i costumisti e i parrucchieri. Ma volevo che ci fosse la parte interiore e che questo non fosse ridotto dal lavoro sull’aspetto. Non dovevamo dimenticare che stavano facendo un film e non scrivere una pagina di Wikipedia”, prosegue Mangold. “Gli attori sono stati molto attenti e hanno fatto permesso che questo fiore crescesse in questa serra”.

Parlando di Bob Dylan. “Non ha mai voluto vedere il risultato finale del nostro lavoro, ci ha aiutato nel necessario e io rispetto la sua scelta. Spesso parlando con i giornalisti dei progetti si rischia di rovinare la magia che c’è nel processo, e quando realizzi il film successivo capita che hai la mente inquinata da quella possibile domanda fatta durante il tour promozionale e mantenere la mente pulita diventa una sfida. E Bob forse lo aveva capito prima di tutti”.

New York, 1961. Sullo sfondo di una vibrante scena musicale e di tumultuosi sconvolgimenti culturali, un enigmatico diciannovenne del Minnesota arriva con la sua chitarra e un talento rivoluzionario, destinato a cambiare il corso della musica americana. Durante l’ascesa verso la fama stringe rapporti profondi con le icone musicali del Greenwich Village, culminando in una performance innovativa e controversa che risuona in tutto il mondo.

ACU_PREMIERE_Rome_089
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“Ci sono voluti circa cinque anni e mezzo di preparazione, che mi hanno permesso di avere più tempo a disposizione per costruire e curare il personaggio”, dice Timothée Chalamet. “Tutti noi, incluso James (Mangold), che è seduto qui al mio fianco, ci siamo approcciati a questo set con la massima concentrazione e la cosa più interessante è che il risultato che abbiamo raggiunto come squadra e cast. Avevamo meno di tre mesi per essere Bob o Jean, e tutto il resto della vita per essere noi stessi così abbiamo dato il 150%. Personalmente ho vissuto le riprese davvero come Bob Dylan, e mi sono dedicato completamente a lui. E’ stato un processo che ha richiesto grande concentrazione e sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto”.

In merito al fatto se questo personaggio possa ispirare la sua generazione, Chalamet, che ridendo ha anche ammesso di attendere l’endorsement niente meno che di Francesco Totti, e di essere un tifoso romanista, ha spiegato.Sinceramente non lo so. Senza alcun dubbio Bob Dylan ha un grande impatto culturale anche oggi, e a distanza di decenni da quando interpretò per la prima volta le sue canzoni, a testimonianza dell’importanza delle sue composizioni. Tuttavia, considerando il cinismo della nostra epoca, mi chiedo come verrebbe accolto un cantautore, un’artista che si presentasse sulla scena con un messaggio politico così esplicito. E anche se qualcuno lo fa, credo che molti lo respingerebbero”.

ACU_PREMIERE_Rome_086
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A interpretare il cantante folk Pete Seeger è Edwatd Norton, e a proposito della sua esperienza nel tornare alle radici della cultura musicale americana nonché dell’aver imparato a suonare il banjo spiega. “Youtube è stato la mia salvezza, è sorprendente cosa c’è su Youtube. Se avessimo fatto film 20 anni mi sarebbe servito un anno di lavoro per riuscire a trovare tutto il materiale necessario. Ho persino trovato un video con Pete che suona in un bar di Berlino nel ’63. E’ incredibile cosa si può avere con questo strumento, l’ho ingerito come un vero pasto come postura e modo di muoversi. James (Mangold) poi è una sorta di psicoterapista e ci ha suggerito di abbandonare la storia e i personaggi in modo da capire il rapporto umano di un giovane che incontra il suo idolo, di due ragazzi che si innamorano, si ammirano, ma in competizione tra di loro, e di un artista con un sogno. Ci ha suggerito di metterci nei panni di una persona normale e così ci ha liberati permettendoci di lasciarci un po’ andare”.

ACU_PREMIERE_Rome_083
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Monica Barbaro infine è la cantante folk Joan Baez, e descrive così la sua preparazione. “Il pensiero e la responsabilità era sempre quella di cercare di restare fedeli e rendere onore al personaggio, ai fan e a coloro che conoscono Joan, così che potessero riconoscerla nei miei gesti, nelle parole e movimenti. La stessa Joan in una recente intervista, ha detto che quando si punta alla perfezione, si perde di vista il risultato artistico e per questo non bisogna privarci della nostra personalità. Durante tutta la preparazione abbiamo imparato a vivere la storia da persone normali, grazie anche alle indicazioni di James, che ci ha spinto a trovare la nostra umanità. Mi ha tirato fuori le insicurezze e diceva: ‘Smettila cazzo di raccontarmi cosa è successo, non sto scrivendo una pagina di Wikipedia, sto facendo un film!’”.

Prosegue e conclude. “Joan si è innamorata delle parole di Bob, della sua schiettezza e del fatto che puntava il dito sempre verso i problemi del loro tempo, e penso che la storia si stia ripetendo. Le loro canzoni non hanno tempo e, come mi ha fatto notare James all’inizio della lavorazione, si concentrano sull’ipocrisia umana. Per questo Blowin la loro musica come Blowin in the Win risuona ancora oggi”.

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Emanuela Giuliani


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