L’incontro stampa con Gabriele Muccino e il cast di A Casa Tutti Bene 2, la serie Sky Original che debutterà su Sky e NOW il 5 maggio
Dopo una prima stagione ricca di emozioni A casa tutti bene torna su Sky con la seconda stagione, diretta ancora una volta da Gabriele Muccino. La serie, tratta dall’omonimo film realizzato da Muccino nel 2018. Nel cast della serie ritroveremo Francesco Scianna, Silvia D’Amico e Simone Liberati, che in occasione della sua presentazione a Roma hanno risposto alle domande dei giornalisti in un incontro stampa.
Gli attori, presenti insieme a Gabriele Muccino, hanno parlato dell’esperienza sul set con il regista. Per Silvia D’Amico, che nella serie interpreta il personaggio di Sara, “la cosa più sorprendente di Gabriele è che ti porta a fare cose che nemmeno tu crederesti di riuscire a fare. Dopo aver lasciato Sara in una situazione devastante, [Muccino] ha creato situazioni di riscatto ed esperienziali che fanno parte in egual modo della storia e di noi attori”. Francesco Scianna, che nella serie veste i panni di Carlo, ha lavorato con il regista per oltre quattordicini anni. “È la mia storia d’amore più lunga ed è stato un viaggio incredibile”, afferma l’attore. “Quando ho ricevuto la stesura della seconda stagione ho avuto due settimane di turbamento importante. Non sapevo come il mio personaggio avrebbe affrontato, umanamente, gli eventi della stagione. Con Gabriele l’esperienza professionale diventa un dono di vita: è un regista di anime, che ti chiede di liberarti totalmente. È come quei cani che quando li porti a passeggio e poi li liberi dal guinzaglio cominciano a correre verso ogni direzione.”
La parola passa poi a Gabriele Muccino, che con A casa tutti bene è alla sua prima esperienza con la serialità televisiva. “Se ciò che giro non mi trasmette qualcosa, mi annoio e se mi annoio non sto facendo bene il mio lavoro. E devo anche trasmettere l’energia ai miei attori, perché se mi fanno vibrare so che sto facendo una cosa che ha un senso: cerco una vibrazione che si porti dentro il caos.” Riguardo il suo lavoro afferma: “Io ho tutto chiaro, nella mia testa, ma quel che accade dopo sul set supera la mia intenzione primaria e diventa qualcosa che è fuori controllo. C’è un perimetro molto chiaro al cui interno, però, le stratificazioni emotive sono molto spesse”.
Simone Liberati è Paolo, che nella prima stagione subisce un trauma non indifferente. “Per questo”, spiega l’attore, “[Paolo] proverà a riconquistare l’unica cosa che lo tiene in vita e che gli ha dato gioia: il figlio. Se nella prima stagione aveva cercato di riallacciare i rapporti con lui, qui pretende di riappropriarsi di qualcosa che vede come l’unica possibilità per vivere felice. Perciò decide di togliere il figlio alla madre, ciecamente, e vivrà una lotta legale atroce dal punto di vista psicologico ed emotivo. La cosa bella di Paolo, però, e di tutti i personaggi è che ha bisogno di amare per vivere, e di sentirsi libero. Il destino fa di tutto per impedirglielo. Nella sua ribellione c’è qualcosa di infinitamente puro. Nei personaggi non c’è solo l’umanità arrabbiata, in collera, che vuole ottenere risultati materiali: c’è un riscatto per gli esseri umani, perché tutti cercano la gioia. Su di noi attori tutto questo ha avuto un effetto lisergico. Quando le persone vedranno la serie ne usciranno trasformate: lo spettatore sarà portato a porsi domande”.
Dodici film all’attivo, di cui otto anche in veste di sceneggiatore, Muccino ha spesso fatto della ricerca della felicità il baricentro del suo cinema. Ora lo è anche nella sua televisione. “Nella mia carriera registica ho sempre scritto ciò che sentivo in me”, specifica il regista. “Non ho mai pensato di pormi al di sopra degli altri e narrare il luogo in cui si abitava in un certo periodo. Però sono permeabile: i ragazzi de L’ultimo bacio, film situato prima dell’11 settembre, e quelli di Ricordati di me, dopo l’11 settembre, sono diversi. I primi erano divoratori di vita, pronti a credere che la fuga fosse necessaria. Il film successivo, invece, rappresentava una famiglia in cui l’ipocrisia regna sovrana e in cui si cerca l’apparire più che l’essere, e questo rispecchia la paura dell’altro. Dopo il crollo delle Torri Gemelle siamo stati disarcionati dalla nostra capacità di esprimere le nostre emozioni. Quando prima eravamo violenti, potevamo scappare: ora, al contrario, combattiamo contro persone che non hanno un volto. È un momento molto tragico per la storia dell’uomo, senza precedenti. Le guerre ci sono da sempre, famiglie sono sempre state disfunzionali e le colpe dei padri sono sempre ricadute sui figli: oggi però l’uso dei social ha creato una disfunzione negli adolescenti e un baratro. Siamo in un momento storicamente molto scuro. Non ci sono sogni rivoluzionari, ideali come quelli che hanno mosso gli anni settanta: è tutto molto “backwards”, proiettato a ritroso. Per questo c’è un revisionismo tangibile”.
