“7 Donne e un Mistero” – Recensione: l’universo femminile tra competizione e strane alleanze
“Le donne si devono sostenere e non si devono tradire soprattutto se è un maschio a chiederlo”
È la Vigilia di Natale. Una famiglia composta principalmente da donne, in una sontuosa dimora liberty, si riunisce per i festeggiamenti. Peccato però che verranno segnate dalla morte dell’unico uomo del nucleo familiare, Marcello, accoltellato misteriosamente alle spalle da un assassino che si nasconde dentro casa, intrappolato da una bufera di neve. Potrebbe trattarsi di una qualsiasi delle sette donne della sua vita. I fili del telefono sono stati tagliati, il motore della macchina compromesso e il cancello chiuso da un catenaccio. Bisogna assolutamente scoprire il colpevole.
Remake della pellicola “8 Donne e un Mistero” di François Ozon del 2002, che si basava a sua volta sulla pièce teatrale Huit femmes di Robert Thomas, l’opera di Alessandro Genovesi ne prende le distanze, non sceglie la strada del noir cupo, riduce le donne da otto a sette e sposta la storia negli anni 30, seppur contaminati da dettagli contemporanei.
L’affiatamento tra le protagoniste dà vita ad una messa in scena assimilabile al genere dei gialli, senza però rinunciare al divertimento ed alla comicità.
In questa versione la storia cambia registro e non viene più letta attraverso la musica, come nel film di Ozon, e da commedia musicale si trasforma in una commedia ironica, dove vengono del tutto eliminati balletti e canzoni e al personaggio della sorella del defunto si sostituisce una sua vecchia fiamma interpretata da Michela Ramazzotti, eliminando del tutto il personaggio della tata.
Un racconto più misurato ed elegante, dove la morale comune rimane la medesima, la solidarietà che le protagoniste devono dimostrare in quanto donne, che emergerà solamente alla fine di un lungo gioco al massacro, non privo di colpi di scena.
Su tutte spiccano Margherita Buy, matrona della casa e moglie del defunto, e la cameriera sfacciata interpretata da una straordinaria e perturbante Luisa Ranieri, la cui sagacia e seduttività infiammano un copione molto “borghese”.
Impagabile anche la matriarca sboccata interpretata da Ornella Vanoni e la rivisitazione della femme fatale portata da Michela Ramazzotti.
Non c’è cinismo nella versione di Genovesi e nemmeno sadismo, c’è molta comicità e la rivisitazione delle figure in versione quasi macchiettistica, dall’umorismo leggero, ma sottile, come un perfetto film per le feste. Un racconto che mischia crime story e commedia e che perde solo un pò della sua efficacia nel finale, troppo sbrigativo nel chiudere tutti i nodi del pettine emersi lungo la pellicola. Sane risate in compagnia affidate alla parlantina ed agli scontri delle donne protagoniste, quella lingua implacabile che sappiamo essere ben più affilata di qualsiasi coltello.
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Chiaretta Migliani Cavina
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