75 MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA: 22 JULY, incontro stampa con il regista Paul Greengrass.
Il 22 luglio 2011, in Norvegia, l’estremista di destra Anders Behring Breivik, uccide 77 persone facendo esplodere, in un primo momento, un’autobomba ad Oslo, davanti al palazzo che ospita l’ufficio del primo ministro, e successivamente, a distanza di qualche ora, travestito da poliziotto, sparando all’impazzata nel campeggio estivo di adolescenti, organizzata dal partito laburista sull’isola di Utoya, compiendo, così, il peggior attacco terroristico avvenuto nel paese scandinavo.
Scritto e diretto da Paul Greengrass, tratto dal libro di Asne Seierstad: “Uno di noi: la storia di Anders Brejvik”, presentato alla 75 Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia, 22 JULY, dall’innegabile, sconvolgente, potente impatto emotivo, che suscita profonda rabbia, lasciando basiti e smarriti, data la glaciale determinazione e consapevolezza, con cui viene eseguito l’ingiustificabile gesto, ripercorre la drammatica e cruenta vicenda, attraverso una minuziosa ricostruzione, non solo dei momenti cruciali della tragedia, bensì delle difficoltà affrontate da uno dei giovani superstiti, nel corso del percorso riabilitativo, analizzandone l’intima, contrastante lotta con se stesso, nel metabolizzare ed imparare a convivere con ciò che lo aveva travolto, cambiando per sempre il resto della sua esistenza, alla cui base c’è l’assurdo odio razziale.
Il regista nel corso della conferenza stampa ha così risposto.
E’stato l’avanzare dell’estremismo politico a spingerla a fare questo film e che cosa l’ha interessata in particolare di questa storia?
“Inizialmente volevo fare un film sulla crisi migratoria. Ho fatto molte ricerche per sapere cosa stesse succedendo in posti come Lampedusa, nell’Italia meridionale, e sulla realtà del traffico degli esseri umani. Ma più ci lavoravo e più i rendevo conto che la paura dell’immigrazione, assieme alla stagnazione della crisi economica, stanno provocando profondi cambiamenti nelle nostre politiche, aprendo, di conseguenza le porte all’estremismo in tutta l’Europa e l’Occidente, temo con conseguenze pericolose…e tutto questo mi ha spinto a fare questo film. Nel suo folle narcisismo Breivik si considerava il portabandiera occidentale della rivolta dell’estrema destra, e il modo in cui soprattutto le famiglie coinvolte hanno reagito, il loro attaccamento alla democrazia e la loro dignità è un esempio per tutti noi.”
Quali sono le responsabilità che si è assunto nel fare 22 LUGLIO e che impatto approcciandosi alla regia del film?
“Un regista ha sempre la responsabilità, soprattutto con un film come questo, di raccontare la verità, ed avendo due ore si ha la necessità di selezionare, immaginando, momenti e dialoghi in grado di coinvolgere il pubblico nel dramma, e poi naturalmente quando si tratta di storie in cui c’è la violenza si ha la responsabilità di fare un film veritiero, che abbia un senso della misura e della decenza. Si tratta di mantenere un equilibrio, soprattutto in un film come questo è necessario confrontarsi con le persone direttamente interessate, ed in questo caso abbiamo incontrato, parlato e ascoltato le persone descritte nel film ed il Gruppo di Sostegno alle Famiglie del 22 luglio, che rappresenta le famiglie di tutta la Norvegia, spiegando loro che tipo di film volevo fare. Questo non significa che ogni famiglia e ogni persona in Norvegia approvi questo film, forse per alcuni è troppo presto, per altri no, alla fine il film deve parlare per sè ed essere giudicato per quello che è.”
Riteneva che fare questo film comportasse qualche rischio?
“Certo, bisogna analizzare sia prima di iniziare del film e poi ogni giorno durante la lavorazione, parlarne individualmente e in gruppo con il cast e la troupe, questo film offenderà o ferirà le persone coinvolte nella tragedia? E ancora esalterà il responsabile degli attacchi mostrandolo mentre fa il saluto nazista? Questi sono i rischi che vanno presi in considerazione, e devono essere messi a confronto con la propria idea di quello che il cinema può riuscire a raccontare descrivendo il mondo così com’è, quindi, attraverso il dialogo con gente come Viljar Hanssen e il Gruppo di Sostegno alle Famiglie, ho capito che molte delle persone coinvolte sentono profondamente l’importanza di raccontare questa storia, come avvertimento contro la crescita costante della violenta estrema destra. Da regista puoi soltanto fare di tutto per raccontare la storia con il massimo rispetto, e con un cuore sincero, sperando che sia accolto nello spirito in cui lo hai fatto. Ma, come ho già detto, alla fine il film deve parlare per sé ed essere giudicato per quello che è.”
Come pensa reagiranno gli spettatori alle immagini forti ed esplicite della violenza, soprattutto in un momento in cui la minaccia dell’estremismo politico, la violenza delle armi e il terrorismo sono cose molto sentite da tantissime persone?
“In realtà, i momenti di violenza esplicita nel film sono molto contenuti, e quelli descritti riguardano direttamente Viljar Hanssen, di cui raccontiamo principalmente la storia e sono stati da lui autorizzati. Ma naturalmente ci sono molte allusioni alla violenza, piccoli sguardi frammentari su quanto è successo, anche dopo gli eventi. Abbiamo discusso nel dettaglio il modo in cui approcciarci così da raggiungere un equilibrio. E’ importante capire che non ho mai pensato di fare un film sugli attacchi veri e propri, in realtà rappresentano una piccola parte del film, mentre una più estesa racconta quello che è successo dopo.”
22 JULY, uscirà a livello mondiale mercoledì 10 ottobre su Netflix.
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