Con A casa tutti bene, e con la sua seconda stagione, il regista prova a cimentarsi in una materia a lui nuova. “Ho sempre cercato di narrare quanto sia difficile stare al mondo, ma non avevo mai avuto il coraggio di entrare in quella zona scura che è propria dell’essere umano: il momento in cui per salvarti uccidi un’altra persona” afferma Muccino. “Come l’amore, quella cosa è insita nella natura dell’uomo. Noi siamo cresciuti sulle tracce di sangue lasciate da chi ci ha preceduto nella storia. Basti considerare lo spazio temporale fra la prima e la seconda guerra mondiale: dopo appena quindici anni si è tornati a combattere”. Per il regista esiste un’opportunità senza pari messa a disposizione dalla televisione. “Io volevo entrare nell’abisso dell’uomo e la tv può consentirlo: con la televisione non pensi all’uscita del film, al dover portare la gente in sala, a convincerla a investire tempo e denaro nella visione di un film in sala. Sottratta la paura di questo e del box-office, ho accolto anche una parte di me che vuole esplorare l’animo umano e dire cose spiacevoli e provocatorie sul piano morale”.
Per Muccino “non esistono famiglie davvero felici. Ho letto libri e visto tanti film, ho vissuto tante vite sia reali che facendo film, incontrando tante persone e innamorandomi di nuovi personaggi. Questo evidentemente mi ha fatto desumere che le famiglie felici, forse, non esistono”. Il pessimismo sui rapporti umani e sul momento storico in cui vive porta poi il regista a riflettere sul futuro che ci attende. “Da Cameron a Scott, nelle grandi storie di fantascienza e non solo al cinema il futuro prossimo è stato elaborato. Conosciamo il luogo dove andiamo a finire, ed è un luogo di solitudine e competizione fra l’uomo e la macchina che ha creato. Quello sarà il momento di non ritorno: quando la macchina sfiderà l’uomo”. Ma il conflitto espresso sul piano morale, nella sua serie, è di tutt’altra natura e non per questo meno serio. “Io non volevo lucidare le bambole impolverate. Quel che ho chiesto agli attori è stato che il personaggio fosse consapevole della propria condizione. Questo permette allo sconfitto di essere un antieroe, come nella migliore commedia all’italiana. Abbiamo visto tanti antieroi, da Sordi a Gassman e tantissimi altri personaggi del cinema italiano: ma l’antieroe, per essere tale, deve essere consapevole della propria condizione di sconfitto. La consapevolezza della propria condizione di miseria è fattore principale affinché l’antieroe non sia respingente”.
Prende la parola Silvia D’Amico, che aggiunge: “Gabriele è stato come un burattinaio: ha preso gli attori, spogliandoli di pregiudizi e giudizi, o anche di empatia rispetto ai personaggi. Poi ci ha permesso di essere quelle cose lì, rendendoci addirittura più umani degli umani.” Secondo Francesco Scianna, a proposito dell’umanità espressa dai personaggi della serie, “ciò che accade è la purezza della lotta. Si prova empatia perché il personaggio fallisce, ma fallisce cercando il bene. Ci si riconosce e ci s’immedesima nelle sue difficoltà e si lotta con lui. Tutti ci riconosciamo nelle loro battaglie, come spettatori”.
A chiudere l’incontro, Muccino spiega il suo punto di vista sulle conseguenze della pandemia da COVID-19 e su ciò che ha comportato nelle vite di tutti. “Nella nostra generazione non c’era mai stata una cosa simile”, spiega il regista. “La capacità di adattamento dell’uomo è sorprendente: non siamo più tornati all’anno duemila dopo l’11 settembre, bensì ne siamo usciti trasformati. Questi anni scuri c’impatteranno: non c’è stata solo una pandemia, ma una pandemia nel periodo dei social: il senso virtuale, le chat con gli sconosciuti, lo scollamento dalla fisicità è stata messa in pasto a qualcosa di sconosciuto per la nostra memoria storica. Di diventare ologrammi per interagire con altri ologrammi non era mai capitato prima. E questo porterà a un momento nuovo, perché non ci sarà un ritorno al passato”.
Il regista poi conclude accennando ai suoi futuri progetti. “Girerò un film a settembre, ma non è escluso che rifaccia un’esperienza così. Girare A casa tutti bene è stata un’esperienza di grande apprendimento”.
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Federica Cremonini